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Luca Pastine: mai banale

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Torna "culto", la rubrica di Francesco Bugnone

Francesco Bugnone

1991. Nella Massese che viene promossa in C1 le pochissime reti subite sono merito anche di un giovane portiere molto interessante di nome Luca Pastine. L’occhio attento degli osservatori granata lo nota e si decide di portarlo al Filadelfia. Mentre la prima squadra, guidata da Mondonico, è impegnata nella cavalcata europea che farà sognare i tifosi, Luca difende i pali della Primavera campione d’Italia di Rampanti. Una squadra tutt’altro che banale come abbiamo già avuto modo di raccontare (Cois, Vieri, Della Morte, Sottil tanto per fare solo qualche nome) che saprà riconfermare lo scudetto vinto dodici mesi prima.

Al di là dell’ottimo risultato sportivo, Pastine fa l’esperienza di conoscere il Filadelfia che nel giro di un paio di stagioni abbasserà la saracinesca, ma in quel momento è ancora lui al cento per cento. Pericolante, vecchio, poco curato, ma sempre lui col suo carico di storia, di suggestioni, con la sua aura speciale, col pubblico caldissimo che veniva a vedere le partite e durante le stracittadine si trasfigurava. “Io se chiudo gli occhi sento ancora il profumo dell’erba del Filadelfia” è una frase di Luca che sintetizza meglio di qualsiasi altro discorso la magia di quel campo.

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6 gennaio 1994. Galli si infortuna al ginocchio intorno alla mezzora della partita di andata dei quarti di Coppa Italia a Piacenza e ne avrà per un mese. Pastine, dodicesimo dell’esperto ex milanista dopo essere stato un anno in prestito a Caserta, viene buttato nella mischia. Sembra una Befana generosa con Luca: Annoni ci ha portato in vantaggio al 22’ e Venturin raddoppia a fine frazione. Invece, improvvisamente, arriva il carbone. Tra il 53’ e il 57’ Ferazzoli prima e Piovani poi pareggiano approfittando di due grossi sbandamenti difensivi. Tutto potrebbe essere dimenticato se solo Brignoccoli fischiasse un clamoroso rigore su Fortunato a metà ripresa, ma evidentemente siamo stati cattivi. Pastine ha responsabilità sulla seconda rete. Nulla di clamoroso, non riesce a intercettare un cross basso, succede. Nulla di clamoroso, ma viene messo lentamente e silenziosamente sul banco degli imputati. Prima qualche sussurro, poi, come a volte accade, il mugugno cresce ed esagera. Mondonico prova a ripararlo dalle critiche. Lido Vieri, preparatore dei portieri, è totalmente dalla sua parte.

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Con questi appoggi d’eccezione, Pastine trova la forza di affrontare bene il mese in cui deve sostituire Galli. In campionato riaffronta subito, ironia della sorte, il Piacenza, disputando una gara sicura e mantenendo la porta inviolata. La Stampa gli affibbia un sette e, a fine gara, quando si presenta rauco, dopo avere gridato per 90’, ai microfoni dei giornalisti, il nostroè quasi zen. Mondonico, alla vigilia, gli ha detto “Sta tranquillo e basta” e lui ha eseguito.

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Nei giorni in cui sembra materializzarsi il sogno Giribaldi, Pastine è ancora titolare a Bergamo (2-2) e in casa contro il Napoli (1-1) dove, in avvio, compie la parata più bella di questo primo sprazzo di Toro. Buso colpisce di testa a un passo dalla porta e il numero uno granata devia la palla contro la traversa con un tuffo istintivo e disperato, poi riesce a trovare la lucidità per ricomporsi e domare il tentativo di Fonseca di ribadire in rete. Come un cerchio che si chiude, l’ultima partita disputata è ancora col Piacenza, ritorno di coppa Italia: vittoria 2-1, semifinale conquistata e posto restituito a Galli senza averlo particolarmente rimpiangere.

Estate 1994. Sono passati pochi mesi, ma pare un decennio. Le facce del primo Toro di Calleri sono tutte nuove o quasi. Una delle “quasi” è proprio quella di Luca Pastine, tra i pochissimi a resistere alla rivoluzione della rosa insieme a Silenzi, Falcone, Sinigaglia e Osio. Sarà lui a difendere la porta granata ritrovando Rampanti in panchina. Tornano i mormorii anche se stavolta hanno veramente poco a cui appigliarsi. Nell’esordio contro l’Inter para il parabile e nella ripresa forse anche qualcosina di più, ma anche se sulla sconfitta per 2-0 pesano principalmente l’errore di Falcone che regala il vantaggio a Sosa e il pareggio fallito da Rizzitelli nel finale, qualcuno storce il naso per come è uscito sull’azione dell’1-0. Ancora una volta spalle larghe e attesa. Piano piano i mormorii si tacitano, le prestazioni si fanno più sicure, il Toro, con qualche scossone (Rampanti viene esonerato per far posto a Sonetti) ingrana e a un certo punto arriva l’appuntamento con la storia.

25 gennaio 1995. Il Toro sta vincendo per 3-2 il derby contro la Juventus capolista, quel derby che a novembre era stato rinviato per la drammatica alluvione che flagellò il Piemonte. Stiamo resistendo agli assalti bianconeri mettendo tutto quello che abbiamo dentro per difendere il vantaggio costruito dalla doppietta di un magico Rizzitelli e dal gol di Angloma. Vialli non arriva su un pallone in area e Pastine esce senza troppa difficoltà, poi fa una cosa strana. Si mette le mani nei capelli, rinvia lontano il pallone a casaccio con furia. Quel gesto fa capire a chiunque stia seguendo la partita a casa o sugli spalti che è successo qualcosa. Amendolia ha fischiato un incredibile calcio di rigore per un tocco di Falcone su Vialli che definire veniale è un’esagerazione.

Dal dischetto calcia Ravanelli. Pastine ha la Maratona dietro le spalle a dargli forza. Luca ha già fatto una gran parata poco prima su una girata dell’attaccante bianconero, ma stavolta è diverso. Il mancino del numero undici è a mezz’altezza sulla sinistra del portiere. Pastine si tuffa con grande esplosività, si distende e respinge. Falcone zompa in mezzo all’area esultante con la palla ancora in gioco. In Maratona è il delirio, urla, goduria, braccia infuocate a furia di gesti dell’ombrello. C’è ancora da soffrire, ma c’è anche la certezza che quella parata ha chiuso di fatto la gara. Gli juventini dovranno fare i conti con le urla di Lippi negli spogliatoi, noi con la gioia, Pastine con la consapevolezza di essere entrato nella maniera più pazzesca nella storia del Toro, perché quel rigore parato gli ha garantito l’immortalità nei cuori di tutti.

19 marzo 1995. Il Toro, nel momento migliore della sua stagione, dove sognerà di ambire a una qualificazione europea, sta vincendo 4-1 in casa di un Brescia sempre più in crisi. Siamo alle battute finali e Borgonovo tenta una reazione d’orgoglio. Pastine esce su di lui, tocca la palla e l’attaccante cade. Cardona fischia un inesistente rigore, Luca si innervosisce anche se il risultato è acquisito e prima sfoga la sua rabbia parando la conclusione di Corini poi con un gesto dell’ombrello senza nessuno in particolare. Sicuramente non verso i tifosi del Brescia che stanno contestando squadra e società per conto loro, probabilmente non verso l’arbitro, forse verso la malasorte che gli stava giocando un brutto tiro e che ha beffato risultando ancora decisivo dagli undici metri.

Un gesto da censurare, ma dettato più dal nervosismo del momento che altro, diventa ancora una volta più grosso di quello che è. Il Processo del Lunedì fa una polemica vergognosa indicando Luca come capro espiatorio dei mali del calcio e forse del mondo, lo stesso Sonetti è abbastanza sprezzante con dichiarazioni a mezzo stampa evitabili sul giocatore. Pastine non viene squalificato, resta al suo posto e di lì a due giornate si godrà il secondo derby vinto nella stagione.

30 aprile 1995. Buso si presenta solo davanti a Pastine dopo un triangolo con un compagno e complice un intervento non particolarmente convinto di Angloma. Il tocco sotto dell’ex viola porta il Napoli in vantaggio a Torino, ma non è la cosa peggiore per Luca che, scontrandosi col numero sette mentre cerca una disperata uscita, viene colpito alla mano e lascia il campo. Verrà operato, stagione di fatto terminata: comparirà solo per 3’ alla penultima contro la Reggiana, poi basta. Nonostante la buona annata, nonostante l’aver scritto una gran pagina di storia lascia Torino. I tre portieri che lo sostituiranno nella disgraziata stagione successiva, terminata con la retrocessione, non saranno nemmeno la metà di lui. Pastine va al Genoa dove, per un certo periodo, verrà allenato da Gigi Radice. Il Toro nel destino, sempre. Infatti non è finita qui.

 

  • Luca è tornato al Toro, in serie B, nel 1997, sulla carta come secondo di Casazza, ma poi Reja lo prova titolare da metà girone d’andata in avanti. Non se la cava male però a gennaio arriva Luca Bucci, portiere di caratura internazionale che lo supera nelle gerarchie. Segue dalla tribuna l’amarissimo finale di campionato con lo spareggio perso a Perugia, e l’anno successivo, quello del ritorno del “Mondo”, nelle gerarchie, è il terzo, dietro ai già citati Bucci e Casazza.
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    Un pomeriggio di febbraio il Toro gioca un’amichevole contro il Giaveno e Pastine viene mandato a difendere la porta degli avversari. Luca è in condizione eccellente e para benissimo. Quando è sotto la doccia, lo raggiunge Lido Vieri che gli comunica di non mollare e continuare ad allenarsi con lo stesso spirito perché Mondonico ha affermato che uno che para così non può non giocare. Pastine non molla affatto e mentre Bucci recupera da un infortunio alla mano ruba il posto a Casazza nel pareggio a reti inviolate contro la Ternana e a Cosenza quando se la cava alla grande nella vittoria 2-1 in inferiorità numerica, in una delle gare chiave della stagione. Bucci ritorna, ma a Pescara subisce il secondo infortunio stagionale alla mano, diverso da quello che ebbe a gennaio e sufficiente per fargli finire la stagione anzitempo.

     

    11 aprile 1999. Corre il minuto sessanta quando Bucci abbandona il campo e Pastine lo sostituisce. La partita è sull’1-1 con Ferrante che, a fine primo tempo, ha replicato al gol lampo dell’ex Luiso, evocato in settimana e puntualmente arrivato. Il Toro di Sora non aveva ancora segnato in biancoceleste. Pastine si fa trovare pronto quando viene chiamato in causa, come su una conclusione di Gelsi, ma a 2’ dalla fine arriva la beffa: su cross di Rachini l’ex genoano esce a vuoto ed Esposito segna. Azione confusa, Pastine rincorre l’arbitro lamentando una carica e viene ammonito e lo stesso Mauro Bonomi protesta per il blocco di un avversario che gli ha impedito di contrastare efficacemente l’autore del gol. Al di là della dinamica dell’azione, l’accaduto basta a far ripartire i mormorii. “Lo sprint senza Bucci fa tremare il Toro” titola La Stampa e i numeri impietosi parlano di undici punti in otto gare senza l’ex estremo difensore del Parma. Spalle larghe e calma, però, aiutano ancora una volta Pastine che prepara un finale di campionato clamoroso.

     

    1 maggio 1999. La partita del minuto di applausi per il Grande Torino, di Mondonico che dice che abbiamo più cuore di tutti, la partita che è una bestemmia per la B, ma la realtà dei fatti è che lì si gioca Torino-Napoli. Il Toro è partito male, ha preso gol da Shalimov, ma poi ha rimontato e chiuso il tempo avanti 2-1 coi gol di Bonomi e Ferrante, potrebbe fare a più riprese il terzo, è sopra di un uomo, ma al 70’ Massimiliano Esposito calcia una punizione incredibile e trova il 2-2. Il Toro, per un momento, evapora. Sarà il caldo terrificante, la sensazione di dover ripartire da capo, la testa a Superga, come ti presenti al cinquantenario del Quattro Maggio senza una vittoria decisiva, ma con un pareggio amaro che rimette in discussione tutto? E’ come se i giocatori fossero spariti dal campo, l’unico che è rimasto è Pastine. Palla al centro, il Napoli ruba la sfera e senza capire come Shalimov si ritrova tutto solo in area. Luca lo affronta come in duello western, lo guarda negli occhi, poi guarda la palla, si butta, prende la sfera senza toccare minimamente il piede, infine va a bloccarla. Dietro di lui la Maratona, ancora protettiva come nel 1995 sul rigore di Ravanelli, urla come per un gol e forse è qualcosa di più, è un segnale. Il Toro si rimaterializza in campo e mette sull’erba il poco o tanto che ha nella pancia per vincere. Ci riesce a tempo scaduto. Ferrante, azzoppato, su splendido cross di Sommese incorna in rete non si sa come, o meglio si sa eccome, ma entreremmo nel metafisico. Un altro 3-2 con Pastine decisivo, Pastine che zompa da una parte all’altra del campo dopo il gol in un momento di delirio collettivo tanto che nessuno si accorge di quando viene fischiata la fine talmente siamo impegnati a urlare. Tre giorni dopo Pastine indosserà una maglia da portiere del Toro con lo scudetto sul petto. L’ha già fatto nella Primavera, ma questa è diversa. E’ quella del Grande Torino mentre difende la porta granata dagli attacchi della Rappresentativa di Lega. Non è da tutti.

     

    30 maggio 1999. Terzultima di campionato, Toro-Brescia. Se la gara contro il Napoli era fondamentale per la promozione, questa non si può nemmeno definire. Secondo minuto di recupero, il Toro è avanti 2-1. Hubner sta per battere un calcio di punizione che può essere l’ultima occasione della partita. Lo stadio è attraversato da un brivido di paura lunghissimo, sa cosa vorrebbe dire se entrasse quel pallone, soprattutto sa cosa vuol dire se non entrasse. Il  Bisonte parte e calcia fortissimo. Il pallone supera la barriera, ben indirizzato. Pastine si tuffa con tutto lo slancio che ha e ferma il proiettile, deviandolo in angolo. Altro boato, come un gol. La pagella dice otto, la classifica dice Toro primo col Verona, la matematica dice che vincendo contro l’Andria sarà serie A. Ma, soprattutto, è quello che dice Mondonico che rende di platino il pomeriggio di Luca: “Pastine era finito nel ghetto e non certo per colpa mia. Non aveva più richieste nemmeno in C2. Ebbene, avete visto tutti quel che ha saputo fare nelle ultime sfide. Sì, la mia più grande soddisfazione è proprio il recupero di Luca”. Anche Vidulich loda il portiere per non avere mai smesso di lottare anche nei momenti peggiori. C’è ancora un piccolo passo da fare.

     

    7 giugno 1999. Sul neutro di Benevento il Toro è in vantaggio sulla Fidelis Andria grazie a un gol di Sommese al 9’. Al 45’ i pugliesi hanno la chance del pareggio, ma sulla zuccata di Corradi Pastine è ancora in modalità superuomo e sfodera l’ennesimo miracolo. Il Toro riparte ed è ancora l’autore del vantaggio granata, in stato di grazia nel finale di stagione, a mettere una gran palla per Gigi Lentini che si tuffa di testa e raddoppia. I tifosi avversari, inferociti, buttano fumogeni in campo e uno di questi colpisce proprio il nostro portiere, per fortuna senza gravi conseguenze. Luca ha ancora quella maglia, il segno del fumogeno è sulla lettera “T” del suo cognome, tondo, una specie di medaglia. Nella ripresa Mercier accorcia le distanze, ma Ferrante e Artistico la chiudono. E’ una promozione agrodolce per come è stata vissuta e per qualche polemica di troppo, ma Pastine è sicuramente tra i più felici e tra i più decisivi di quella stagione che non scorderà mai.

     

    13 febbraio 2000. Sembra fatto apposta. Pastine rientra e commette un errore, quasi per avere l’occasione di redimersi abbondantemente subito dopo. Così fa in una domenica di inizio febbraio dove un suo errore propizia il raddoppio su rigore per la Lazio in un rocambolesco 2-4 interno. La domenica dopo si va a San Siro contro l’Inter, squadra per cui tifava Luca da ragazzo, il quale si arrende solo a un pezzo di bravura di Vieri, dopo aver chiuso la porta in faccia all’attacco fenomenale dei nerazzurri. La parata più difficile e più bella è su un tiro a colpo sicuro di Roberto Baggio. Il Toro strappa un punto che purtroppo a fine anno non servirà, ma Pastine è tornato super e, per quel gioco di corsi e ricorsi a cui non vogliamo credere ma che ci fa impazzire, è stato ancora indigesto a Marcello Lippi che quell’anno siede sulla panchina nerazzurra.

    20 gennaio 2001. Il Toro di Camolese ospita la Salernitana in quella che sarà la sesta di otto vittorie consecutive. Al 52’ Bucci lascia in campo per una contrattura e Pastine si mette tra i pali. Ordinaria amministrazione, pochi interventi, ma quei trentotto minuti sono gli ultimi con la nostra maglia addosso. Sulla panchina campana siede Nedo Sonetti. Corsi e ricorsi. Sempre.

    Luca Pastine è una persona educata, gentile, riflessiva. Non è banale, come non è stata mai banale la sua storia calcistica fatta di momenti difficili superati con il lavoro e l’impegno, facendolo arrivare a regalarsi e a regalarci dei momenti che rimarranno sempre nella piccola, grande storia del Toro. La volta che ho avuto modo di dialogare con lui ho notato che quando sorride non lo fa mai per finta, che ha una punta di malinconia in alcuni ricordi che si trasforma in forza, perché sa, o almeno spero che lo sappia, che nel cuore dei tifosi ha lasciato una traccia. Non è da tutti e, appunto, non è banale. Mai.

    Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo

     

     

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