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Il successo della Premier League

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Torna l'appuntamento con la rubrica "Loquor", a cura di Carmelo Pennisi

Carmelo Pennisi

“Il mondo intero è la

metafora di qualcosa”?

Da “Il Postino”

Era cominciata da un giorno la primavera quel 22 marzo del 1994, una giornata non particolarmente fredda né con segni di tepore in arrivo, perché la primavera londinese non ha mai avuto il carattere da mezza stagione un tempo peculiarità e vanto della nostra cara Italia. Nel sottopassaggio a collegare gli spogliatoi al terreno di gioco del vecchio e glorioso stadio di Highbury, casa dell’Arsenal per 93 anni, David Dein, allora vicepresidente dei “Gunners” e della Football Association, mi venne incontro con il suo immancabile sorriso rassicurante e i suoi modi raffinati da gentiluomo educato all’accoglienza per invitarmi ad andare a prendere posto in tribuna visto come ormai mancasse poco al fischio di inizio di Arsenal Manchester United.

Scorremmo tutto il sottopassaggio fino ad irrompere in uno dei prati verdi tra i più famosi d’Inghilterra, e siccome Dein è sempre stato una persona molto curiosa in quei pochi minuti volle sapere la mia opinione sul perché in quel frangente il campionato italiano fosse considerato il più bello del mondo. Ebbi la sensazione chiara come stesse cercando di carpirmi qualche segreto o dettaglio a lui sfuggito per valutarlo, e magari metterlo in atto, nella neonata Premier League di cui era stato uno dei fautori e certamente la mente più “politica” di tutta la classe dirigenziale calcistica inglese.

Allargai le braccia e cercai di fargli capire come il mio parere, oltre ad essere quello di un giovane pieno di buone speranze non ancora provvisto di una necessaria esperienza di vita, poteva avere un qualche valore su questioni cinematografiche o teatrali ma non certamente sul calcio di cui ero un semplice e quanto mai banale tifoso e spettatore. Dein mi sorrise ancora una volta e poi volle comunque a tutti i costi almeno un mio aforisma sullo straordinario successo del calcio italiano: “non credendo molto alla capacità organizzativa di noi italiani, credo che il successo della Serie A sia dipeso da Dio”, gli risposi infine. La risposta lo divertì molto e, non dimenticandosi del mio riferimento al cinema e al teatro(gli ebrei generalmente sono attentissimi ad ogni cosa che gli si dice), dopo la partita volle a tutti i costi che lo accompagnassi a vedere “Il Postino” di Massimo Troisi in un elegante cinema di Leicester Square, e ho ancora negli occhi il suo totale divertimento e coinvolgimento empatico di fronte alle straordinarie smorfie facciali poetiche di quel genio di Troisi(la sua prematura scomparsa ha tolto alla storia del cinema italiano più di quanto si possa immaginare).

Il “Rapporto Taylor” e David Dein sono stati probabilmente i due “detonatori” principali del dominio di questi ultimi 15 anni della Premier League nel panorama del calcio del Vecchio Continente, e non solo di esso. L’Inghilterra dell’ultima decade del secolo scorso è quella delle decisioni inderogabili, dopo gli undici anni di governo di Margaret Tatcher, dove la classe operaia e mineraria viene letteralmente stralciata dalla storia della “Perfida Albione”, arriva il ciclone Tony Blair e della “Cool Britannia”, e chi nel mondo possiede tanti soldi pare non vedere l’ora di spenderli nell’Isola. Margaret Tatcher e Tony Blair riescono nell’impresa di trasformare quello che fu il cuore di un impero dove non tramontava mai il sole in una rigogliosa e fervida di promesse “società dei servizi”. “Brassed Off” e “Billy Elliot” cristallizzano sulla pellicola cinematografica l’estraniamento della classe proletarie da una nazione decisa a convertirsi allo spettacolo e alla finanza, buttandosi definitivamente dietro il periodo vittoriano, i racconti di Charles Dickens sui risvolti crudeli dell’affermarsi della rivoluzione industriale, l’orgoglio di aver resistito e vinto la guerra contro il nazismo di Adolf Hitler.

La storia non si dimentica, ma ora è il futuro a dover irrompere nel presente. È il momento in cui Dio si dimentica dell’Italia e della sua Serie A e comincia uno degli stravolgimenti epocali che l’Europa dello sport ricordi: l’affermazione planetaria della Premier League. Quanto sembra lontano quel terribile ritratto del calcio inglese vergato dal “Sunday Times” il 19 maggio 1985, subito dopo l’incendio del “Valley Parade” di Bradford (56 vittime nel corso di un incontro di “Third Division” dei padroni di casa contro il Lincoln City) e pochi giorni prima della tragica finale di Coppa dei Campioni allo “Stade du Heysel” (39 vittime nell’assalto dei tifosi del Liverpool verso la frangia più pacifica dei tifosi juventini presenti all’evento). “Uno sport in crisi e malfamato, giocato da malfamati in stadi baraccopoli”, scrive il “Times”, e questo deve aver fatto percepire alla “lady di Ferro” come ormai la misura fosse colma, ma il peggio doveva ancora arrivare e si manifestò il 15 aprile del 1989 all’Hillsborough di Sheffield, nel corso della semifinale della “FA Cup” tra Liverpool e Newcastle, in cui gli scontri tra tifosi costarono la vita a 96 di loro. Thatcher tenne fede alla sua nomea di “Iron Lady” e incaricò il giudice Lord Peter Taylor di formare una commissione per porre fine allo scempio in scena da anni in tutti gli stadi inglesi.

“Il Rapporto Taylor” diede vita ad una serie importanti di riforme della vita del calcio dell’Isola, cominciando ad imporre posti negli stadi solo a sedere singoli (furono abolite le gradinate) e ingresso alle partite esclusivamente a spettatori muniti di biglietto e documento d’identità. Ma l’elemento decisivo fu la creazione di un fondo a garanzia statale in cui i club calcistici ebbero l’obbligo, se volevano continuare la loro attività sportiva, di accedervi per costruire o ristrutturare i loro impianti. L’inizio della “Eldorado Premier League” si colloca in quel momento, ed è proprio in quel frangente che David Dein e soci vedono l’opportunità attesa da tempo: creare una Lega dove lo spettacolo e il profitto fossero le stelle polari da seguire, nonché sganciarsi dal controllo eccessivamente burocratico (ai loro occhi) della “Football Association”.

Dean ha ammesso in seguito come in fondo all’epoca non si sia inventato nulla, confessando di aver seguito pedissequamente il modello dello sport professionistico made in USA. I soldi televisivi di “BSkyB” di Rupert Murdoch (304 milioni di sterline per trasmettere in esclusiva le partite per cinque anni) completarono l’opera. In una recente intervista, l’ex vicepresidente dell’Arsenal si è detto molto orgoglioso dei risultati raggiunti dalla sua creatura e seraficamente ha voluto ricordare alcune cose ai suoi critici: “si avranno sempre dei detrattori. Ma la Premier non è e non sarà mai la SuperLeague, perché ha delle promozioni e delle retrocessioni. Essa ha fatto un enorme bene a tutto il calcio inglese. Quindi accetto le critiche, ma bisogna ricordare dove era il calcio. Allo stadio, nel corso dell’intervallo tra i due tempi, o prendevi una tazza di tè o andavi al bagno: le code erano troppo grandi per fare entrambe le cose. Il cambiamento doveva arrivare e doveva essere un cambiamento strutturale. Quindi, per come la vedo io, la Premier League è stata un successo clamoroso e dobbiamo mantenerla così”.

In “Calling the Shots”, l’autobiografia in cui ripercorre tutta la sua storia nel calcio e nei “Gunners”, ricorda a tutti, e non senza malinconia, come nella vita “non puoi fermare la marea in arrivo. Il calcio è diventato un settore molto competitivo e il denaro ha molto a che fare con questo. La maggior parte dei proprietari dei club si aspetta un ritorno dai loro investimenti”. Dal 1992 di passi da gigante la massima Lega inglese ne ha fatti davvero parecchi, basti pensare come il Man United sia passato dai 2,4 milioni di sterline di diritti tv del primo anno della neonata “Lega dei Privati” ai 154 del 2021. Una crescita economica impressionante. Ma quello non raccontato da Dein è la progressiva espulsione dagli stadi, a causa dell’alto costo dei biglietti, della classe proletarie, mettendo in discussione per la prima volta nella storia del calcio la sua trasversalità sociale.

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Non credo fosse questo l’obiettivo di colui che da ragazzo sognava di diventare ricco con gli affari proprio per comprarsi l’Arsenal (a volte i sogni si realizzano), avendolo conosciuto come persona sensibile e attenta agli altri(negli anni ha fondato e portato avanti “The Twinning Project”, un ente benefico che collega i detenuti nelle carceri con il calcio), ma così di fatto è andata, con la Premier League  diventata una sorta di club house della classe medio alta. La lezione inglese dovrebbe essere tenuta bene in mente dalla voglia riformatrice in voga attualmente dalle parti del nostro calcio, e se avessi ora davanti David Dean gli ricorderei volentieri una frase del film di Massimo Troisi visto insieme in quel bel cinema di Leicester Square: “la poesia non è di chi scrive, è di chi gli serve”. Così come il calcio.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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