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I silenzi del Gallo

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Torna l'appuntamento con "Granata dall'Europa" la rubrica di Michele Cercone: "Scegliere quando smettere la sua avventura granata spettava solo a lui..."

Michele Cercone

Passando da un canale all'altro qualche giorno fa mi è capitato di guardare il finale di una partita della Roma. Ai margini del campo, quasi fuori inquadratura, ho riconosciuto la corsa un po' ingobbita di Belotti, che si stava scaldando per giocare gli ultimi scampoli di partita. Ammetto che mi ha fatto davvero male riconoscere in quella comparsa sfocata il giocatore che per anni è stato una colonna portante della nostra resistenza granata, che ha ispirato i nostri figli, che ci ha regalato grandi gioie e lampi di tremendismo. Per un attimo mi sono immaginato dove sarebbe adesso questo Toro così arrembante e gagliardo con la garra di un Belotti in attacco e sono sbottato in un: ''Accidenti a te Gallo!''. Ma mi sono reso conto però che non c'era acrimonia nella mia frase, solo tanto affetto e una punta di nostalgia.

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Sulla vicenda di Belotti si è scritto tantissimo, e non credo serva aggiungere altre discussioni o polemiche. La fine di un amore porta sempre con sé recriminazioni e accuse. La sua partenza non poteva non generare una valanga di emozioni contrastanti. Ora però che è passato del tempo, mi rendo conto che ad Andrea continuo a volere bene, e tanto. Non mi hanno infastidito neanche il riserbo e il silenzio che hanno accompagnato la sua partenza. In un mondo che è fatto di copertine, di gesti eclatanti, di ricerca spasmodica della visibilità, la sua discrezione quasi antica la percepisco adesso come un segno di rispetto. La preferisco di sicuro alle dichiarazioni melliflue di chi giura amore eterno ad una maglia e poi volta le spalle al primo tintinnare di quattrini. Belotti è una persona riservata, discreta e tranquilla. Ha dato al Toro e noi tifosi tantissime soddisfazioni. Ha parlato con i fatti, con i gol, con il suo impegno spasmodico in ogni gara, con il suo comportamento da professionista irreprensibile.

Chiudere la sua storia con il Toro senza proclami e quasi in sordina gli assomiglia molto. Scegliere quando smettere la sua avventura granata spettava solo a lui, e trovo giusto che lo abbia fatto quando non ha più trovato le motivazioni per continuare. Apprezzo l'onestà intellettuale che lo ha spinto a non protrarre un rapporto di lavoro da cui forse poteva trarre maggiori guadagni, ma in cui non si sentiva più di dare il 110%. Gli sono state rimproverate tante cose, e molte, secondo me a torto. C'è chi gli serba rancore per non aver messo a nudo le magagne della società, denunciandone apertamente la mancanza di programmazione e di ambizione che lo hanno spinto ad andarsene. Non credo fosse suo compito, e non vedo perché avrebbe dovuto assumersi una tale responsabilità. Gli è stata anche addebitata una mancanza di rispetto verso i tifosi, a cui avrebbe dovuto chiarire prima le sue intenzioni. Io penso invece che se ne sia andato da bravo e schivo ragazzo quale è, dopo un periodo di riflessione tormentato e durato molto più a lungo di quello che pensiamo.

Sicuramente l'uscita di scena poteva essere gestita meglio, e i tifosi avrebbero apprezzato maggiore enfasi e anche quel tocco di straziante romanticismo indispensabile per chiudere le grandi storie d'amore. Avremmo voluto vivere insieme a lui gli ultimi momenti e poter piangere nel dirgli addio. Ma un errore di comunicazione non può inficiare quello che Belotti ha rappresentato e ha fatto per il Toro nel corso degli anni. Non si fischia un tenore che ci ha regalato tre atti indimenticabili perché tentenna e inciampa nell'ultima uscita di scena. Così come un caffè venuto male non può rovinare una magnifico pranzo che ci ha deliziato il palato e saziato nel momento in cui eravamo più affamati. Se è vero che le persone si giudicano dalle loro azioni, e non dalle loro parole, non possiamo lasciare che i silenzi del Gallo valgano più del sudore con cui ha sempre onorato la nostra maglia.

Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore. Mi esprimo a titolo esclusivamente personale e totalmente gratuito.

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