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L’anno del Buitre

L’anno del Buitre - immagine 1
Torna un nuovo appuntamento con la rubrica "Culto", a cura di Francesco Bugnone

Francesco Bugnone

24 gennaio 1990. A Bergamo si stanno giocando le battute finali di Atalanta-Milan, ultima partita del girone C del terzo turno di Coppa Italia, una strana fase a gironi dopo la quale le prime classificate di ogni raggruppamento da tre si sfideranno nelle semifinali. Ai rossoneri, vittoriosi 6-0 sul Messina, basterebbe pareggiare per superare il turno, visto che i bergamaschi hanno pareggiato a reti bianche contro i siciliani. Il campo, però, in quel momento dice che la squadra di Mondonico sta vincendo grazie a un gol di Giorgio Bresciani, una splendida girata due passi dentro l’area dopo aver controllato bene un pallone spalle alla porta. Manca una manciata di minuti al termine quando Stefano Borgonovo termina a terra e Stromberg butta fuori volontariamente il pallone per permettere i soccorsi all’attaccante milanista che, quella sera, dovrebbe vedersi proprio col “Mondo” a cena per discutere del suo passaggio al Torino l’anno successivo.

Rijkaard batte la rimessa laterale per Massaro che, teoricamente, dovrebbe restituire la palla agli avversari e lo fa in una maniera un po’ particolare, con un cross apparentemente svogliato che, invece di finire fra le mani di Ferron, termina nei pressi di Stefano il quale, rialzatosi poco prima, non si è reso conto di quello che sia successo e crede che quella sia una palla “normale”, vi si avventa sopra e viene atterrato in area da Barcella: l’arbitro Pezzella di Frattamaggiore indica il dischetto.

Gli atalantini sono increduli, si aspettano che Franco Baresi sbagli apposta vista la situazione, ma il capitano rossonero trasforma regalando la qualificazione ai suoi. Da lì in poi capita il finimondo, Stromberg è il più arrabbiato di tutti e lascia il campo con la partita ancora in corso, quello che capiterà nel tunnel e nello spogliatoio è frutto di varie leggende. Certo è che Mondonico quella sera non andrà a cena col povero Stefano, non sarà lui l’attaccante del Toro per il campionato successivo. Lo sarà colui che ha portato avanti l’Atalanta in quella gara, un ragazzo del Fila che tornerà in granata. Chissà se, senza quella rimessa, ci sarebbe comunque stato l’anno del “Buitre”.

Il Toro del 1990 è una neopromossa solo per modo di dire. In panchina c’è il miglior tecnico emergente possibile, Emiliano Mondonico. La difesa è quella che, l’anno successivo, sarà la meno battuta del campionato, più impenetrabile anche di quella del Milan di Capello campione d’Italia. Il centrocampo, con l’arrivo di Martin Vazquez e Fusi, da affiancare a Romano e Policano, è il vero punto di forza della squadra, riportandoci ai fasti di Junior e Dossena. In attacco, invece, qualche perplessità c’è tanto che Borsano cerca a più riprese di portare sotto la Mole Gary Lineker, il fenomenale attaccante inglese capocannoniere ai Mondiali del 1986. Il Tottenham, però, spara troppo alto e non se ne fa nulla.

I dubbi offensivi non riguardano tanto il solido Skoro, che sarà protagonista di un precampionato a suon di gol, quanto Luis Muller, attaccante brasiliano poco gestibile per usare un eufemismo. Mondonico si pone l’obiettivo, così come Fascetti e tutti gli altri allenatori che ci avevano avuto a che fare prima di lui, di portarlo sulla retta via, ma la missione è difficile. Chi tifa Toro, e conosce soprattutto le cose del Fila, però ripone le speranze altrove, precisamente su due giocatori del vivaio, entrambi classe 1969. Uno si chiama Gigi Lentini ed è finalmente esploso in tutto il suo talento nella seconda parte della stagione precedente, segnando anche due reti nella partita della matematica promozione in A a Trieste. Il secondo è Giorgio Bresciani.

Giorgio, dopo la trafila delle giovanili, esordisce in prima squadra nel 1987/88. Non è altissimo, ma ha rapidità e senso del gol tanto da venire soprannominato “El Buitre”, l’avvoltoio, come Emilio Butragueño, attaccante del Real. Non lo sappiamo ancora, ma di lì a pochi anni lo affronteremo. La prima rete in serie A non è banale: il Toro, sotto 2-0 in casa contro il Cesena, ha riaperto la partita con un rigore di Cravero e, durante l’assalto finale, Bresciani, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, segna da posizione molto angolata e corre a prendere l’abbraccio della Maratona. La rete più famosa di quell’anno, però, è un’altra. Conto il Milan di Sacchi, che ci sta schiacciando al Comunale, e ha anche sbagliato un rigore con Baresi, al 78’ Giorgio approfitta di un errore a centrocampo di Ancelotti e si butta in velocità nella metà campo avversaria percorrendola tutta di gran carriera e mantenendo la freddezza davanti a Galli. Peccato che la gioia della rete ci faccia perdere per un attimo la lucidità difensiva avuta sin lì e Ancelotti, di testa, pareggi subito, ma quella resterà una marcatura indimenticabile per lui e per noi. Tra i meno colpevoli della retrocessione del 1988/89, Bresciani va in prestito all’Atalanta dove trova Mondonico e poi è di nuovo granata, pronto a giocarsi le sue carte anche se il suo nome non figura nelle formazioni tipo compilate dai giornali.

Bresciani partecipa a due trasferte sfortunate (Bari e Bologna) nelle quali il Toro è uscito sconfitto meritando molto di più, ma poi, dopo uno spezzone nel successo interno contro la Roma, arriva finalmente il momento della svolta. Si gioca a Cagliari, in panchina c’è Pereni perché Mondonico ha un attacco di appendicite. Anche in Sardegna le cose si mettono male, stavolta anche a causa di una prestazione opaca. Si va a riposo sotto di una rete e temendo il terzo ko consecutivo lontano da casa. Nella ripresa, complice un cambio Sordo-Benedetti dettato telefonicamente dal Mondo, rimontiamo e il via lo dà proprio il Buitre granata. Il numero nove riceve da Skoro spalle alla porta e doma una palla che non vuole saperne di star buona avendo un difensore addosso, poi riesce a girarsi e insacca col sinistro nonostante il tocco di Ielpo. La rete di Romano su assist di Lentini completerà l’opera. Sette giorni dopo Bresciani offrirà il bis a Cesena con una maligna deviazione di testa che offrirà il provvisorio 2-1 prima che Barcella, proprio il Barcella del fallo su Borgonovo nell’Atalanta-Milan citato all’inizio, pareggi con una rete contestata. Il mercato di riparazione che sembrava vedere Giorgio sul piede di partenza, ipotizzando un ritorno nella sua Lucca o una cessione a Brescia, non avrà l’attaccante come protagonista delle trattative. Gli basta esserlo con la maglia del Toro.

Il trittico di fuoco Milan-Napoli-derby regala qualche amarezza al nostro numero nove. Contro i rossoneri viene letteralmente travolto in area da Costacurta sull’1-0 per noi senza che Lanese intervenga. Per questo motivo il pareggio di Maldini a tempo scaduto sarà ancora più amaro. L’unica trasmissione a negare quanto clamoroso fosse quel rigore è Calciomania, Italia 1, Fininvest, Berlusconi. A Napoli Giorgio pareggia il rigore di Maradona nel finale raccogliendo la respinta di Galli su tiro di Cravero. Forse è in posizione irregolare, ma tanto ci pensa la malasorte a rimediare subito con Incocciati che trova il tiro della domenica, ancora una volta, allo scadere. Nella stracittadina rinviata al lunedì per neve, Bresciani è carico, fin troppo e viene espulso per un contatto abbastanza veniale con De Marchi, che si tuffa come se gli avessero sparato, mentre Annoni sta per battere una rimessa laterale. Roba da giallo, invece Coppetelli fa finire la prova del “Buitre” dopo soli 20’. Il nostro non ci sta e ha una reazione furibonda, una sorta di prologo di quella di Bruno nel derby della stagione successiva. Il fatto curioso è che, dopo Capitan Cravero, sarà proprio a Pasquale il primo ad avvicinarsi a Bresciani per calmarlo.

Le soddisfazioni torneranno ad arrivare presto per Bresciani, più precisamente il giorno della Befana 1991, una gara complicatissima in casa della Sampdoria che vincerà il campionato. Il Toro ci arriva nell’unico momento di crisi stagionale, dopo il brutto ko di Pisa e lo 0-0 interno col Parma che ha scatenato i soli mugugni dell’anno. E’ un Torino tutto italiano e privo di Policano quello che scende a Marassi col ruolo di netto sfavorito, ma il bello di quella squadra è il sapere sovvertire i pronostici e fare quadrato al momento giusto. Bresciani e Lentini fanno letteralmente ammattire la difesa avversaria appena c’è il minimo varco. Per esempio al 21’ quando basta un sapiente tocco di Ciccio Romano per far galoppare Gigi a sinistra. Il tornante vede con la coda dell’occhio Bresciani che corre al suo fianco e lo serve con Mannini che non riesce a intercettare il passaggio in scivolata. L’attaccante è solo e Pagliuca lo stende. Ceccarini assegna il netto rigore e il Buitre è glaciale nello spiazzare il portiere.

Allo scadere del tempo Bresciani fa la cosa più bella della partita anche se, paradossi del calcio, non regala una rete. Corre verso un pallone che vaga sull’out destro anticipando Pellegrini, si fionda in area, dribbla Vierchowod e, quando pregusta il gol, trova le mani di Pagliuca che si è buttato disperatamente in una sorta un muro pallavolistico. A una manciata di minuti dal termine, però, il 2-0 arriverà. Lentini parte nella sua ennesima percussione e Giorgio è sempre lì, punto di riferimento pronto a ricevere il passaggio che anche stavolta arriva giusto, nonostante il tocco di Vierchowod che finisce addirittura col rendere più comoda la conclusione in rete del nostro bomber. Corsa sotto il settore ospiti impazzito e impresa portata a casa nonostante un finale di indicibile sofferenza. “Un Toro col cuore fatto in casa” titola giustamente La Stampa e i tifosi, che non vedono l’ora di affibbiare a qualcuno quel soprannome irripetibile e indossabile solo dai diretti interessati che ben conosciamo, quando pensano a Lentini e a Bresciani dicono timidamente, ma non troppo, “Gemelli del gol”.

La Maratona canta “Giorgio Bresciani facci un gol” e il nostro risponde presente con un colpo di testa contro la Fiorentina che è anche il suo primo centro casalingo, poi, a Bergamo, un’altra gara incredibilmente complicata e un altro incontro risolto dall’incontenibile duo offensivo che, se forse è improprio per caratteristiche tecniche definire Gemelli del Gol, sono così devastanti che bisognerebbe trovare subito una definizione nuova. Il Toro resta in dieci per l’espulsione a fine primo tempo di Martin Vazquez, reo di avere applaudito l’arbitro Nicchi dopo che gli aveva fischiato un’ingiusta simulazione. I nerazzurri di Frosio vogliono sfruttare la superiorità numerica per uscire da un momento cupo, ma all’ora di gioco vengono puniti. Lentini vola sulla destra e ancora una volta Bresciani è al centro, pronto a ricevere. Controllo di destro dal limite dell’area e rasoterra perfetto ad anticipare l’uscita del portiere. Settima rete in campionato, quarta nelle ultime tre gare, Toro sesto alla pari col Genoa in piena corsa per l’Uefa.

Nel roboante 4-0 contro il Bari Bresciani sigla una doppietta prima chiudendo un magnifico contropiede ispirato da Romano e poi guadagnando un rigore che, respinto da Biato, viene ribadito in rete dallo stesso numero nove. Nulla, però, rispetto a cosa capiterà due domeniche dopo contro il Bologna di Radice che lo aveva fatto esordire in serie A. Ci vogliono solo 4’ per dare un dispiacere al suo antico maestro: punizione di Skoro da sinistra, controllo che, di fatto, taglia fuori tutta la difesa bolognese diventando un assist per se stesso e rasoterra in diagonale imparabile. Il Bologna è in fondo alla classifica, ma ci mette l’orgoglio e pareggia con Notaristefano verso la fine del primo tempo poi resiste fino a 20’ dal termine quando Lentini insacca la respinta del palo su punizione al fulmicotone di Policano. Bisogna chiuderla e pochi minuti dopo succede: Lentini ara la fascia destra e sa già chi c’è in mezzo e dove si trova, sì, perché tanto per cambiare Bresciani ha seguito, si è mosso al momento giusto e si è piazzato al centro dell’area per raccogliere il traversone del compagno. Coordinazione perfetta col sinistro, battuta al volo sul palo alla destra di Cusin che rimane di sale perché si aspettava la conclusione a incrociare e palla che entra in rete nell’angolino basso. Con quel gol il “Buitre” è capocannoniere a quota undici. Non è solo, ma se i compagni sono Matthaus, Baggio e Vialli si può dire che è un risultato enorme. Nel frattempo Muller se n’è andato dal Toro: trovare un tifoso a cui importi qualcosa dell’addio del carioca è impossibile. Il presente è un ragazzo toscano che sembrava dover essere rispedito in B e invece guida l’assalto alla qualificazione europea dedicando le reti fatte proprio al suo mentore. “Spero che non la consideri un’offesa, ma un motivo di orgoglio, visto che è stato proprio lui a lanciarmi in serie A”.

Dopo tanto dolce, però, ecco che arriva l’amaro, un amaro lungo undici metri. La doppia sfida nei quarti di finale contro la Sampdoria, dopo una doppia sfida senza esclusione di colpi e con parecchie recriminazioni granata, vai risolve ai rigori. Dopo l’errore di Mikhailichenko, Bresciani ha l’occasione per mettere dentro il penalty del passaggio del turno, ma Pagliuca para. Mancini porterà i suoi a oltranza dove Lentini calcerà in curva e Lombardo non perdonerà. Un rigore che è un piccolo contraccolpo per Giorgio che, dopo una lunga serie di partite giocate a mille, perde un po’ di smalto realizzativo. Potrebbe ritrovarlo contro il Cesena, ma sbaglia un altro rigore, stavolta senza danni perché Lentini e Dino Baggio ribaltano nel finale la rete di Piraccini. Il numero nove sa ritrovarsi al momento giusto, contro il Genoa. La più bella partita della stagione a livello di prestazione di squadra è possibile anche alla stupenda gara di Giorgio.

Scontro che profuma d’Europa, pioggia battente e Toro che inizia col piede sull’acceleratore con le gomme da bagnato che funzionano meglio di quelle rossoblù. Bresciani va subito in cielo per colpire un pallone di testa, ma Piotti lo toglie dall’incrocio. Al 7’ Lentini pesca il Buitre sul secondo palo che è lucidissimo a rimettere al centro dove Skoro anticipa Policano e trova la prima gioia stagionale. Al 17’ il Toro intercetta un’uscita imperfetta del Genoa e “Poli” verticalizza splendidamente per Bresciani che si infila nel varco lasciato dalla difesa ligure in controtempo e segna trovando l’unico spazio utile fra palo e portiere andando a sfogare la sua gioia sotto la Maratona e che importa se una regola idiota gli frutterà l’ammonizione. Giorgio ha l’argento vivo addosso e al 28’ parte in contropiede con uno scatto inarrestabile simile a quello contro il Milan nel 1988. Due difensori gli vengono addosso, ma il nostro bomber ha imparato anche da Lentini e sa come fare il passaggio giusto per Skoro che non sbaglia: sono tre. Il Genoa si sveglia e accorcia con Aguilera che, nel solito gioco dei corsi e ricorsi, sarà colui che lo sostituirà in granata, ma c’è davvero troppo Toro. La rete che rimette gli avversari a distanza di sicurezza è di Dino Baggio, lanciato splendidamente ancora da Bresciani prima che un tiro di Policano deviato da Caricola fissi il risultato sul 5-2. Un gol e tre assist, prestazione pazzesca. La dedica, negli spogliatoi, non è per il ct della nazionale Vicini, presente in tribuna ance per lui, ma per suo nonno, mancato due giorni prima. “Era una persona a cui volevo molto bene”.

Da quel momento fino alla fine del campionato, Giorgio Bresciani segnerà ancora una volta, su rigore, contro la Sampdoria. Un rigore che sarà anche l’ultima rete del Toro 90/91 in campionato visto che, negli ultimi due turni, saranno i pareggi a reti inviolate contro Parma e Atalanta a farci andare in Uefa a braccetto coi ducali e lasciando, per una volta, la Juve davanti al televisore. Senza i gol, praticamente tutti decisivi, di Bresciani non ce l’avremmo fatta e possiamo dirci fortunati che tutte le sliding doors possibili e immaginabili abbiano portato la nove stabilmente sulle spalle del giovane lucchese invece del bizzoso brasiliano che l’aveva vestita fino a poco prima. A Bresciani vogliamo bene perché è un ragazzo del Fila, uno che viveva per segnare, ma senza essere stupidamente egoista, uno che non aveva il fisico di un corazziere, ma non si tirava indietro davanti a nessun difensore, si chiamasse Vierchowod, Ferri o Franco Baresi. Spalle alla porta pronto a girarsi, attento a ogni spiraglio offerto dagli avversari, capace di farsi trovare pronto da Lentini quando partivano in due contro tutti in certe partite in trasferta. Anno magico per lui, anno magico per noi: quando si è felici insieme è ancora più bello.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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