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Giancarlo Caselli ‘Toro, rialzati!’

La luce in fondo al tunnel. Forse. E’ quella che vede Giancarlo Caselli, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino, per sette anni alla guida della Procura di Palermo. Un numero ricorrente nella chiacchierata che...

Redazione Toro News

La luce in fondo al tunnel. Forse. E’ quella che vede Giancarlo Caselli, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino, per sette anni alla guida della Procura di Palermo. Un numero ricorrente nella chiacchierata che generosamente ci concede nel suo ufficio, una vera e propria piazza d’armi arredata con gusto piemontese, nel cuore della Procura di Torino. “Dopo sette partite a dire poco imbarazzanti, dopo che per sette volte si è subito il gioco degli altri quale che fosse il loro nome, forse abbiamo rialzato la testa” afferma leggendo alcune note scritte con la penna stilografica.

“Dopo un avvio straordinario, la squadra è come se si fosse spenta, ammosciata” dice con un tono di voce roco, contratto, che si fa sempre più deciso e sicuro mano a mano che scandisce concetti cristallini, come se stesse declinando diversi capi d’accusa. “Non è pensabile andare avanti così, anche perché al di là di ogni possibile pessimismo si rischia di essere risucchiati in una palude senza fine”. Dopo la partita di Vicenza il giudice era rimasto perplesso a sentire le dichiarazioni del mister De Biasi che diceva di aver visto progressi dal punto di vista del gioco.

Adesso è la vittoria scacciacrisi?

E’ importante, speriamo non sia un brodino. La speranza è di rispondere sì ma è presto per dirlo, ci sono ancora troppe variabili. Il gioco continua a essere una chimera, per ora. Si è rotto qualcosa, dobbiamo recuperare sei punti dalla seconda e sette dalla prima, tutto fattibile ma anche contro il Catanzaro è mancata fluidità nella manovra.

Le decisioni arbitrali non ci hanno di sicuro favorito…

Abbiamo una rosa importante che rispetto a qualsiasi altra squadra di serie B deve essere in grado di dettare gioco su qualsiasi campo, non di subirlo. Bisogna fare qualcosa e presto, che sia il pugno duro verso chi non si impegna fino in fondo o altro. Che poi ci siano insufficienze arbitrali clamorose è un altro dettaglio, per noi tifosi del Toro è un’abitudine. La preoccupazione vera viene dalla mancanza di gioco.

C’è una caratteristica del Toro che riconosce nel suo carattere?

L’essere controcorrente rispetto al “sistema”, il fare esclusivamente affidamento sulle proprie forze senza compromessi o privilegi.

Va spesso allo stadio ?

Prima di rispondere il giudice tira fuori dal portafoglio alcuni quadrati di carta e me li porge. Queste sono le diverse tessere che ho (Figc, tribuna vip), dice con un sorriso a proposito della polemica sui non inviti concessi dalla nuova dirigenza. Quella che uso è quella dei distinti granata che mi sono pagato io.

Qual è il giocatore simbolo di oggi ?

Stellone, perché nonostante i problemi di salute è quello che “si sbatte” di più. Poi Rosina, Muzzi la cui assenza però non giustifica il crollo dell’ultimo periodo.

E del passato ?

Junior, senza togliere nulla a Ferrini, Meroni, Pulici, Sala e tutti gli altri dello scudetto di Radice. Ma mi piacciono soprattutto i giocatori che sul campo “si sbattono”, cioè si dannano l’anima per il risultato, anche quando la strada è in salita.

Il Filadelfia: giusto ricostruirlo o meglio voltare pagina e chiudere con la retorica granata ?

E’ giusto fare tutto e di più per restituire la sua dignità e il suo prestigio a questo monumento che è patrimonio di tutta la città.

Chi è Cairo ?

Il Presidente che ha portato la barca fuori dalla tempesta, e che sta vivendo un momento difficile per la classifica della squadra, cui occorre rimediare su-bi-to (senza accontentarsi della “rondine” Catanzaro, che non è ancora primavera) facendo qualcosa che segni una discontinuità con la situazione attuale.

Qual è il ricordo più intenso che ha della sua vita in curva ?

E’ legato alla giovinezza, alla prima partita del Torino Talmone in B, al Filadelfia. Arrivai in ritardo, come sempre, si vede che ero già candidato a fare il giudice, dove i tempi sono lenti e i ritardi purtroppo frequenti. Fuor di scherzo, ricordo che lo stadio era stracolmo, io vidi la partita appeso a una ringhiera con questo vuoto di 5 metri sotto. La ricordo soprattutto perché quando il Torino era entrato in campo aveva già stravinto prima ancora di cominciare a sfiorare il pallone. Perché un urlo come quello di quei 15 mila, o quanti ne conteneva il Filadelfia allora, non l’avevo mai sentito prima né l’ho più ascoltato dopo. Era un urlo in cui rabbia, passione e amore si fondevano magicamente in un’emozione unica. Solo in un’altra situazione sentii qualcosa di simile: il giorno del derby dopo la morte di Meroni, quando Combin rifilò quella tripletta alla Juve.

Guardiamo al futuro: cosa deve fare il Toro per continuare a vincere?

Io sono un tifoso da bar, per cui non posso dire niente a chi opera sul campo con competenza ed esperienza. Posso al massimo suggerire di essere coerenti con il meglio fatto finora: lavorare con ottimismo ma soprattutto con rigore, senza troppa indulgenza o pazienza verso chi non dà abbastanza. Alla fine i risultati arriveranno.

Alberto Leproni