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Culto

Le rimonte nicoliane

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Torna un nuovo appuntamento con la rubrica "Culto", a cura di Francesco Bugnone

Francesco Bugnone

La stagione 2020/21 è stata una delle più terrificanti della nostra storia con una retrocessione che definire sfiorata è un eufemismo, una serie di giocatori che ha fatto di tutto per farsi detestare, scelte societarie assurde e, nella prima parte, una serie di rimonte subite nel finale che a raccontarle non ci si crede. Il campionato, già surreale di suo essendo il primo disputato totalmente a porte chiuse causa covid fra decisioni delle asl e polemiche da basso impero, parte con Giampaolo in panchina e le prestazioni si possono suddividere in due gruppi: giochiamo bene e ci facciamo riprendere, se non superare, nei modi più incredibili e giochiamo di merda pareggiando se va bene. Se queste ultime prove portano a un sordo rancore verso la vita e il mondo circostante, sono le prime quelle che ti lacerano davvero dentro perché se anche giochi bene, fai tutto quello che devi e anche di più, ma alla fine la prendi quel posto nel modo più beffardo possibile, allora non resta che bere del Lysoform.

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In casa del Sassuolo, per esempio, ci portiamo sul 3-1 giocando un grande calcio. Apre Linetty, pareggia Djuricic, poi Belotti, in versione ira di Dio, resiste a Chiriches per riportarci splendidamente avanti e offre a Lukic l’assist per la rete che, a 11’ dal termine, dovrebbe chiudere la partita. Dovrebbe, perché il succitato Chiriches quando ci incontra diventa anche bomber e accorcia le distanze con assurdo bolide da casa sua. Il 3-3 di Caputo pochi secondi dopo è mera conseguenza. Quello che succede il turno successivo in casa con la Lazio è addirittura peggio: sul risultato di 2-2 e con parecchie recriminazioni arbitrali da parte nostra soprattutto per un rigore negato a Verdi, Lukic, all’87’, sfrutta una cappella difensiva della difesa laziale e ci porta in vantaggio. In pieno recupero Chiffi viene richiamato al var per un mani di Nkoulou su tiro di Immobile (su cui ci sarà grossa polemica sul fatto se dovesse giocare o meno con positività e negatività al covid che apparivano e sparivano) e il centravanti campano dal dischetto ci segna l’ennesimo gol dell’ex, infine Caicedo, al 98’, riusciva a trovare la zampata per farci andare in analisi. A distanza di mesi quella partita mi sembra irreale, solo un sogno, un incubo collettivo talmente è stato grottesco buttare quel match, una roba così grossa da renderla quasi reato.

Con l’Inter siamo incerottati, ma giochiamo un’ora di grandissimo calcio e ci portiamo sul 2-0 con una rete di Zaza e il raddoppio su rigore di Ansaldi. E’ il minuto 62. Al 64’ Sanchez ha già accorciato le distanze in mischia, al 67’ Lukaku ha pareggiato. All’84’ un rigore con interpretazione abbastanza naïf della regola del fuorigioco ci fa andare sotto 3-2 e allo scadere Lautaro mette il timbro sul 4-2 finale. In casa con la Samp sembriamo di nuovo padroni della situazione dopo il vantaggio di Belotti, ma un uno-due di Candreva e Quagliarella nella ripresa ci stronca e per fortuna Meitè limita i danni ritrovando la via della rete dopo due anni di digiuno. Nel derby passiamo in vantaggio allo Stadium con una rete di Nkoulou sugli sviluppi un angolo e abbiamo anche la partita in mano, ma riusciamo a cagarci addosso per un gol di Cuadrado annullato dal var: da lì è un crollo. McKennie al 77’ e Bonucci all’89’ ci fanno perdere dolorosamente l’ennesima stracittadina. In casa col Bologna facciamo schifo, ma una punizione deviata di Verdi potrebbe darci un successo importantissimo al 69’. Teniamo il vantaggio per meno di 10’ e Soriano ci rifila il gol dell’ex. A Napoli giochiamo ancora alla grande, Izzo si fa valere su azione di corner portandoci in vantaggio a inizio ripresa, ma è tutto un viaggio verso l’inevitabile che si chiama tiro a giro di Insigne al 92’ e ultimo posto in classifica. I punti persi da situazione di vantaggio del Toro sono 23. Da spararsi.

Il sedici gennaio 2021 il Toro si ritrova in superiorità numerica dall’ottavo minuto in casa contro lo Spezia e non fa letteralmente nulla se non un colpire un palo al 90’ con Ansaldi. Cairo esonera Giampaolo e chiama una delle poche persone sulla faccia della terra in grado di fare un miracolo. Lo conosciamo bene perché molti di noi hanno la foto dell’esultanza dopo il suo gol al Mantova nel portafoglio. Quella persona accetta nonostante condizioni contrattuali per il rinnovo assurde (non solo la salvezza, ma 1.5 punti di media a partita). Diamo tutti il bentornato a Davide Nicola.

Nicola ricostruisce pezzo per pezzo una squadra allo sbando infondendogli, almeno per un periodo, uno spirito più battagliero, la mentalità per vincere le partite sporche, come le decisive trasferte di Cagliari e Udine, e l’orgoglio necessario per non mollare quando si è sotto. Il Toro si farà rimontare poche volte e anzi, spesso, sarà lui a far mangiare le mani agli avversari per aver buttato via le partite. Di seguito parleremo delle quattro più significative, due pareggi e due vittorie.

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BENEVENTO-TORO 2-2

Nicola esordisce nell’ultima giornata del girone d’andata a Benevento in quello che, nonostante i campani siano avanti di otto punti in classifica, si rivelerà uno scontro salvezza. Dopo 9’ le Streghe passano in vantaggio con un gol di Glik che esulta come un pazzo e la cosa mi fa arrabbiare non perché festeggi (cosa che se fatta nei modi giusti va benissimo anche se sei un grande ex, basta ipocrisie), ma perché festeggi ben conscio di aver fatto gol di mano. Giacomelli, l’arbitro con la corsa più insopportabile del mondo, dopo chiamata del var toglie la rete ai padroni di casa e Kamil si prende qualche Madonna, ma un paio di giorni ed è già perdonato, non riesco ad avercela con lui.

Alla mezzora, però, ci danno contro uno di quei rigori che continuerò a non capire a distanza di anni con Sirigu che travolge sì Lapadula, ma dopo che questi ha già tirato e la palla è addirittura uscita. Viola trasforma ed è 1-0. A inizio ripresa, dopo una mischia che ci vede incapaci di spazzare efficacemente l’area, Lapadula raddoppia con un sinistro sul primo palo su cui Rodriguez non chiude e Sirigu parte in ritardo. A quel punto ci svegliamo e tra i protagonisti del risveglio c’è uno di quei giocatori che, oggettivamente, hanno fatto peggio e forse sono stati addirittura il simbolo delle brutte annate granata degli ultimi anni: Simone Zaza. Paradosso dei paradossi cinque reti delle rimonte di cui parleremo sono sue. La prima arriva un paio di minuti dopo il raddoppio giallorosso su cross stranamente preciso di Singo. L’inzuccata dell’ex Sassuolo prende in controtempo Montipò: siamo incredibilmente vivi.

Ci buttiamo davanti col poco che abbiamo, Belotti costringe a un grande intervento Montipò, poi, su cross di Ansaldi, svetta altissimo, ma impatta la sfera con la mano inficiando la rete di Zaza da pochi passi. Sembra finita lì, però al terzo minuto di recupero arriva il miracolo: il Benevento perde ingenuamente palla invece di tenerla e Verdi fa partire Belotti che avanza a sinistra e si inventa un magnifico assist per Zaza, il quale si allunga e col mancino trova il meritato 2-2. Nicola in panchina è incontenibile, Rincon potrebbe addirittura farci vincere, ma Montipò para. La classifica è ancora oscena, siamo lontani dall’essere una squadra bella a vedersi, ma non possiamo negare che, dopo tante beffe subite, quella sera godicchiamo un pochino.

ATALANTA-TORINO 3-3

Anche quella in casa dalla Fiorentina sarebbe tecnicamente una rimonta con Belotti che, a due minuti dalla fine, impatta rabbiosamente il vantaggio di Ribery, ma l’essere undici contro dieci dal 61’ e addirittura undici contro nove dal 72’ ha tolto parecchia epica alla cosa. A Bergamo, nel turno successivo, sembra già tutto finito dopo 20’ con l’Atalanta di Gasperini che non ha perso l’appetito dopo il 7-0 dell’anno precedente o il 4-2 dell’andata. Ilicic infila fra le gambe Sirigu, anche se deve aspettare il var per festeggiare, il portiere granata si butta dentro una conclusione di Gosens su assist di Muriel col la difesa granata spettatrice non pagante, poi Muriel, splendidamente lanciato da Ilicic, si fa ribattere il tiro dal nostro estremo difensore, ma va sulla respinta e triplica con un morbido tocco grazie anche alla non partecipazione di N’koulou e Izzo che sembrano marmorizzati.

A quel punto, in un sabato pomeriggio cupo da sembrare una notte senza fine, il Toro si ricorda che se si trova sul rettangolo verde deve giocare. Murru fa l’unica cosa degna di essere ricordata della sua stagione saltando Gollini con un tocco sotto che Gosens, sulla linea, riesce a salvare. Al 41’ Mandragora, al suo esordio in granata e accolto con il solito entusiasmo da qualcuno (“gobbo” per aver giocato quindici secondi nella Juventus, rotto per il brutto infortunio avuto) inizia a farsi amare dando un gran pallone a Belotti che viene placcato in area da Palomino. Dal dischetto il Gallo si fa respingere il rigore da Gollini, ma gli basta restar fermo per scaraventare in rete con un gran sinistro il pallone del 3-1 sulla ribattuta. Poco dopo, sugli sviluppi di un angolo, Izzo centra teso da sinistra, Zaza liscia in maniera grottesca una rovesciata e la palla arriva a Mandragora che controlla e con la stessa conclusione mancina colpisce traversa e palo. Non facciamo in tempo a evocare divinità antiche che Bremer, dopo un’altra acrobazia mancata, stavolta da Belotti, mette in rete. Il brasiliano non ha ancora detto a mezzo mondo di che colore abbia il cane e quindi godiamo molto per la rete che riapre completamente la partita.

Nella ripresa potremmo pareggiarla quando un poetico esterno destro di Singo dal limite scheggia la traversa, ma potremmo anche dire addio ai sogni di gloria quando Miranchuk (cuoricino che parte in automatico) centra il palo con bellissimo diagonale mancino rasoterra. Il minuto in cui il destino decide che dobbiamo impazzire è l’83’: punizione dalla trequarti sinistra di Verdi, mirabolante frustata di testa di Bonazzoli e magnifico 3-3. Non rimontavamo tre reti di svantaggio dal 4-4 interno col Parma nel 2008. Nel finale potrebbe scappaci addirittura il quarto, ma Verdi continua a non voler proprio entrare nella nostra storia dalla parte giusta: punizione sulla barriera e successivo tiro che passa tra una selva di gambe e viene bloccata a terra da Gollini. Il Toro si ritrova fuori dalla zona retrocessione, sebbene per un misero punticino, e con qualcosa che ricorda, da lontano, da molto lontano, un pizzico di entusiasmo.

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TORO-SASSUOLO 3-2

Dopo il pareggio di Bergamo, il Toro fa 0-0 in casa col Genoa e vince a Cagliari uno scontro diretto grazie a una rete di Bremer su azione d’angolo. La strada sembra in discesa, ma non abbiamo fatto i conti con il covid: maxi focolaio e partita col Sassuolo rinviata. Contro la Lazio, invece, la vicenda assume toni squallidi tanto da rendere i biancocelesti la squadra più detestata da noi dopo gli immancabili cugini. Prima Simone Inzaghi che, senza che nessuno su Sky si prenda la briga di fargli notare di aver detto una stronzata, afferma che il Toro sarà più fresco contro di loro perché ha riposato col Sassuolo. Poi Lotito che dice che se deve gioca’, nonostante il Toro sia bloccato dall’Asl. Parte lo stillicidio di ricorsi e controricorsi che porterà a giocare la partita poco prima dell’ultima giornata, nel frattempo grandi perle come la società laziale che manda sui social il video della formazione che schiererà contro il Toro e il tweet vomitevole di Caicedo che mostra il gol dell’andata con la didascalia “Quando penso a Lazio-Torino”. Dei colleghi fermati da una malattia ai tempi ancora discretamente aggressiva, chi se ne frega.

Il Toro ricomincia a giocare e patisce la ripresa. Un 4-2 subito a Crotone, nonostante un rimarchevole eurogol di Sanabria al primo centro in granata, e una sconfitta interna nel finale con l’Inter rendono fondamentale il recupero della partita contro il Sassuolo.

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Il primo tempo è qualcosa di assurdo coi granata che si buttano in avanti, sprecano tanto, costringono Consigli agli straordinari e il tabellino che dice 2-0 per i neroverdi, perché Berardi è andato a segno per ben due volte con una girata di sinistro in apertura e un’altro tiro al volo mancino sul primo palo in chiusura di frazione. Quando Mariani fischia la fine del primo tempo a tutti sembra di scorgere un’enorme B all’orizzonte.

La vede anche Nicola che, però, non si arrende e decide di prenderla a pugni coi cambi e col cambio di assetto. La Repubblica online dice efficacemente che “per risvegliare il Toro, Nicola lo ha stravolto, mettendo uno dopo l’altro tutti i giocatori offensivi a sua disposizione e passando prima a un 4-2-4 poi a un modulo non meglio identificato ma che comportava pressione alta, cross a ripetizione, tiri da fuori, passione e pressione”. A un certo punto ci saranno in campo contemporaneamente Belotti, Zaza, Sanabria, Gojak e Verdi. Djuricic potrebbe polverizzare qualsiasi nostro sogno dopo pochi istanti della ripresa, ma calcia alto a porta vuota. Il Toro calcia da ogni posizione, Mandragora, da fuori, esalta ancora Consigli e poi rivolge qualche laica preghiera al cielo, Izzo si vede un colpo di testa salvato sulla linea. Il Sassuolo non sfrutta le praterie che gli lasciamo soprattutto con Caputo che si dimentica per ben due volte come si segna (nella seconda occasione bravo Sirigu a farlo allargare e Lyanco fa la sola cosa davvero degna con la nostra maglia respingendo il tentativo del centravanti avversario con una capocciata sulla linea).

Al 77’ Verdi recupera un pallone controllato male da Ferrari sulla trequarti e lancia in avanti Sanabria che, di testa, appoggia per Zaza, ballonzolante in una posizione al limite del fuorigioco, ma capace di infilare Consigli in uscita con un preciso diagonale. All’87’ Gojak ha spazio per tirare da fuori, incoccia un avversario e sembra di trovarsi di fronte a una di quelle conclusioni che spiazzano inesorabilmente il portiere che nemmeno proverà a fare la parata, allargando le braccia e rassegnandosi al peggio. Consigli no, Consigli si tuffa e para, ma Mandragora è in agguato e con un gol da rapinatore d’area trasforma le possibile Madonne di rabbia in Madonne di gioia. 2-2 e c’è ancora un pochino di tempo.

Quel pochino di tempo, però, sembra sfruttarlo il Sassuolo. Obiang, dopo un largo triangolo con Toljan, calcia di destro a colpo sicuro. Sirigu sta vivendo la sua stagione peggiore da quando è a Torino, con una serie di errori e di imprecisioni non da lui, ma su quel tiro torna Salvatore della Patria buttandosi plasticamente e deviando in angolo con una parata da incorniciare. Per una volta sentiamo con noi gli dei del calcio e torniamo in avanti. In pieno recupero un cross di Ansaldi dalla sinistra col destro ridefinisce il concetto di perfezione e Zaza è il più lesto a buttarlo dentro di testa. 3-2 da 0-2, non succedeva da…da quella partita là che non nomino per rispetto, ma che conosciamo tutti, anche chi non era ancora nato. La panchina si riversa in campo, noi siamo tutti collassati sul divano o sul pavimento o dove l’abbiamo vista/sentita/letta, perché ci sono ancora le stramaledette porte chiuse.

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TORO-ROMA 3-1

Contro la Sampdoria la spinta che dovrebbe esserci dopo una vittoria simile sparisce e riusciamo nell’impresa di passare ottanta minuti su novanta nella metà campo avversaria senza tirare praticamente mai. I blucerchiati hanno la bella idea di segnare al 25’ con Candreva e poi guardarci crossare a vuoto.

Il successivo derby è uno dei meglio disputati dal Toro recente ed è un vero peccato non metterlo tra le grandi rimonte nicoliane perché Sanabria ribalta con una splendida doppietta il vantaggio iniziale di Chiesa, però Cristiano Ronaldo fissa il risultato sul 2-2 e la parata di Sczeszny allo scadere sulla punizione di Baselli ci lascia l’urlo in gola. Grande prova tattica di Nicola, che arretra Verdi a centrocampo facendogli disputare la miglior partita con noi, e poi si va a Udine dove torniamo sporchi e cattivi il giusto per strappare i tre punti con un rigore del Gallo. Ora tocca alla Roma, reduce dall’aver eliminato l’Ajax ed essersi conquistata la semifinale di Europa League.

Pronti via e sugli sviluppi di un’azione nata dalla specialità della casa dell’ultimo Nkoulou (rinvio molle di piattone addosso agli avversari), Borja Mayoral si ritrova solo davanti a Savic e lo batte: rete prima annullata e poi convalidata dal var. Ci buttiamo subito in avanti e creiamo occasioni, ma solo uno splendido intervento di Mandragora evita lo 0-2 di Pedro in contropiede.

Le opportunità fallite infastidiscono, ma è come se sapessimo che qualcosa succederà nella ripresa. Infatti capita quasi subito: ennesima caracollata a sinistra di Ansaldi con altrettanto ennesimo cross perfetto su cui Sanabria anticipa Mirante e infila in rete di testa. A poco meno di 20’ dalla fine Mandragora, ormai onnipotente, lancia Belotti che gira a rete. Sulla respinta del portiere Zaza, entrato da pochi secondi, è ancora l’improbabile uomo del destino granata e insacca il sorpasso.

La reazione della Roma, di fatto, finisce quando Diawara si fa espellere per doppia ammonizione dopo un fallo su Zaza e arriva addirittura il terzo gol: lo segna Rincon nel recupero, ma il merito è di Belotti che ruba palla a Fazio, vola verso la porta e offre al venezuelano un pallone solo da appoggiare in rete onorando quella che, dati alla mano, sarà l’ultima partita veramente grandiosa del Gallo.

Il momento più alto della gestione Nicola prelude a un finale angosciante: degli ultimi otto impegni ne vinceremo solo più uno contro il Parma, incassando batoste vergognose contro Milan e Spezia e trovando il punto della matematica tranquillità nel folle recupero contro la Lazio coi biancocelesti che provano in ogni modo a cacciarci in B e il Toro che resiste senza sapere bene come. I battiti cardiaci dei tifosi nella ripresa di quella gara avrebbero fatto mettere le mani nei capelli a qualsiasi medico.

Davide Nicola, come Moreno Longo l’anno precedente, ha allenato uno dei Tori meno amati e amabili della storia, ma è stato uno dei pochi motivi per cui siamo riusciti a seguire la stagione fino in fondo. Ha provato a dare un’anima a una squadra che l’aveva smarrita, riuscendoci per quasi tutto il suo percorso, ha fatto comprare Mandragora e Sanabria mentre si paventavano i drammatici arrivi di Kurtic e Kouamè, ha provato chiavi tattiche via via più audaci, ci ha messo la faccia anche quando avrebbero dovuto mettercela i giocatori, come dopo lo 0-7 col Milan. Forse, anche illusi dalle rimonte raccontate, non ci siamo resi abbastanza conto di quanto siamo stati vicini a retrocedere e di come quella del mister sia stata un’impresa. Il ringraziamento di Cairo lo conosciamo tutti. Davide non ha fatto una piega e, mesi dopo, è andato a fare il Mister Wolf con un altro granata più a sud. Spero che il nostro “grazie” l’abbia sentito forte e chiaro, spero che glielo tributeremo ancora una volta quando verrà a trovarci da avversario.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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