"Guarda che, con quel tipo lì contro, abbiamo un goal al passivo assicurato”. Italo Allodi a Giampiero Boniperti, prima del derby. Commento più veritiero e riconoscimento più adeguato del suo valore di questo, fatto dagli acerrimi rivali di sempre, non poteva esserci.
La Leggenda e i Campioni
Claudio Sala. Capitano, mio capitano
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Il 26 marzo 1972, con la maglia numero 10, gioca un derby magistrale. Al vantaggio bianconero di Anastasi, Claudio risponde con una punizione a foglia morta che batte Carmignani e consente ai granata di pervenire al pareggio, per poi scatenarsi nella ripresa e raggiungere il meritato successo con l’arrembaggio Fossati-Agroppi. È il Torino che raggiungerà per la prima volta la testa della classifica dopo Superga, in occasione di Torino-Napoli firmato Giovanni Toschi.
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Come sta bene il numero 10 sulle spalle di quella mezzala che i tifosi hanno soprannominato “Penel”. Proprio negli anni del fine carriera di Sandro Mazzola e Gianni Rivera, Claudio Sala si propone come la mezzala di punta più dotata del calcio italiano. Nel Torino di Ferrini ha imparato a lottare, non soltanto a cercare la giocata di classe. Nel vasto centrocampo bisogna saper giocare per la squadra anche in fase di non possesso. Inoltre nel Torino non sei tutelato dalla classe arbitrale come avviene per altri club…Al suo arrivo dal Napoli, Giorgio Ferrini, con la parola e con l’esempio, glielo ha spiegato e soprattutto dimostrato sul campo, in partita e al Filadelfia.
Difficile trovare uno come Sala, che si esalti quando il gioco si fa duro, creando quindi situazioni favorevoli alla propria squadra anche se sottoposto a strenua e dura marcatura, basti pensare ad un certo Furino e, negli anni a venire, a Gentile.
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Con Edmondo Fabbri nel 1974-75 il numero di maglia cambia. Diventa il 9, per agire al centro di una forbice che vede Graziani con il 7 e Paolino Pulici con il proverbiale 11. L’idea ha un suo fondamento, ma costringe un dribblatore come Claudio Sala ad agire nella zona difensiva avversaria a più alta densità. Quanti bisogna saltarne ogni volta per creare superiorità numerica e mettere uno dei Gemelli del Goal in condizione di segnare? A questo dilemma pone mano, trovando la soluzione, proponendola a Claudio e, soprattutto convincendolo e nominandolo Capitano, Gigi Radice.
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Al suo arrivo nell’estate 1975, Gigi, un grande innovatore, ha le idee chiare. Schiera Claudio con il numero 7, a dominare sulla fascia, attirando su di sé un nugolo di avversari (almeno due, talora tre), vincendo dribbling sulla linea di fondo per calibrare infine dei cross precisi e tesi che per due arieti potenti veloci - e coraggiosi - come Paolino e Cecco sono assist d’oro. “Faceva quelle guerre incredibili sulla linea di fondo, e poi gettava in mezzo”. Sono le parole di Roberto Bettega, uno certamente non particolarmente prodigo di complimenti nei confronti dei granata. Premiato con il Guerin d’Oro nel 1975-76, Campione d’Italia, e nel 1976-77, l’anno dei 50 punti, in cui giocammo ancora meglio.
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Scriveva Vladimiro Caminiti: “Non aveva, nei primi tempi, il vigore castigatore che ha preso negli anni settanta, fino a divenire la più forte ala tornante del nostro calcio. C’è il cross alla Sala, inventato da lui, conquistato con la baionetta dei suoi scatti nel fuoco dell’area, delle sue finte, da quei piedi armoniosi, lottando coi gomiti, salmodiando pure” (Tuttosport, 19 marzo ‘78). La sua capacità di difender palla, con il corpo e usando l’interno del piede vicino e l’esterno del piede lontano dall’avversario, liberandosi o costringendolo al fallo, gli conferisce una padronanza assoluta. Dargli la palla è come metterla in banca. L’ "altezza" della sua posizione in campo è quella che determina in quel momento l’atteggiamento dell’intero complesso, in particolare del centrocampo. Gioca spesso, almeno al Comunale, sulla fascia della panchina.
Purtroppo, il 20 ottobre 1976, nell’andata di Coppa Campioni contro il Borussia Moenchengladbach si presenta in condizioni fortemente menomate. Il fortissimo mediano Bonhof non si fa scrupoli nel colpirlo ripetutamente al ginocchio già infortunato, fino a causarne l’uscita dal terreno di gioco al 23’. Troppo presto per determinare a nostro favore l’esito dell’incontro. Potremmo aprire un lungo discorso sulle sue presenze in Nazionale. “Paradossalmente - ancora Italo Allodi - il miglior giocatore dei Mondiali ‘78 forse è proprio uno che non è neppure riuscito a conquistare la maglia di titolare: Claudio Sala”. Italo Cucci sul Guerin Sportivo: “Anche se a più d’uno-me compreso-resterà sullo stomaco l’ingrato ruolo di tappabuchi riservato a Sala”.
Per noi rimane il Capitano dello Scudetto. C’è differenza tra essere un campione in una grande squadra e rendere una squadra grande. Quello che Claudio Sala ha saputo fare.
Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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