"La tournée sudamericana del 1929 non fu troppo fortunata sul campo. Se negli anni dieci il Toro era riuscito a imporsi, quindici anni dopo si notò un'inversione di tendenza. Due i motivi: il tasso tecnico delle squadre sudamericane in rapida ascesa come dimostrarono l'anno successivo gli uruguagi vincendo la coppa del mondo e l'impegno ormai richiesto dal campionato italiano, ben più lungo e difficile del 1914.
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Toro e Juve a braccetto? E’ successo anche questo…
Vej Turin / Dalla seconda tournée sudamericana alle partite a fianco dei rivali cugini
"Il 28 luglio 1929 il Torino iniziò la tournée giocando contro la Nazionale argentina. Quando alle 14:50 l'arbitrio fischiò l'inizio del match ben 15 000 persone gremivano gli spalti. Tra loro italiani e, ovviamente, figli di immigrati: seguire il Toro per loro significava ricreare un legame con la terra d'origine, un nodo intercontinentale incarnato da un giocatore in particolare, l'oriundo Libonatti. Il Toro scese in campo tra le ovazioni, portando una bandiera argentina. La partita fu combattuta e gli argentini passarono alla mezz'ora. A inizio secondo tempo Bosia compì un mezzo miracolo, poi niente fino al novantesimo. Poche soddisfazioni anche nelle partite successive: cinque sconfitte, due pareggi e due vittorie (contro Independiente e Lega Rosariana). A settembre i granata proseguirono la tournée in Brasile: tre sconfitte e un pareggio. Ma se sul campo i risultati si rivelarono modesti, sul piano pubblicitario e su quello economico si trattò di un successo: già l'anno precedente, durante i primi contatti tra Argentina e Torino, si vociferava di un ingaggio fissato intorno al milione di lire.Le amichevoli di lusso erano ancora molto in voga sul finire degli anni '20 nonostante i calendari, sempre più fitti, le relegassero in periodi estivi o di sospensione dei campionati. In questo contesto il Toro vinse una partite che, vista con gli occhi di oggi, sa di leggendario. Il 23 settembre del 1928 i Campioni d'Italia sconfissero il Barcellona sommergendolo di reti. C'è un legame particolare che unisce le due squadre: entrambe furono fondate da svizzeri in due città allora fortemente cosmopolite e protagoniste della stagione dell'art nouveau. Gli elvetici ebbero va riconosciuto un ruolo di primo piano nella diffusione calcistica in Europa, un'importanza decisiva e molto spesso minimizzata quando non proprio dimenticata dal grande pubblico, più propenso a ingigantire l'apporto dei marinai britannici.In quel pomeriggio di settembre i Campioni d'Italia distrussero i blaugrana per 5-0: tra i migliori in campo Baloncieri, Janni, Monti e Bosia. Il Toro dominò su ogni centimetro del campo, mentre sugli spalti 25 000 spettatori assistettero al gioco della macchina perfetta. Dopo una sicura parata di Bosia aprì le danze Rossetti, al diciassettesimo, e per dieci minuti le folate offensive del Toro misero scompiglio nell'area dei padroni di casa, che incassarono ancora con un colpo di testa di Colombari. Rossetti segnò ancora, con un tiro tagliato dalla sinistra e al trentaseisimo il Toro era avanti di tre gol. Un rullo compressore. Nel secondo tempo la partita non cambiò: le offensive del Barcellona vennero contenute e spente in angolo, quelle del Toro si mantennero letali. Al settimo Libonatti scucchiaiò da venticinque metri il 4-0 realizzando più tardi l'ultimo punto, dopo aver bruciato i terzini spagnoli e insaccato elegantemente. Tutto lo stadio applaudì i Campioni d'Italia, saliti in cattedra a insegnare calcio. Anche la rivincita, giocata l'indomani, terminò in modo non dissimile: vittoria del Toro per 4-0.Se pensare oggi a una sfida tra Torino e Barcellona può sembrare un sogno, ancora più strano è immaginarsi giocatori di Torino e Juventus scendere in campo insieme, nella stessa squadra: la Rappresentativa torinese. Furono almeno due le occasioni in cui bianconeri e granata unirono le forze in quegli anni: nel 1926 e nel 1930. Non si trattò di una novità: negli anni si contarono molte rappresentative (la prima, il 6 gennaio 1898, giocò e vinse a Genova quella che per molto tempo venne considerata la prima partita di calcio italiana ufficiale e documentata) ma queste colpiscono per i nomi che le composero. Nel primo caso, il 12 settembre 1926, si trattò di una partita benefica per la famiglia di Karoly, allenatore juventino stroncato da un infarto. Contro una rappresentativa di ungheresi residenti in Italia (guidati dal bomber magiaro Hirzer, bianconero dal mostruoso bottino di 35 reti in 26 partite) Libonatti, Aliberti (capitano della rappresentativa) e Janni difesero il buon nome della città, imponendosi per 5-1. Proprio il Libo, perfettamente a suo agio con Munerati, siglò con una doppietta i primi due gol della partita. Il terzo, nella ripresa, portò la firma di Janni; chiuse il match Munerati con una doppietta.Il 1° gennaio 1930 la Rappresentativa ospitò l'Hungaria, in tournée in Italia. La squadra torinese unì la difesa granitica bianconera (Combi, Rosetta e Caligaris) all'implacabile attacco granata (Baloncieri, Libonatti e Rossetti, arricchiti da Mumo Orsi) per comporre un vero Dream Team. Vinsero i padroni di casa per 2-1, giocando su un fondo ghiacciato e in mezzo alla nebbia. I due gol furono la sintesi di questo mix vincente: il primo vide Baloncieri tagliare fuori mezza squadra ungherese con un lancio verso Orsi, che a sua volta avanzò fino a mettere in mezzo un pallone da spingere in porta. Ci pensò Libonatti e fu 1-0. Al pareggio ungherese rispose Baloncieri, di testa, su calcio di punizione battuto da Caligaris. Con calciatori simili nelle sue squadre, Torino non poteva non essere, in quegli anni, la capitale del calcio italiano.
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