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È una questione di qualità (o una formalità)

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Torna l'appuntamento con "Granata dall'Europa" la rubrica di Michele Cercone: "La qualità che manca al Toro non è più un principio astratto, ma un elemento concreto e ben identificabile..."

Michele Cercone

L'attualità ha riportato al centro della discussione il problema della qualità. Ne parla Juric nelle sue conferenze stampa per analizzare i risultati altalenanti delle ultime uscite. Ne parlano i giocatori quando provano a spiegare cosa manca per ambire a traguardi più importanti. E per i tifosi è abbastanza chiaro che la mancanza di qualità è il problema principale che da oltre venti anni in un modo o nell'altro affligge – quasi in un circolo karmico – il Toro. C'è però una difficoltà di fondo in tutti questi discorsi, perché la qualità è un concetto facilmente intuibile, ma di difficile definizione. È un poco come la fede degli amanti del Metastasio: "che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa". Cosa è dunque questo sfuggente elemento che manca? La qualità sta nei risultati, nei soldi, nell'impegno, nello staff, nell'allenatore, nei giocatori, nell'organico della società, nel presidente, nell'insieme di tutti questi elementi? Fosse così, nell'intera storia del calcio avrebbero vinto sempre, solo e soltanto le squadre più ricche e meglio attrezzate. Sono invece i piccoli miracoli che contraddicono questo assunto (Verona, Leicester, Union St Gilloise, Danimarca, Grecia, tra i tanti esempi disponibili) che giustificano un approccio diverso alla qualità.

Nel suo libro 'Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta' lo scrittore e filosofo americano Robert Pirsig presenta un'intuizione brillante. Suggerisce che la qualità sia una dimensione come lo spazio e il tempo. Le coordinate attraverso cui leggere la realtà diventano quindi tre, e questa tridimensionalità è quella che permette di agire verso il bene. Chi inscrive la propria azione nella dimensione della qualità innesca un circolo virtuoso. L'opposto di questo approccio è la piatta bidimensionalità, che porta in dote la prevedibilità e la ripetibilità, ma che è sterile come un mulo e che si limita ad innescare un circolo vizioso improduttivo. Forse l'approccio di Pirsig permette di spiegare quello che stiamo vivendo noi tifosi. La ricerca della qualità richiede passione, rischio, dedizione estrema e impegno dell'anima. Da decenni invece le energie investite nel Toro sono sempre e solo inscritte in un sistema di coordinate cartesiane piatte e bidimensionali. Includere il Torino tra le piccole squadre o trincerarsi dietro il fatto che le disparità di bilancio giustificano la mediocrità e il grigiore sono solo una triste ammissione d'impotenza. È vero che la qualità è come il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l'ha non se la può dare, ma questa non può essere una scusa per non cercarla, e il terreno di ricerca non sono i bilanci o i punti fatti. Il punto di partenza deve essere la nostra storia e la bussola devono essere i tifosi.

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Vista da questa prospettiva, la qualità che manca al Toro non è più un principio astratto, ma un elemento concreto e ben identificabile. La Qualità che i tifosi granata cercano sfugge ai giocatori, all'allenatore e al presidente, perché è di un'altra natura. La vera Qualità sarebbe abbracciare finalmente la nostra storia e non sentirla come un peso. Sarebbe finanziare in toto lo spostamento al Filadelfia del Museo della Storia e della Leggenda granata, ingrandendolo e riacquistando cimeli sacri. Sarebbe pagare i costi logistici e di sicurezza per l'apertura sistematica del Fila. Sarebbe ricostruire un settore giovanile legato ai nostri valori e ancorato alla città. Sarebbe coltivare l'epica del Grande Torino e aprirla ad una dimensione internazionale che è quasi scomparsa. Sarebbe opporre al calcio delle multinazionali di plastica un modello territoriale e fatto di valori. "Alcune cose ci sfuggono perché sono così impercettibili che le trascuriamo. Ma altre non le vediamo proprio perché sono enormi", dice Pirsig. Sarà per questo che l'attuale società sembra non capire che la qualità del Toro sta nei suoi tifosi, nei suoi valori e nella sua storia epica? È questa la terza dimensione che va coltivata, è questa la qualità che manca. Senza di lei risultati, bilanci, punti e piazzamenti sono solo forme senza contenuto, sterili puntini sulle assi cartesiane dello spazio e del tempo. Prendendo in prestito le parole da Giovanni Lindo Ferretti (e dei suoi CCCP) il Torino, una delle più gloriose squadre di calcio al mondo, è "una questione di qualità" non "una formalità".

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Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore. Mi esprimo a titolo esclusivamente personale e totalmente gratuito.

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