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Patrizio Sala: “Il Fila va aperto, i fischi temprano. Cairo? Teniamocelo stretto”

Esclusiva / Uno dei miti granata parla del momento del Torino prima della sfida con la Fiorentina, altra squadra in cui ha giocato

Andrea Calderoni

Patrizio Sala, uno degli eroi silenziosi del magico Toro scudettato nel 1975/1976, ha scritto alcune pagine indelebili della storia ultracentenaria granata. Uomo dalle mille battaglie, ragazzo maturato insieme a Paolo Pulici, Francesco Graziani, Eraldo Pecci, Renato Zaccarelli, Claudio Sala e molti altri miti. Domenica per lui ci sarà una sfida dal sapore particolare, Torino-Fiorentina. Patrizio ha vestito infatti la maglia viola nella prima metà degli anni Ottanta, ma su una cosa non ha dubbi: “Domenica spero vinca il Toro”, dice con il sorriso l’ex mediano.

Buongiorno Patrizio, andiamo subito al sodo. Si aspettava un altro rendimento dal Torino in questi primi quattro mesi della stagione?

“Direi che tutti si attendevano qualcosa in più, quindi anch’io”.

Che cosa non ha funzionato?

“Il Torino ha peccato di presunzione in parecchie partite. Ha perso tanti punti con squadre sulla carta inferiori. I granata hanno l’organico da medio-alta classifica, ma fin qui il rendimento e le prestazioni sono stati troppo altalenanti. L’unica gara con formazioni di primo livello completamente sbagliata è stata con l’Inter, senza dimenticare la trasferta di Roma con la Lazio”.

Quindi, dietro ai risultati non troppo positivi del Torino c’è soltanto la presunzione o, secondo lei, possiamo individuare qualche altro limite?

“Probabilmente il Torino ha in questo momento un’identità di squadra meno evidente rispetto a quella di Atalanta, Cagliari e anche Napoli, nonostante la stagione sottotono dei partenopei. Credo che sia questo che i tifosi granata imputino a Walter Mazzarri. Penso, comunque, che criticare sia semplice e nello stesso tempo chiunque allena sa di vivere costantemente sulla graticola”.

Può aver inciso l’eliminazione dall’Europa League?

“Credo proprio di sì. È stato un contraccolpo psicologico non semplice da smaltire. Ha sicuramente inciso sulla fiducia del gruppo”.

Un Toro che si presenterà alla gara con la Fiorentina probabilmente senza Andrea Belotti. Un bel guaio per i granata.

“Non c’è nessun altro elemento in rosa in grado di finalizzare come Belotti. La sua assenza si farà sentire, a maggior ragione dopo quanto successo con Simone Zaza”.

Che idea si è fatto sull’ex attaccante del Valencia?

“Penso che sia veramente difficile rispondere, perché l’unico che ha sott’occhio Zaza tutta la settimana è Mazzarri. Solo il tecnico può spiegarci le vere ragioni per cui Zaza non ha giocato nemmeno un minuto a Genova”.

Da grande esperto della mediana, che cosa pensa della cerniera centrale del Torino?

“C’è più quantità che qualità. Tanto dinamismo e buona aggressività. Manca, però, un centrocampista dai piedi buoni davanti alla difesa. Mi piacerebbe vedere il Toro con un vero regista”.

Parlando del prossimo turno, qual è il suo giudizio sulla Fiorentina?

“Non è assolutamente una delusione. Sta giocando senza una prima punta di peso. Ha un giovane prospetto molto interessante come Gaetano Castrovilli. Credo che la Fiorentina sia una buona squadra ma non completa”.

Perciò, che partita si aspetta?

“Un match nel quale mi auguro che il Toro possa vincere. Il risultato dà morale e autostima. I calciatori non sono diversi dai bambini, che quando vincono sempre si sentono più forti, sebbene magari non giochino benissimo. Lo stesso vale per il Toro attuale: deve essere concreto, non per forza bello”.

Cambiamo argomento, ma restiamo sull’attualità. Allenamenti a porte chiuse al Filadelfia. Il suo pensiero?

“Non condivido assolutamente la scelta della società e dello staff. Io ho giocato probabilmente in un’altra era storica e posso concepire la chiusura dei cancelli soltanto gli ultimi due giorni della settimana, quando si provano le palle inattive e gli schemi. Se si vuole il supporto del tifoso, bisogna accettarlo sempre, anche e soprattutto quando le cose vanno male. È troppo facile prendersi soltanto gli applausi e gli incitamenti. Bisogna sapere incassare qualche fischio, anche in allenamento”.

Ma non può essere controproducente allenarsi con un’atmosfera pesante intorno?

“No, anzi è il contrario. Io ho la mia teoria a riguardo. Penso che possa essere allenante dal punto di vista mentale prendere qualche fischio durante gli allenamenti. Ti temprano in vista della partita. Il giorno della gara senti meno il disturbo di un fischio o di un coro non troppo simpatico”.

Lei, quindi, è agli antipodi rispetto alle scelte granata degli ultimi mesi.

“Come detto, ho fatto il calciatore in un’altra epoca, nella quale per me non era concepibile svolgere un allenamento senza sentire dagli spalti un bravo o una parola di rimprovero. Il Filadelfia deve essere aperto a bambini, nonni e parenti almeno fino al giovedì”.  

La chiusura del Filadelfia è uno dei motivi della contestazione ad Urbano Cairo. È d’accordo con chi vorrebbe la fine della sua era?

“Teniamocelo stretto Cairo perché non ce ne sono tanti che vogliono investire nel calcio. Le uniche alternative sarebbero il magnate russo, lo sceicco arabo o l’imprenditore americano, ma all’orizzonte non c’è nessuno. Il mio concetto è il seguente: sai cosa lasci, ma non sai cosa trovi. Io proseguirei con Cairo, anche se naturalmente di errori ne ha commessi e continuerà a commetterli, come tutti”.

Infine, in questa settimana è stato festeggiato il 113° compleanno del Torino. Lei ha iniziato la carriera al Toro, vincendo lo scudetto. Che cosa le ha lasciato la maglia granata?

“Il valore della meritocrazia. Ad insegnarmelo è stato Gigi Radice. Non guardava in faccia nessuno e premiava soltanto chi si impegnava. Poi, aver vestito la maglia del Toro è stato vivere un sogno, quello di un bambino innamorato del pallone”.