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E io lo so, perché non resto a casa

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Sotto le granate / Non resto a casa perché il Toro anche questa volta, anche contro il Chievo, vince
Maria Grazia Nemour

Ma non resto a casa anche perché mi piace percorrere corso IV Novembre e osservare i ragazzi, i pensionati e i bambini che camminano verso lo stadio con le loro sciarpe granata al collo, mi piace seguirne i gesti, le mani che si infervorano e forse spiegano di Parigini, Miha, Belotti. Chissà.

Mi piace insistere per andare a prendere ancora un caffè mentre già qualcuno sbuffa che è tardi, ci perdiamo le formazioni. Che invenzione, gli amici che incontri allo stadio.

Non resto a casa perché voglio rispondere “Falque” per almeno dieci volte a Venneri che urla “Iago”. Due gol in cinque minuti sono galvanizzanti, se poi uno è bello, di testa, e l’altro è bellissimo, con Falque che rientra sul sinistro e d’interno mira al secondo palo, imprimendo una traiettoria magica al pallone, ecco, se succede questo, meno male che non sono rimasta a casa! La stessa stregoneria di Ljajic nel gol contro il Palermo.

Ljajic, giusto, parliamo di Ljajic. Il più grande limite al talento sconfinato di Ljajic è forse proprio Ljajic. Il suo carattere. Spintonare quello spocchioso di Cacciatori è stato piuttosto stupido da parte sua, soprattutto a inizio partita, rischiando più di un giallo. Vero, che essere perfetti è estremamente noioso e Ljajic è il nostro dieci, però ci si può lavorare.

Tocca aspettare un po’, ma alla fine sulla sponda del fiume passa il cadavere di Cacciatori, che viene espulso dal campo, lasciando un vuoto che non sente nessuno.

Il vuoto arbitrale si è sentito di più, invece. C’era l’arbitro, sì? Ah, ok, erano in sei tra presbiti e miopi.

Miha lo deve aver registrato all’ufficio brevetti il primotempotoro e con il Chievo, lo ripropone nella sua variante più accattivante, il due a zero. Il Chievo sa rimaner compatto, ben chiuso in difesa e pronto in attacco, soprattutto verso il finale, ad effetto svaporato del primotempotoro, quando i granata avvertono un gran bisogno di zabajone.

Barreca è un capriolo di agilità, efficace ed armonioso nei movimenti. Barreca è un semino piantato, annaffiato e fiorito nel Toro. Barreca, è uno dei motivi per cui non resto a casa.

La partita la vedi perfettamente se la segui dai distinti, il punto dove l’imperatore guarda l’arena. Ma sono le curve, lo spettacolo dello spettacolo.

Non resto a casa perché non vedrei le bandiere, gli striscioni e il furore della Maratona, l’innamorata di sempre, che si muove in un unico corpo sinuoso ma palpita di non so quanti cuori.

Ma è in Primavera, che sono immersa. Io patisco il freddo, ma in Primavera ho sempre caldo. A volte mi distraggo e invece della partita seguo la curva, c’è sempre così tanto da vedere, qui. Abbracci, soprattutto. Stranamente, lo stadio è un luogo in cui ci si abbraccia molto.

Non resto a casa perché tre minuti di recupero, qui e solo qui, durano un quarto d’ora d’ansia.

Non resto a casa perché mi piace salutare il Toro che a fine partita si prende l’onda di esultanza delle curve, e anche se gli amici hanno fretta, perché se non esci subito poi c’è bolgia, non importa. In fondo anche la bolgia, mi piace. Il Toro è quarto. Per poco ok, è stato il primo a giocare nel fine settimana. Ma non importa, mentre canto nella bolgia, è quarto.

Non resto a casa perché allo stadio mi porto dentro qualcuno che non ci potrà venire più, qua. Non resto a casa perché è una goduria e una delizia, vedere il Toro vincere, ma c’ero anche quando

perdeva spesso, tanto, troppo. La sensazione di chi vince senza meritarselo fino in fondo non la conoscevamo ancora, ma se fa parte del gioco, prima o poi doveva sfiorare pure noi.

Insomma, ognuno lo sa, e ha mille motivi diversi, per non restare a casa.

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