"Avversario ostico, per il Torino degli anni '30 è il Milan, o Milano come venne invitato a rinominarsi negli anni del regime. Squadra che per molti versi presenta una storia simile a quella del Toro: entrambe fondate da un mix di stranieri e italiani (Herbert Kilpin, fondatore del Milan, all'inizio degli anni '90 dell'800 era stabile a Torino, dove calciava difendendo i colori dell'Internazionale Torino) e seguite da un caldo tifo popolare e proletario (i tifosi rossoneri, formati soprattutto da manodopera operaia e poco inclini al lavoro di concetto, vennero ribattezzati casciavit dai più bauscioni nerazzurri). Entrambe le squadre potevano inoltre vantare uno stadio di proprietà: se il Filadelfia accompagnava le gesta granata, nella "capitale morale" il Milan aveva casa in uno stadio periferico destinato a diventare uno dei templi del calcio: San Siro, che molto presto i rossoneri cederanno al comune di Milano (che trasferirà lì anche le partite casalinghe dell'Inter, sradicandola dalla centralissima Arena).
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Il Toro e le sfide con il Diavolo
Vej Turin / Sfide tra metropoli
"Dopo tre titoli vinti nei primissimi anni del '900, il Milan non riuscì più a imporsi in vetta alla classifica. Spesso relegati a metà classifica e considerati al pari di una nobile decaduta, i rossoneri videro nascere e (a volte morire) astri calcistici e squadre vincenti, osservando e spesso regalando zampate, colpi di coda importanti per decidere le classifiche finali.
"Già negli anni '20 il Toro dovette sudare e correre contro il Milan, conquistando a Milano lo scudetto grazie a un Baloncieri al culmine della sua leggenda. Negli anni '30, le sfide si fecero sempre più difficili. I rossoneri inflissero ai granata pesanti rovesci (si ricorda un 6-1) o vittorie beffarde (4-3), anche se molti furono i pareggi (addirittura in bianco). L'8 aprile del 1934 fu il Toro a beffare il Milan al Filadelfia, con un pareggio siglato all'ultimo minuto da Silano (autore di tutti e tre i gol granata): un calcio di punizione al limite dell'area calciato sopra le teste della barriera e finito dritto in rete. Un punto importante per un Torino intento a salvarsi in una delle sue stagioni più difficili.
"Nella stagione 1935-36, quella della coppa Italia, il Toro in casa sconfisse il diavolo per 2-1 dopo un primo tempo dominato dai rossoneri, scesi negli spogliatoi in vantaggio di 1-0. Così, quando il Toro tornò sul campo senza aver mutato nulla del suo assetto tattico, molti tifosi iniziarono a pensare al peggio. E invece il Toro iniziò a giocare. D'assalto, come nel suo stile, arrembando verso l'area rossonera con una foga tale da risvegliare immediatamente anche il tifo sugli spalti. Al quarantasettesimo il Toro pareggia. Calcio d'angolo, tiro di Bo che si schianta contro la difesa, palla ripresa da Prato che smazza fuori per il nuovo traversone, questa volta su Baldi, che si libera degli avversari e segna con un rasoterra chirurgico. Stordito il Milan annaspa e il Toro colpisce. Ancora Baldi, due minuti dopo il pareggio, con una bordata verso Zorzan, portiere rossonero, che prova a parare goffamente prima di vedere, amaramente, la palla ruzzolare oltre la linea: 2-1 per il Toro che, tremendisticamente, rovescia la partita in soli tre minuti, dopo aver lasciato campo e palla agli avversari per tutto il primo tempo. I granata non si fermano qui e fino alla mezz'ora del secondo tempo prendono a pallate gli avversari, chiudendoli nella propria area e impegnandoli in continue mischie sulla riga di porta.
"Nel campionato successivo, 1936-37, il Toro arriva alla settima giornata secondo a un punto dalla vetta, tenuta dal Bologna. La partita in cartellone è ancora Torino Milan, gara che i granata affrontano senza poter schierare tutto l'undici titolare. Quel giorno il Toro si presentò con una divisa azzurra: seconda maglia dell'epoca, accompagnò il Torino in molte vittorie e per questo, in quegli anni, era scaramanticamente apprezzata. Il Toro parte all'attacco, con i guizzi che caratterizzano la squadra degli enfantes teribles (sostenuta muscolarmente da una mediana di grande forza quale quella composta da Gallea, Ellena e Allasio) e già dalle prime battute il vicentino Zorzan (ancora lui tra i pali del Milan) capisce che il pomeriggio sarà assai lungo da passare. All'ottavo minuto Allasio irrompe in area e cerca gloria calciando a rete. Il tiro viene intercettato nel batti e ribatti della difesa ma la palla resta lì ed è Prato a spedire la sfera in rete. Il Toro vince contrasti a metà campo, imposta il gioco e si dimostra nettamente superiore all'avversario. Decide allora di abbassare il ritmo, siamo a metà del primo tempo, e il Milan si rifà sotto, sfruttando le lacune difensive che per una squadra a forte trazione anteriore (quale quel Torino dimostrava di essere) sono un fisiologico tallone d'Achille. Si arriva così al pareggio rossonero di Capra. Il Toro riprese a caricare e Buscaglia e meno di dieci minuti dopo il pareggio si riportò in vantaggio i granata concludendo al meglio un'azione corale. Il secondo tempo iniziò, per i tifosi granata, sotto il segno del nervosismo. L'arbitro si rese protagonista in un paio di vicende (un rigore non dato al Toro per un fallo di mano in area milanista, non visto dal direttore di gara). Al cinquantasettesimo fu ancora Buscaglia a far respirare i tifosi sugli spalti: traversone di Prato in area e l'avanti granata non si fa pregare: è 3-1 ed è festa sugli spalti: il Toro è ancora secondo a inseguire il Bologna e lo Scudetto.
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