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“Farfallino” Borel: il mito della Juventus che trasformò il Grande Torino

Memorie / Nacque a Nizza nel 1914. Ha vinto il Campionato del Mondo con la nazionale italiana nel 1934. Suggerì a Novo di variare il modulo della squadra

Andrea Calderoni

Avrebbe spento 106 candeline nella giornata di oggi, domenica 5 aprile, un uomo che ha saputo rivoluzionare la gloriosa ed irripetibile storia del Grande Torino. A Nizza in Francia nel 1914 nacque Felice Placido Borel II, che ci ha lasciato nell’inverno del 1993 da ultimo superstite dell'Italia campione del mondo nel 1934. In tanti lo ricordano giustamente come mito della Juventus: strepitoso centravanti, ha giocato in bianconero in tutto per dodici stagioni, segnando quasi 150 gol. Ma ha lasciato un’impronta importante anche sulla sponda opposta del Po, quella granata: iniziò a vestire la maglia del Torino insieme ad altre leggende come Gabetto e Bodoira nella stagione 1941/1942. Più che per le 26 presenze condite da 7 gol, il suo apporto alla causa del Torino fu significativo per un altro aspetto. È stato, infatti, lui in una riunione fiume durata tutta una notte, a convincere il presidente Ferruccio Novo a variare modulo alla squadra, passando dall’ormai sorpassato metodo al più moderno sistema. Per capirne di più il rimando è alla nostra rubrica nel Segno del Toro, curata da Stefano Budicin, che ha perfettamente spiegato il passaggio dal sistema tolemaico a quello copernicano del gioco del Torino.

CARRIERA - Borel, dopo la fine dell’epopea del Grande Torino, tornò da allenatore nel 1951 collaborando con Bigogno e poi prendendo le redini della squadra dalla 26° giornata della stagione 1950/1951. Prima di restare nel mondo del calcio sotto altre vesti, però, Borel era stato un grandissimo centravanti di naturale eleganza. Si è fatto le ossa e ha costruito una buona fetta della propria carriera al di là del Po con la maglia della Juventus. È cresciuto nel vivaio bianconero ed è passato in Prima Squadra ad appena 18 anni. Tuttavia, la gratificazione più grande è stata vincere il primo Campionato del Mondo della storia della nazionale italiana nel 1934. Borel era il secondo di due fratelli, entrambi calciatori (così si spiega il Borel II in apertura di pezzo).

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RICONOSCENZA - Qual era il soprannome di Borel II? I più esperti di voi si ricorderanno che il suo appellativo era “Farfallino”. Un soprannome legato al suo stile di corsa e di gioco: come una linea spezzata, il volo di una farfalla, concluso in area da un tiro o da un tocco o da uno stacco buonissimi per mandare a vuoto i difensori. Felice, che oggi avrebbe compiuto ben 106 anni, era un rampollo di una famiglia borghese: Borel aveva studiato, a Torino, presso i Salesiani, che "gli avevano insegnato la virtù della riconoscenza". Probabilmente proprio per questo, all’indomani della tragedia di Superga, tornò da allenatore al Torino. La creazione di quella squadra da Leggenda se la sentiva un po’ sua e quando il fato la vinse decise di rimettersi a disposizione con enorme riconoscenza.