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Cairo e il gatto d’ Angora

Dopo tanto amore, è arrivata la crisi. Il continuo ricorrersi di voci sulla cessione della società, l’aumento della quantità di mail sempre più scettiche sull’operato del presidente e il persistere del...

Redazione Toro News

Dopo tanto amore, è arrivata la crisi. Il continuo ricorrersi di voci sulla cessione della società, l’aumento della quantità di mail sempre più scettiche sull’operato del presidente e il persistere del nervosismo fra i giocatori segnano il punto più difficile della presidenza di Urbano Cairo. Solitamente si dice che se l’erba si muove qualche motivo c’è, ed è innegabile che il manager alessandrino abbia le sue responsabilità. Cairo in questo momento si trova di fronte a un gatto di Angora, ovvero uno di quei mici che all’inizio, per farsi prendere sembrano piccoli, dolci e mansueti, poi una volta raggiunto l’obiettivo di entrare in casa, al caldo, cominciano a tirare fuori gli artigli e a fare disastri. La piazza rumoreggia per motivi che è lo stesso Presidente a fornire. Il tanto sbandierato progetto mai spiegato in pubblico ma solo ai giocatori e a qualche manager, il continuo tira e molla con le istituzioni locali sulla questione, delicata, degli stadi, il tutto abbinato a una gestione societaria che ha portato al flop del mercato di riparazione, dopo quello estivo, con Tosi dimissionario per qualche ora e De Biasi cacciato a tre giorni dal via.

"Cairo paga indubbiamente una gestione molto verticistica e accentratrice della società granata, dove non si muove foglia senza che lui lo voglia o lo venga a sapere nel giro di poco. Questo di per sé sarebbe già un limite in caso di residenza sulla piazza torinese, lo diventa ancora di più se si vive nella città che non è mai stata molto amata dai torinesi e da un certo ambiente nel quale sono nate, guarda caso, le prime voci di un disimpegno del patron dalla società. Voci che Toronews ha finora ritenute prive di fondamento e credibilità, perché non sono compatibili con il percorso e con gli interessi del manager alessandrino. Togliamoci dalla testa che Cairo abbia comprato il Toro per spirito umanitario, lo ha fatto per guadagnarci e questo gli è riuscito perché ha saputo investire tempo, denaro e risorse con intelligenza, meritando sul campo anche la fortuna avuta finora. Né, al momento attuale, sta lesinando sforzi con i giocatori che, nel ritiro di Desenzano, continua a confessare, a motivare, a mettere di fronte alle proprie responsabilità, facendo pesare tutto il bene fatto a loro a fronte degli innegabilmente scarsi risultati ottenuti in cambio. Merita quindi il massimo rispetto, perché senza di lui oggi non avremmo di sicuro un Toro in serie A che, seppure in malo modo, sta giocando e ha ancora buone probabilità di rimanere nella massima serie dopo neanche 18 mesi dal fallimento. E questo non perché ci siano in circolazione squadre più scarse e il livello del campionato sia fra i più bassi degli ultimi anni. Ma perché i giocatori, pur non essendo dei fenomeni, una volta ritrovata la coesione, hanno tutti i mezzi per riuscire a superare questo momento. Ma devono trovare in primis la concentrazione fra di loro, senza perdere tempo in goliardate che possono essere facilmente strumentalizzate soprattutto da chi non vuole il bene del Toro.

"Il Presidente poi deve trovare il tempo e il modo di spiegare al meglio con i fatti cosa intende fare in futuro, sia per quanto riguarda un settore giovanile dove se si comincia a raccogliere qualche risultato, c’è bisogno ancora di molto lavoro, sia nel rapporto con la piazza. Se la circospezione con cui si è mosso inizialmente sulla vicenda stadi poteva essere applaudita come atto di saggezza, adesso non basta più. La piazza chiede un segnale forte, chiaro e preciso. Il primo punto di partenza è un risultato positivo sul campo con Chievo prima e Cagliari poi, ma non basta. Ci si deve muovere a livello societario. I tifosi sono sempre stati ben disposti nei confronti del Presidente che ha meritato questa stima, tuttavia adesso aspettano anche una risposta basata sui fatti. Nell’attesa l’unica cosa che si può fare è sperare che da Verona giungano i primi segnali positivi e sostenere una squadra che ne ha bisogno e che però non ha nemmeno più alibi.