interviste

Marco Bertoglio ‘Il Toro, scuola di vita’

Iniziare a parlare con Marco Bertoglio ha un dovere specifico: l'addio a Beppe Marchetto. Un ricordo sul grande ed umano "maestro" del Filadelfia.

"Marchetto aveva una passione per il calcio e per il...

Redazione Toro News

Iniziare a parlare con Marco Bertoglio ha un dovere specifico: l'addio a Beppe Marchetto. Un ricordo sul grande ed umano "maestro" del Filadelfia.

"Marchetto aveva una passione per il calcio e per il TORO incredibili e lo ha dimostrato rimanendo sul campo sino a quando il fisico glielo ha permesso. Come allenatore, oltre alla indubbia capacità di insegnarti la tecnica di base, riusciva a trasmetterti una carica incredibile. Negli ultimi periodi, pur provato nel fisico, faceva impazzire i ragazzi che allenava, rimproverandoli spesso, per poi guardarli a fine allenamento con un sorriso dicendogli -...complimenti...oggi siete stati veramente bravi....-. Come uomo ho imparato a conoscerlo bene quando ho inizato ad allenare nelle giovanili del Toro e sono stati anni fatti di racconti, di consigli, di ricordi di quando mi allenava e di barzellette. Una frase non dimenticherò mai: eravamo nello spogliatoio prima di uno degli ultimi allenamenti della scorsa stagione e gli chiesi come stava. La sua risposta fu questa - Il dottore mi ha detto di non allenare più, ma sa che tanto non lo ascolto. Chi, come me e te, ha vissuto il Fila e questa maglia sa che se proprio deve succedere, meglio che succeda su un campo di calcio -. Ecco, questo era Beppe Marchetto".

Ora passiamo alla tua carriera calcistica. "Come giocatore ho avuto la fortuna di fare tutta la trafila, dai 7 ai 20 anni, nel periodo in cui il Settore Giovanile era il migliore in assoluto e non solo in Italia. Sono arrivato sino a fare qualche amichevole con la prima squadra, ma poi un brutto infortunio al ginocchio ha messo fine al mio sogno di fare un gol sotto la Maratona. Buona parte dei miei ex compagni di squadra hanno fatto carriera nel calcio come Comi, Cravero, Benedetti, Marco Rossi e tanti altri. Durante quegli anni, ho anche giocato nelle nazionali giovanili. A tre anni dall'infortunio ho provato a giocare nuovamente e ho vinto due campionati con la Saviglianese, Promozione e Interregionale, arrivando in C2 dove però non ho mai giocato perchè il ginocchio non reggeva. A quel punto ho deciso che con il calcio giocato era meglio smettere.

In seguito hai deciso di dedicarti alle giovanili, com'è nata questa passione?"Nel 1990 ho iniziato, per curiosità, ad allenare e l'ho fatto subito nelle categorie più piccole (pulcini ed esordienti). Ho fatto corsi di aggiornamento perchè l'aver giocato anche a buoni livelli non significa saper allenare. La curiosità è diventata passione e ho fatto la gavetta in società dilettantistiche come Victoria Ivest, Valli di Lanzo e Chieri, per poi arrivare al Toro quattro anni fa, iniziando il lavoro per far tornare il Settore Giovanile ad alti livelli".

Il Bertoglio allenatore che giudizio darebbe sul Bertoglio giocatore?"Dare un giudizio da allenatore sul Bertoglio calciatore non è semplice, ma ci provo. Giocatore non amante certo degli spazi stretti, dotato di una notevole progressione, sinistro potente, uno che non mollava mai, come si dice, uno da Toro. Disciplinato tanto da essere capitano per molti anni. Fiuto per il gol, anche se Vatta mi disse - Tu potresti essere un gran terzino, alla Sebino Nela -. Chissà, forse sarebbe cambiato il mio destino. Ma sono stato fortunato lo stesso".

Che ricordi hai del Filadelfia? "Ho avuto la fortuna di aver vissuto il Fila da giocatore. Aver respirato l'aria degli spogliatoi del Grande Torino, le nostre scarpe da gioco riposte negli armadietti in legno che trasudavano di passato, il sottopasso che portava al campo col rumore dei tacchetti. Il cortile dove gli anziani sapevano tutto di noi e riempivano le gradinate sia durante le partite, sia per gli allenamenti. Entrare al Fila come giocatore del Toro ti faceva venire i brividi e ti faceva sentire importante e questo ogni giorno. Sensazioni che non si possono dimenticare e che nessuna ruspa può cancellare. Ecco, un sogno che ho è quello di poter allenare in futuro al Fila. Sarebbero tanti i nomi da ricordare di quegli anni, ma uno su tutti è sicuramente l'avvocato Cozzolino, personaggio che a noi ragazzini faceva tremare le gambe ogni qual volta lo si vedeva sulle tribune, perchè sapevi che avrebbe avuto comunque da ridire sulla tua prestazione. Vero, anche che è stato l'artefice della nascita di quel Settore Giovanile. Era una persona di poche parole ma concreto nei fatti".

Come hai vissuto le note e tristi vicende estive, anche in virtù del fatto che ne eri coinvolto come allenatore?"Durante quel periodo ero in Toscana in vacanza, ma in contatto con Torino almeno tre volte al giorno per sapere gli sviluppi. Questo sia da tifoso granata e sia perchè, da allenatore delle giovanili, ero interessato in prima persona. Comunque in entrambi i casi l'ho vissuta con molta tensione. Forse non pensavo addirittura al fallimento, ma i sentori che qualcosa non andasse per il verso giusto c'erano. Per il Settore Giovanile c'era un disinteresse totale, nessun tipo di investimento, tante parole ma nessun riscontro effettivo. Il tutto è andato avanti grazie al lavoro di Benedetti e Comi e di chi lavorava sul campo e negli uffici. Sono tra quelli che aspettavano la fidejussione del giorno dopo con ansia, che però adesso ringraziano che non sia mai arrivata. Dico questo anche se la riduzione delle squadre giovanili, sommata al rischio di "continuità aziendale" con la vecchia gestione, non mi hanno permesso di allenare in questa stagione. Vado a vedere i ragazzini di altre squadre che mi segnala Benedetti per capire se possono essere da Toro o meno. Tutto questo con la speranza di poter ritornare a lavorare e a divertirmi sul campo con la maglia granata. In questo momento, dopo un primo periodo di grosse difficoltà dovute al fallimento, il Settore Giovanile sta dando buoni risultati grazie anche al buon lavoro fatto negli ultimi anni e credo che ci saranno ulteriori miglioramenti. Credetemi, Benedetti e Comi non hanno nemmeno un attimo di pausa. Stanno lavorando per questo obiettivo con passione e capacità".

Cosa pensi di Cairo? "Ora abbiamo un Presidente che ha ridato al Toro dignità, visibilità e una immagine pulita che, credo, siano le basi per pensare ad un futuro fatto di soddisfazioni anche se preferisco vivere alla giornata in quanto a 41 anni, col Toro ho avuto già parecchie delusioni. Cairo ha dovuto fare veramente tutto di corsa e, pensando che il tutto non si limitava solo ai 20 giocatori da mettere in rosa, mi sembra di poter dire che ha fatto miracoli".

Un tuo giudizio sul "collega" De Biasi? "Su De Biasi devo dire che mi è sempre piaciuto come allenatore e credo che porterà questa squadra molto in alto dove tutti speriamo. Ultimamente la squadra appare un po' bloccata psicologicamente, ma credo che basterebbe una vittoria convincente per tornare a vedere il Toro di inizio stagione, divertente e combattivo. Servivano dei rinforzi anche perchè oltre alla rosa limitata e ai rincalzi di valore modesto, la lista degli infortunati è sempre troppo lunga. Non credo che abbiano rovinato gli equilibri anche perchè chi è arrivato lo ha fatto con molta umiltà. Forse come unico appunto posso dire che ci manca un giocatore di qualità in mezzo al campo che sappia dare i tempi giusti alla squadra. Per il resto non credo che ci siano "rose" più forti della nostra".

Marina Beccuti