"Eccolo!", mi disse lasciando il ristorante, mentre gli andavo incontro mostrandogli chiaramente il mio entusiasmo di tifoso. Inverno 1998, ad Alessandria, "Al Forchettone", proprio di fronte allo Stadio "Moccagatta". Io ero lì per una cena di lavoro, al termine di una lunga giornata. In una tavola rotonda a fine sala, Edoardo Reja, allenatore del Torino, rapiva la mia attenzione mentre teneva banco in un gruppo ristretto di amici.
La Leggenda e i Campioni
Edoardo Reja, una bella persona
Per la verità, non mangiò molto. Mi diede l'impressione di apprezzare quei momenti soprattutto per raccontare e per condividere...fumando in continuazione. Per lui, friulano di Lucinicco, si trattava di una rimpatriata. Dal 1973 al 1976 aveva infatti indossato la maglia dei Grigi, conquistando con il numero 4 di mediano la promozione dalla Serie C alla Serie B nella stagione '73-74. Giovanissimo, era stato portato da Paolo Mazza a Ferrara nelle file della SPAL. Esordì a neanche 18 anni in Serie A. Insieme a compagni di squadra come Fabio Capello, Luigi Pasetti e Adriano Zanier vinse, nel 1965, il Campionato Primavera.
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Allenatore, era arrivato sulla panchina del Torino nell'ottobre 1997, al Torino dei "genovesi", per dare una gestione tecnica all'altezza delle aspettative ad una squadra che, dopo la breve presuntuosa direzione dell'inglese Graeme Souness, appariva totalmente smarrita. Souness non conosceva assolutamente nulla della nostra Serie B né aveva avuto l'umiltà di calarsi nel ruolo e di chiedere a chi, con l'esperienza, avrebbe potuto fornirgli consigli. Forse l'unico merito dell'allenatore scozzese era stato quello di dare l'appellativo di "Happy Leaf" al giovane Felice Foglia dopo una magnifica rete segnata in Coppa Italia! In realtà, Reja aveva posto come conditio sine qua non per accettare l'incarico un rafforzamento della rosa nel mercato autunno-inverno. Ed erano arrivati Mauro Bonomi -una settimana dopo l'arrivo di Reja- ("Ohi, ohi, ohi, il pelato è uno di noi!" canterà la Maratona) e Massimo Brambilla, metronomo del centrocampo.
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Accurato, intenso il ritratto tratteggiato a suo tempo dal giornalista Claudio Giacchino: "Reja è una persona affabile, estroversa, profondamente seria e coerente. Duttile, non fissato sui moduli, non è un dittatore, cerca il dialogo con i giocatori, si basa molto su un buon rapporto con i senatori dello spogliatoio". Rileva il Torino al 15esimo posto. Inizia la rincorsa, una bella rimonta che vede comunque episodi perlomeno controversi verso la fine del campionato. Un pareggio strappato al Delle Alpi dal Chievo, che non aveva più esigenze di classifica, lottando con un agonismo oltre misura. Un ambiente infuocato nella trasferta di Perugia.
Il 21 giugno 1998 l'ultima panchina granata di Reja. Si gioca a Reggio Emilia lo spareggio contro il Perugia. 1-1 il risultato, al termine di un match durissimo, giocato quasi interamente in dieci per l'espulsione del centrocampista Tricarico decretata dall'ineffabile abbronzato arbitro Graziano Cesari nei primi minuti di gioco. Per non passare sotto silenzio un intervento durissimo dell'ineffabile Materazzi ai danni di Gigi Lentini. Mauro Bonomi fu il migliore in assoluto. Una grande prestazione, non solo in difesa. Procurò anche l'assist per il pareggio di Ferrante, entrando nel cuore dei 12 mila fedelissimi presenti allo stadio Giglio.
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E alla fine, come una scena di "Death in the Afternoon", la lotteria dei rigori. Il palo di Dorigo che decreta la sconfitta e la mancata promozione del Torino. Triste la processione di bus ed auto, il rientro verso Torino nella torrida serata. E triste lasciarsi così, lasciare un allenatore competente, un uomo buono, leale, mai sopra le righe, con un senso della misura antico. Di quelli che hanno insegnato calcio e dispensato consigli durante tutta la loro esperienza professionale, senza la pretesa di aver inventato nulla. Come ha detto di recente Carlo Ancelotti: "Il portiere para, gli attaccanti devono fare goal, i centrocampisti corrono".
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"Eccolo!", e Reja mi salutò con una stretta di mano cordiale, con aria complice, come a dire io alleno, ma tu con la tua passione sei un veterano. Edoardo Reja, una bella persona.
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Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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