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GRANATA DALL'EUROPA

Il mal d’orologio del calcio dei dinosauri

Il mal d’orologio del calcio dei dinosauri - immagine 1
Una riflessione di Michele Cercone sull'opportunità dell'introduzione del tempo effettivo: è tempo che i vertici del calcio si impegnino ad eliminare la zona grigia tra interpretazione e arbitrarietà

Michele Cercone

Partita di calcio Bologna-Torino, campionato di serie A. Al novantesimo l'arbitro indica 6 minuti di recupero. Il tempo in cui la palla è fuori dal terreno di gioco supera di gran lunga i pochi momenti in cui saltella in campo tra una selva di gambe. La partita finisce con questa triste pantomima.

Partita di basket Italia-Spagna, gara valevole per la qualificazione ai campionati del mondo. A 48 secondi dal termine la Spagna è avanti 67 a 65. Nell'arco di quelle poche decine di secondi l'Italia va in vantaggio due volte, la Spagna recupera fino al pari. La partita si decide a sei secondi dalla fine con una tripla spagnola e un attacco sbagliato dagli azzurri.

Questi due episodi testimoniano la differenza tra uno sport che ormai vive fuori dal tempo ed uno che invece ha imparato a usare il tempo a proprio vantaggio.

Che il calcio abbia il mal d'orologio è incontestabile e le partite dei mondiali hanno evidenziato il problema. Gli arbitri hanno avuto indicazione di compensare con lunghi recuperi le innumerevoli pause. Soluzione salomonica, che però non risolve la questione. In un contesto sportivo sempre più improntato allo spettacolo e all'immediatezza di fruizione dei contenuti, allungare a dismisura la durata delle partite non è un approccio sostenibile.

L'introduzione del tempo effettivo di gioco appare la soluzione più logica ed efficace. Questa modifica del regolamento è stata già richiesta da numerose federazioni nazionali, e gode di un sostegno ampio e trasversale a livello internazionale. Tuttavia le possibilità che venga introdotta a breve o medio termine sono praticamente inesistenti.

Questo perchè il calcio continua ad essere governato dal suo cervello preistorico, frutto di un compromesso trovato nel 1958 e mai modificato. Decidono di fatto le quattro federazioni calcistiche britanniche: Scozia, Galles, Inghilterra e Irlanda del Nord, che hanno quattro degli otto voti disponibili nell'International Football Association Board (Ifab). Nel Board i voti della Fifa (che rappresenta 207 federazioni mondiali) sono appena quattro. Quindi se è vero che nessuna modifica può essere approvata senza il benestare della FIFA, è altrettanto vero che non si passa senza il via libera di almeno due federazioni UK.

A titolo di paragone basti pensare che le regole che governano il Rugby (per restare su sport di origine e diffusione prettamente britannica) vengono stabilite dal World Rugby Council che riunisce 52 membri indicati da 18 Paesi.

La governance delle regole del calcio per alcuni può anche avere un fascino retrò e essere letta come un tentativo di preservare la purezza originale del foot ball. In realtà questa farraginosa e anacronistica configurazione permette il mantenimento di quella zona d'ombra tra valutazione soggettiva e arbitrio che è la vera spada di Damocle di questo sport.

Solo nel calcio l'arbitro è ancora anacronisticamente giudice assoluto e monocratico di tutti gli aspetti del gioco, incluso il tempo. Perfino l'introduzione del sistema di revisione video è stata concessa solo a condizione che la scelta di farvi ricorso sia opzionale per l'arbitro! Un po' come dare ad un giudice la facoltà di decidere se applicare o meno il codice penale nel corso di un processo.

E' tempo che i vertici del calcio si impegnino ad eliminare la zona grigia che esiste tra soggettività dell'interpretazione e arbitrarietà, cominciando proprio dall'introduzione del tempo effettivo di gioco. Quel vuoto va colmato al più presto perchè è proprio lì che si insinuano le Calciopoli, gli scandali alla Blatter, le infiltrazioni criminali nel mondo delle scommesse e le tante altre storture che avvelenano il calcio.

L'alternativa per i dinosauri del pallone, è rimanere a tutti i costi arcaici guardiani del loro mondo, mentre nel cielo già si disegna la sagoma del meteorite.

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