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Leòn l’amuleto: ”Ddm e Bianchi, qui per voi”

di Salvatico/Lucania

Dopo Coppola, ecco presentarsi Leòn, al secolo Julio César Leòn Dailey. Trent’anni tra quindici giorni giusti, alla nona squadra in nove anni in...

Redazione Toro News

"di Salvatico/Lucania

"Dopo Coppola, ecco presentarsi Leòn, al secolo Julio César Leòn Dailey. Trent’anni tra quindici giorni giusti, alla nona squadra in nove anni in Italia, nazionale honduregno con la fondata speranza (e non sono certo in molti, tra i suoi nuovi compagni di squadra, a poter sognare altrettanto) di disputare i Mondiali 2010, Julio è un ragazzo dalla simpatia innata.

"Si inizia parlando di…Coppola. E’ aggressivo in allenamento come lo è in partita? “ -risponde con sicurezza- lo è. In partita, poi, è insopportabile, sono felice di non doverci più giocare contro…”. Ma veniamo a lui. Leòn viene spesso definito un “amuleto”, e la ragione è presto detta: addirittura quattro promozioni in Serie A, nella sua carriera. Lui rifiuta l’etichetta, e spiega che “la B è molto faticosa, e va conosciuta; io la conosco. Ci vogliono grandi unione ed entusiasmo. Se mi sta stretta? No, sono felice di essere qui, è una realtà difficile ma, dicevo, so come affrontarla”. Ora c’è la Nazionale: “Non so quanto ci metterò ad integrarmi al meglio nel gruppo, quando tornerò inizierò a lavorarci”, dice.

"Veniamo alla sua collocazione in campo. Oltre a quella di “amuleto”, Leòn ha anche la nomea di “jolly”, e non la respinge: “Io sono nato trequartista. Poi, in Italia, mi sono adattato a giocare sull’esterno, ma mi trovo bene anche come seconda punta. In ogni caso, decide il mister”, chiude, ripetendo il “mantra” del calciatore. E la specialità honduregna della casa, sono gli assist? “ -dice- e dovrò accontentare tutti e due gli attaccanti; per fortuna li conosco entrambi, questo è un vantaggio”, ricorda. Già, perché Leòn ha giocato, nella “sua” Reggio Calabria, sei mesi con Bianchi e diciotto con Di Michele. Un vantaggio, come dice lui.

"La Nazionale dell’Honduras è qualcosa di estremamente importante per il neoacquisto granata. Non teme di perderla, come era stato paventato nelle ultime ore: “A Parma giocavo meno, e c’ero comunque dentro; qui, spero di trovare la continuità”. Come ha fatto Foschi a convincerlo? Non ce ne sarebbe stato particolare bisogno, a sentire le sue parole: “Torino è una piazza prestigiosa, ne ho sempre sentito parlare, ora spero di darle tanto”. E se non Foschi, Colantuono la chiamava? Schietta e divertita la risposta del trequartista: “Mi chiamava? Mi martellava di telefonate!”. Ultima nota di “colore”, anzi di carattere: gli stranieri del Toro, nell’ultima stagione, erano fondamentalmente mitteleuropei (svizzeri, francesi, austriaci). A Leòn viene chiesto se il suo essere “latino” potrà portare quel po’ di ironia e divertimento che spesso sono mancati, e il giocatore non vorrebbe deludere le aspettative neppur in tal senso ma, anche qui, dice la verità: “Mi spiace, io non sono il classico sudamericano; sono calmo… Il massimo che faccio è mettermi a ballare negli spogliatoi!”, chiude.

"(foto torinofc.it)

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