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Questo Toro non ha senso

Il segno dei Tacchetti / L'intervento di Diego Fornero: "Troppe occasioni perse: ora il Torino va davvero ricostruito o avere il coraggio di passare la mano se non si è all'altezza di farlo"

Diego Fornero

Ha ancora un senso questo Toro? Su questo punto credo sia superfluo creare un po’ di suspense quindi vi dico chiaramente la mia opinione: no, non ne ha.

Questo Toro non ha senso per il semplice motivo che né i giocatori, né la società, sembrano essere intenzionati ad attribuirgliene uno, già da tempo ormai. L’unico ad averci provato, forse, è proprio l’allenatore, considerato che, per uno come Giampaolo. arrivare addirittura a cambiare il proprio 4-3-1-2 può essere un segnale di confusione, ma almeno denota una certa volontà di metterci una pezza.

LE RAGIONI DI UN NONSENSE

Questo Toro non ha senso, dicevamo.

Non ha senso perché il gruppo ha palesemente tirato i remi in barca a livello fisico e mentale, eccezion fatta per un Capitano incredibile (a uno che ha segnato 100 goal in questa squadra va eretto un monumento equestre), unico a dedicare alla causa ogni millimetro della sua persona e dei suoi polmoni.

Non ha senso perché il malessere trascinato dal famoso playoff di Europa League, dal caso Nkoulou, dagli equivoci tattici, dal mostruoso finale di stagione, dal palese misunderstanding legato all’acquisto di Verdi (giocassi nel Torino effettivamente sarei il primo a chiedermi perché quel mio compagno sia stato pagato 25 milioni) continua a perdurare, ed anzi, ha mietuto ulteriori vittime, alcune apparentemente insospettabili fino a pochi mesi fa.

Non ha senso perché la società ha dimostrato di non aver fatto grandi passi in avanti nel comprendere la situazione, anzi: si è scelto di non dare fiducia a Massimo Bava e non rivoluzionare la rosa. Il mercato estivo, se non eccessivamente “avaro” è stato soprattutto un mercato sbagliato, concentrato su figure che non servivano, su figurine interessanti, magari anche future plusvalenze, ma del tutto slegato dalle reali necessità di Giampaolo (regista e trequartista? Non pervenuti).

Non ha senso perché, a dispetto delle apparenze, anche le persone che sono state prese per decidere(e il sottoscritto è stato il primo a crederci, quindi facciamo un gigantesco mea culpa), in realtà non possono decidere alcunché, e ci hanno portato quasi a rimpiangere i tempi in cui perlomeno era chiaro e non dissimulato il fatto che a decidere fosse soltanto una, sempre la stessa.

Non ha senso perché le sconfitte, i ribaltoni, le beffe, non hanno generato nei giocatori alcuna cattiveria agonistica, ma solo rassegnazione, quel tipo di rassegnazione che ti fa serenamente uscire dal campo di un gioco con un sorriso, della serie: «Vabbé, ci abbiamo provato ma evidentemente questi sono i nostri limiti».

Non ha senso perché, se i risultati vanno male (e può capitare anche ai “migliori”), non c’è nulla intorno ad essi che vada poi così tanto meglio, e il Torino continua ad avere ritardi imperdonabili più o meno su tutto: sul settore giovanile, sulle strutture, sulla comunicazione, sulla programmazione, sul settore femminile che – anacronisticamente – continua a non esistere.

PERCHÈ IL TORO SIA DI NUOVO TORO

Cosa potrà ridare un senso al Toro, così come lo intendiamo noi?

Questa è una domanda di una complessità incredibile, e non saranno queste mie righe così spontanee, così di pancia, a dare una risposta. Quel che è certo è che servono dei cambiamenti profondi, delle mutazioni assolute, delle mezze rivoluzioni, e non sarà cambiando allenatore (il proverbiale capro espiatorio), spostando qualche pedina a gennaio o imponendo assurdi ritiri punitivi che il Torino si risolleverà.

Certo, la matematica dice che la squadra potrà ancora salvarsi, e non è detto che non ci riesca. Anzi, poniamo anche che questo accada, che cosa avremo risolto, se non ottenere un ciclico e costante ripetersi ad oltranza della “solita vecchia stagione sofferta”?

Perché il Torino torni ad essere “quel” Toro – un Toro che, realisticamente, non potrà ambire ad essere il Real Madrid ma neppure Inter, Juventus e neanche Roma… e chi dice il contrario, mente sapendo di mentire – proviamo a immaginare innanzitutto alcuni passaggi fondamentali:

  • un gruppo da ricostruire, anche a costo di “tagliare teste” eccellenti (grazie e arrivederci!), basato innanzitutto su un’area scouting completamente rivista, puntando sui giovani, non necessariamente su quelli (e lo dico a malincuore) del vivaio, che hanno dimostrato di non essere all’altezza della situazione;
  • una società più strutturata, con persone competenti – scelte tra chi si intende di calcio, e ha esperienza, come avverrebbe in qualsiasi azienda - al posto giusto, in cui chi ha deleghe è in grado e soprattutto ha la piena responsabilità di prendere decisioni;
  • un’attenzione enormemente maggiore sul “brand” Toro, con la valorizzazione di quanto di buono è rimasto nel cuore e nella testa degli appassionati (e, da questo punto di vista, non mi stancherò mai di sottolineare l’assurda incompiutezza del Filadelfia e il mancato appoggio della Società al Museo del Grande Torino);
  • investimenti in prospettiva: sulle strutture (la situazione del Robaldo è francamente imbarazzante); sul vivaio (dopo i tempi della grande Primavera, dovuti soprattutto all’ottimo lavoro di Moreno Longo e Federico Coppitelli e alle belle intuizioni di Massimo Bava, la situazione è naufragata); sul futuro(assurdo che il Torino non si sia ancora dotato di una squadra femminile, dando un pessimo segnale sia alle appassionate, sia alla società nel complesso).
  • LA SOCIETÀ PUÒ E VUOLE FARLO?

    Può essere questa società a ottenere questo risultato e porre le basi per il Toro del Futuro? Dopo quindici anni di presidenza Cairo è difficile crederci ancora, ma in questo momento la proprietà ha di fronte una sfida molto più grande della posizione in classifica davanti a sé.

    Un’eventuale retrocessione, forse, potrebbe accelerare il processo di rifacimento della rosa, ma rischierebbe inevitabilmente di rallentare tutti i restanti aspetti, che paradossalmente sarebbero i più importanti. Non è una sfida impossibile, se lo si vuole davvero, ma il tempo stringe e le occasioni perse iniziano ad essere davvero troppe.

    Questa volta l’impresa non è fare quel minimo di punti che basta per non sprofondare, o trovare un giocatore che possa portare quel mezzo goal in più per salvarsi: qui si tratta di trovare un nuovo standard per poter dignitosamente parlare di Toro, e soprattutto dargli un senso. Non è banale, non è semplice, ma è il minimo che si meritino i tifosi. Se non ci si riuscisse, forse sarebbe più sensato riconoscere di non essere all’altezza e passare la mano.

    Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.