“Un Paese vale quel che vale la sua stampa” - Albert Camus
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Il giornalismo e le necessità del mercato
Non considerando il libero mercato il sistema perfetto per un mondo migliore, Winston Churchill invitava però a riflettere su come questo fosse in realtà il meno imperfetto per regolare ogni tipo di relazione umana. Il grande statista inglese riteneva il mondo una sorta di anticamera dell’inferno assai noioso, un luogo dove solo le grandi battaglie, e l’eroismo da esse richieste, alla fine riuscivano a dare un senso ad una vita altrimenti tesa a trovare un suo punto di equilibrio assai deludente nel vendere o nel comprare qualcosa.
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“Un giornale è uno strumento che deve stare sul mercato”, ha tuonato nei giorni scorsi Paolo De Paola, ex direttore e vicedirettore di talmente tante di quelle cose da non poter mai prendere sottogamba le sue parole. De Paola, nel corso di una animata trasmissione di un canale napoletano, ha usato queste parole per difendere “Tuttosport” e il suo attuale direttore Guido Vaciago, rei di stare portando avanti una campagna esageratamente difensiva in favore della Juventus nei noti fatti che la stanno coinvolgendo riguardo plusvalenze fittizie e presunte manipolazioni delle comunicazioni di bilancio date al mercato. “State facendo il giornale di partito che guida la protesta degli juventini” è stato il siluro lanciato in diretta da due giornalisti napoletani di fronte ad un De Paola nemmeno tanto sconvolto; in fondo non si va in casa dell’impiccato non aspettandosi di trovare una corda.
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La stampa napoletana non ha mai seguito troppo la politica dell’understatement nel narrare le vicende delle proprie squadre, e basterebbe vedere una delle tante intemerate televisive dei due giornalisti campani in questione per rendersi conto come le veementi accuse a Vaciago sanno un po’ del “bue che chiama cornuto l’asino”. Non siamo mai stato un Paese, in nessun campo, dove ci si è mai sforzati di comprendere le ragioni dell’altro, essendo la difesa degli interessi di bottega sovente l’unico motivo per cui appariamo felici di essere venuti al mondo. Trattiamo tutto ciò che si oppone ai nostri interessi o a quelli dei nostri amici come il nemico, e ogni giorno in cui il sole sorge sulla nostra terra mettiamo in scena continue rappresentazioni da “calcio fiorentino”, dove tutto è concesso e permesso pur di vincere. Di solito, negli scontri verbali e di penna, la prima cosa a risaltare agli occhi e alle orecchie è l’iperbole a carattere offensivo strisciante, i cannoni si posizionano ad alzo zero e si spara senza remore.
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Tanto c’è tempo per un eventuale pianto del coccodrillo. Cercando di allontanarci per un attimo dai dettagli delle tristi vicende giudiziarie bianconere, credo sia il caso soffermarsi per un attimo sulla Luna indicata dal dito di De Paola, provando ad andare oltre e un poco più a fondo. I giornali sono strumenti che devono stare sul mercato o sono diventati merci da stare sul mercato? La differenza non è questione di lana caprina e De Paola, che fesso non è affatto, è stato molto attento nel costruire semanticamente la sua frase. Si sa come nella vita di tutti i giorni sia sempre più difficile distinguere il reale dall’irreale, ed è diventato fondamentale avere a disposizione gli strumenti adatti per cercare di trovare un orientamento nel bel “mezzo del gelido inverno” di scespiriana memoria.
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La necessità di dare e avere informazioni non riguarda più il semplice esporre delle notizie, ma si sta spostando sul terreno del concetto di “merce” tanto caro a Karl Marx, apparentemente non tanto lontano dallo “strumento” invocato dall’ex direttore di “Tuttosport”. Se una merce, in una società retta dal libero mercato, oltre al “valore d’uso” ha anche un “valore di scambio”, ne discende come il produttore della merce possa fare di tutto perché questo valore di scambio accresca, anche adulterando in eccesso le funzioni del “valore d’uso” della merce prodotta. Siamo alle imperfezioni a cui una mente acuta e molto informata sui fatti come Churchill si riferisce quando parla delle imperfezioni del capitalismo. Nel caso di Guido Vaciago e dei giornalisti napoletani in gioco non c’è, in tutta evidenza, il “valore d’uso” nel produrre notizie, ma un “valore di scambio” che ha preso completamente il sopravvento. Ed è qui che lo “strumento” cessa di esistere lasciando spazio alla “merce”.
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Non si tratta di chiarire tutti i contorni di una storia che solo gli ingenui possono pensare riguardi solo la Juventus, non si riafferma la necessità di un “potere terzo” come il giornalismo di essere “strumento” di comprensione del mondo, ma semplicemente si corrisponde al bisogno di soddisfare la faziosità delle rispettive audience in cambio di facili click e consensi(il tutto poi tramutato in profitto, di qualsiasi natura esso sia). In tale clima si giunge, quindi, a De Paola che con voce stentorea ribadisce il diritto di Vaciago di difendere gli interessi di milioni di tifosi juventini per nulla complici con la cattiva gestione di Andrea Agnelli. E’ un passaggio delicato questo, operato da De Paola mentre i giornalisti napoletani gli vomitano tutto l’odio anti juve possibile per aumentare il loro “valore di scambio” presso i tifosi azzurri, visto come, a mio parere, il giornalista di origini partenopee commetta almeno due fraintendimenti gravi. Il primo è quello di considerare un giornale uno “strumento” di difesa degli interessi di una squadra di calcio (un giornale può essere al servizio degli interessi di una idea, non di una azienda), il secondo è ritenere lecita questa distorsione in nome del supremo interesse del “mercato”.
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Le persone sagge sanno quanto la forma sia importante al pari della sostanza, e come radere al suolo la forma non sia mai una buona idea. Traduciamo: se anche alcune cose sono vere non si dovrebbero mai ammettere, specie se queste cose vere non sono sempre così vere. Esiste anche lo strumento della responsabilità, verso il quale la società diventata dello spot e dello spettacolo fa sempre meno ricorso. Fare informazione( attraverso stampa, cinema, teatro, letteratura, saggistica, musica, ecc..) è diventato un percorso ad ostacoli talmente complesso, e con implicazioni economiche e lobbistiche tali, da non poter essere raccontato e definito con stilemi linguistici lapidari. De Paola tutto questo lo sa bene, ecco perché la sua difesa di Vaciago rischia di essere un boomerang per l’attuale direttore di “Tuttosport”, di cui ha ammesso chiaramente la parzialità nel momento in cui si è riferito alle esigenze del “mercato”. E’ legittimo, visto il contesto contemporaneo, un giornalismo parziale? Occorrerebbe avere le idee chiare per provare a formulare una risposta a tale quesito, e confesso al momento di non averle sull’argomento. Sono troppe e confuse le variabili, e le scienze sociali e umanistiche non stanno aiutando troppo a dipanarne la matassa.
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Forse dovremmo essere anche noi lettori ad aiutare la stampa, smettendo di andare alla ricerca della conferma dei nostri pregiudizi e perorando la causa del dubbio. La vista e l’udito ingannano sempre in prima istanza, e bisognerebbe distanziarsi da chi solletica i nostri eccessi di umore per aprirsi la strada al facile consenso. In questi giorni ho avuto una polemica (lieve da parte mia, feroce da parte sua, probabilmente poiché colto in flagrante) con il direttore di un quotidiano a causa di un suo articolo di commento su Nicolò Zaniolo, randellato senza pietà, con utilizzo di fake news annessa, per le note vicende che hanno portato il giocatore ligure a lasciare i colori giallorossi per poi alla fine accasarsi in Turchia. In un clima romano diventato pesantissimo(basta leggere le notizie di cronaca sul caso), il direttore in questione ha pensato bene di aumentare il “valore di scambio” del suo lavoro ignorando deliberatamente i rischi al quale stava sottoponendo un ragazzo di 24 anni, sottoponendolo ad una analisi psicoanalitica, con inaccettabili volgari attacchi personali, tra il surreale e il comico. Subito dopo lo “scontro” mi è sovvenuta una riflessione di quel grande sportivo e persona perbene che è stato Pietro Mennea: “uno sportivo non deve essere Einstein, ma un minimo ci devi provare a darti degli strumenti e non solo a gonfiare il portafoglio”.
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Mennea era figlio di un’altra Italia e di un’altra fatica, non so dire se peggiore o migliore, ma certamente più coerente e meno volgare. Scrivere un articolo è simile a fare una fotografia, in una frazione di tempo ridotto, rispetto alla velocità con cui corre l’attualità, bisogna restituire con rigore le forme e i significati degli eventi descritti. “E’ porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. E’ un modo di vivere”, direbbe Cartier-Bresson. Il giornalismo è anche un calcolo delle probabilità(Albert Camus docet), e le redazioni, mi perdonino Guido Vaciago e Paolo De Paola, non possono essere trasformati in studi notarili in attesa di sentenze “fino all’ultimo grado di giudizio”(bisogna avere il coraggio di ammettere le cose chiare, anche in assenza di sentenza definitiva). Il rischio di rimanere intrappolati nei giudizi da bar di due giornalisti napoletani in cerca d’autore è altissimo. La libera stampa non può permetterselo.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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