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Ardito ospite d’onore a Bormio: “Cairo è intelligente e ha imparato. Mazzarri al top”

Le parole / L'ex centrocampista del Torino a 360°, dai ricordi del passato alla situazione attuale del Torino

Marco De Rito

Ospite d'onore da qualche giorno a Bormio, Andrea Ardito -  un giocatore simbolo dell'inizio dell'era Cairo (con il Torino centrò la storica promozione 2005-2006) - si concede a un'intervista ai microfoni dei giornalisti presenti a Bormio.

Quale ricordo hai delle due stagioni in granata? E quale il momento più bello?

"Un ricordo bellissimo. Penso siano le mie due annate a livello personale di prestazioni e continuità migliori ad alti livelli. A Siena avevo fatto molto bene, ma poi mi sono rotto il crociato. A Torino è andato tutto bene, poi è una piazza talmente bella e calda che ti resta dentro. Anche a livello mediatico è la più importante in cui sono stato. Sono ricordi unici. Non c’è un solo episodio, ma almeno 3 che mi rimangono dentro. La prima partita con l’Albinoleffe, eravamo una squadra composta da giocatori arrivati quella mattina, alcuni due giorni prima. Io arrivavo da due anni di infortuni, altri titolari anche, c’era caldo, almeno 30 mila tifosi. Lì abbiamo dimostrato come nel calcio che la tattica conta, ma se metti cuore e passione... Tutto diventa più facile. Il secondo è la finale playoff contro il Mantova; mi ricordo i brividi che avevo appena entrato (era in panchina ad assistere al match essendo infortunato ndr), con mia moglie ricordiamo quella giornata lì ogni tanto. L’abbiamo vinta noi quella partita, ma se non ci fossero stati i tifosi, non avremmo vinto con quel risultato. Il terzo è l’altro Torino-Mantova di quell’anno. Arrivavamo da due mesi e mezzo senza vincere una partita. Avevamo appena perso a Piacenza ed eravamo usciti dalla zona playoff, incontrammo il Mantova e il 2-0 aprì a un filone importante di 9 vittorie in 10 partite".

Dopo la sconfitta dell’andata a Mantova, quale fu la reazione del gruppo?

"Ci ricordiamo tutte le ore che sono passate dal fischio finale a Mantova alla gara di ritorno. La sera non abbiamo neanche dormito. Ci siamo messi su un piano dell’albergo a parlare davanti a qualche birra. Eravamo un gruppo spettacolare. Secondo me quella sera lì si creò la forza per reagire. E poi durante la rifinitura a Borgaro prima della partita di ritorno ci fu la svolta. Arrivarono 2000 tifosi a parlarci per chiederci solamente di dare tutto quello che avevamo e l’abbiamo dato. Quelli sono stati 3 giorni duri, ma non abbiamo mai perso la speranza, nonostante non avessimo mai perso con due gol di scarto".

Con i tuoi ex compagni siete rimasti in buoni rapporti?

"Ci sentiamo ancora, chi più, chi meno. La cosa bella è che quando ci rivediamo, come è stato qua, con il Presidente Cairo, con il direttore Comi, non sembra siano passati 13 anni. C'era un'empatia particolare, bella. Si discute di quanto successe anche a distanza di anni".

Quanto è cambiato il Torino?

"A partire dal livello di staff e di organizzazione, la società è cresciuta tantissimo. Ci voleva tempo. Il presidente è stato bravo a non perdere fiducia nei momenti difficili". 

Anche Cairo è cambiato tanto...

"Il presidente è una persona intelligente, lui è riuscito a crescere. Non è stato aiutato dall’essere arrivato e aver vinto subito, perché così si rischia di pensare che sia tutto semplice. Ha tastato lui con mano quanto è difficile con la retrocessione in Serie B".

Come ha ritrovato il presidente Cairo?

"Il presidente l'ho ritrovato carico. Si parlava prima di empatia, con la tifoseria si è ricreato un po' il rapporto che è stato un po' altalenante. Credo che questa sia la squadra più forte che abbia costruito in questi suoi anni e i risultati gli hanno dato ragione".

Qual è il tuo futuro? L'anno scorso hai allenato il Seregno in Serie D.

"Già a fine carriera avevo voglia di iniziare ad allenare. Mi fermavo a fine allenamento con i compagni per provare ad aiutarli a migliorare. Ho già fatto il collaboratore in prima squadra, quest’anno ho avuto la prima esperienza in Serie D. Sicuramente è molto diverso da fare il giocatore, perché il calciatore quando finisce l’allenamento può staccare la testa, ma l’allenatore no. Ma è una cosa che mi piace e l’affronto con grande entusiasmo, come ho sempre fatto in carriera. Per il prossimo anno? Per ora sono fermo, il Seregno ha cambiato proprietà e dunque siamo andati via. La voglia c’è sempre, come vi dicevo non staccherei mai. Sono venuto qua perché ho voglia di calcio e perché così posso guardare gli allenamenti di uno degli allenatori più bravi d’Italia".

Molti tuoi ex compagni ora sono allenatori..

"Quando avevamo dei ragazzi della Primavera che arrivavano con dei difetti e dopo 6/7 mesi ne avevano ancora di più. Questo mi faceva impazzire. Del gruppo del Toro, tanti allenano, altri fanno il direttore sportivo, come Ferrarese. Era un gruppo forte a 360°, formato da uomini veri e c’erano tanti allenatori in campo. Questo è stato fondamentale per i risultati che abbiamo ottenuto. Gli allenatori contano, ma sono i giocatori in campo a fare la differenza, trovando le giuste soluzioni". 

Eri molto allenatore già all’epoca.

"Fisicamente sono piccolo, tecnicamente non sono un fenomeno. Quindi per me tutto partiva dalla testa, dall'applicazione. Io ho una passione smisurata per il calcio. Quest’anno allenavo in Serie D e cercavo di essere più professionale possibile, anche se lo staff era composta da me, il preparatore e il preparatore dei portieri. Preparavamo bene la partita, facendo i video delle nostre partite e guardando i video della squadra avversaria. A volte mi svegliavo alle 5.30 del mattino per lavorare, anche perché poi dovevo stare anche con la famiglia".

Può essere rinforzato sul mercato  il Torino?

"Ogni anno le squadre fanno qualcosa per cercare di migliorarsi. Il presidente, il direttore e il mister cercheranno di migliorarsi. Anche perché sarà un campionato lungo e duro, quindi qualcosa potrebbe servire".

Tu saresti disposto a fare il Settore giovanile in un grande club?

"Io ho iniziato ad allenare da 4 anni, che non è né poco né tanto. Io voglio cercare di migliorare. La preferenza va ad una Prima squadra, perché c'è più responsabilità. E io mi nutro di pressioni e di responsabilità. Ma la precedenza va alla possibilità di lavorare bene, che è una cosa fondamentale. Fare una Prima squadra in Serie D non vuol dire avere la garanzia di poter lavorare meglio rispetto a un Settore giovanile di un club importante. Ci fosse l'opportunità quindi la prenderei in considerazione".

Come hai visto la squadra, visto che si sta preparando a un impegno importante come l'Europa League?

"Quello che sto vedendo è un grandissimo clima tra i giocatori, scherzano, ridono. Poi, ovviamente, quando c'è da allenarsi lo fanno seriamente. E' un po' il proseguimento dello scorso anno, alla fine la squadra è quella dell'anno scorso. Anche dal punto di vista degli allenamenti, non si deve fare chissà cosa per inserire giocatori nuovi. Quello che mi ha colpito di più di Mazzarri è la fiducia che ha nello staff. Più volte si vedono allenatori che fanno tutto da soli, come Spalletti all'Inter. Invece, lui dà molto spazio ai collaboratori e così questo clima positivo della squadra è anche frutto della fiducia che il mister dà a tutti. Chiunque, in queste condizioni, è spronato a fare di più".

Prima ricordavi del periodo nero di risultati quando eri al Toro, era stato figlio della preparazione? A tal proposito un ritiro anticipato può creare problemi?

"Per quanto riguarda quell'annata lì, tutti arrivavamo da altre parti, quindi avevamo già fatto una preparazione. Nel mercato invernale erano arrivati 8 giocatori nuovi e andavano subito inseriti. Così alcune certezze che ci eravamo creati le avevamo perse. Era una situazione difficile da gestire con la pressione che ci può essere a Torino. Eravamo stati costruiti per vincere, ma non era semplice. In quel periodo dovevamo ricreare un gruppo. Per quanto riguarda l'attuale preparazione, non sarà semplice tenere i ritmi elevati per tutto l'anno. Quando ero a Bologna avevamo iniziato molto prima per l'Interrotto. L'Atalanta, però, ha dimostrato che si può fare. Il Torino quindi ha la possibilità di fare bene".

Secondo te, affrontare ai preliminari una squadra fisicamente più preparata, dovrebbe portare il Toro ad attirare strategie particolari per gestire le energie?

"La strategia nel calcio è semplice, bisogna scendere in campo per vincere. Non si può giocare pensando di riposare i primi 45' per poi dare di più. L'importante è che poi vengano fuori i valori tecnici".