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La discontinuità del Toro sta diventando una pericolosa routine

Occhi Sgranata / Torna la rubrica di Vincenzo Chiarizia: "E' giunto il momento di rompere gli indugi e di tornare ad investire su tutta la struttura societaria"

Vincenzo Chiarizia

"“E poi ti svegli tutto sudato!” Questa di solito è la classica risposta che viene data a chi, parlando dell’immediato futuro, fa pensieri ottimistici. Una settimana fa, paragonando la vittoria di Genova di due settimane fa a quella ottenuta all’Olimpico di Roma contro i giallorossi in un rocambolesco 4-5 del lontano 1993, auspicavo che nel match successivo il Toro non avesse fatto la figura come quella di 25 anni fa con il clamoroso cappotto interno contro il Cagliari (0-5!) ed in effetti il risultato è stato meno largo, ma la sconfitta del Grande Torino contro i ducali di sabato ha davvero rappresentato il classico risveglio di chi sogna troppo presto ad occhi aperti. Parlando con altri tifosi granata, nel consueto arcobaleno di opinioni tra i critici, i rassegnati, i disamorati e gli ottimisti, c’è un minimo comune denominatore che unifica tutti i punti di vista e cioè che oggi questo è il Toro. I granata non hanno la giusta mentalità, non sono capaci di tenere la tensione alta per più partite o addirittura per tutti i minuti della stessa gara e questo purtroppo accade da svariati anni. Marco Cassardo ricordava anche un episodio più recente quando il Toro tre anni fa aveva la ghiotta occasione di tornare in vetta alla Serie A dopo 38 anni (se pur per poche ore), giocando l’anticipo contro il Carpi, ma anche in quel caso il Toro perse l’occasione di ridarsi lustro. Eccoci dunque a questo punto a commentare ancora la discontinuità di un club che meriterebbe rendimenti diversi.

"E’ innegabile che da quando il Toro è in mano al presidente Urbano Cairo, il Toro sia cresciuto dopo anni di buio totale e tanta Serie B. La crescita di Cairo è stata lenta, ma costante fino all’Europa raggiunta nel 2014, se pur fortunosamente, grazie ai problemi finanziari del Parma. La vittoria al San Mames contro l’Atletico Bilbao il 26 febbraio 2015 è stata l’ultima soddisfazione degna di nota dell’era Cairo. Il derby vinto nell’aprile del 2015, pur scatenando estasi e goduria, è stata comunque figlia dello scudetto già in tasca ai bianconeri, per cui, almeno per me, non è una partita che rientra nelle vittorie degne di essere ricordate.

"E allora che fare? Occorre a mio parere che la progettualità del Toro punti su altri investimenti. Partiamo dai dati di fatto:

  • Filadelfia. Così com’è, oggi il nuovo Filadelfia è un semplice campo di allenamento. Deve essere completato con la foresteria, il Museo e con la sede sociale. Allora sì che potremmo cominciare a parlare di quartier generale granata. Ma soprattutto Mazzarri deve convincersi a limitare le sessioni di allenamento a porte chiuse. Davvero qualcuno crede che se Belotti e compagni si fossero allenati fino ad oggi a porte aperte avremmo avuto qualche punto in meno?
  • Stadio. Quando Urbano Cairo incontrerà l’amministrazione torinese per avviare un discorso di acquisizione dello Stadio Grande Torino, chiedendo un trattamento simile a quello avuto dai cugini? So che è piuttosto utopistico pretendere di avere un trattamento identico a quello dei bianconeri relativo all’area della Continassa, ma se il presidente non compie il primo passo l’ipotesi “stadio di proprietà” resterà una chimera. E’ importante che la società si attivi in questa direzione, soprattutto se consideriamo che un impianto proprio, oltre all’altra squadra di Torino, ce l’hanno Udinese, Cagliari e Frosinone, con Roma ed Empoli intenzionate a costruirne uno… dico l’Empoli, mica l'Inter! Possibile che tra i progetti del Toro non ci sia nemmeno l’idea di avere uno stadio proprio?
  • Staff dirigenziale. L’organigramma granata è molto snello. Se da un lato può essere un punto a favore, dall’altro sarebbe necessario ampliare la struttura con figure di rilievo e magari con cuori granata che sappiano cosa sia il Toro. Proprio loro potrebbero trasmettere valori importanti ai giocatori che in campo, salvo in rare eccezioni, sembrano svolgere soltanto il proprio compitino.
  • Organico prima squadra. La società quest’anno ha investito tanto ed è riuscita ad indovinare quasi tutte le scommesse come Aina, Meité e Djidji, ma al momento i pezzi pregiati Soriano e Zaza stanno facendo mancare il loro apporto. Parigini ed Edera stanno vivendo delle fasi opposte, ma avere giovani in Prima Squadra deve essere l’obbiettivo finale di Bava nel curare il settore giovanile. E Millico, fresco di rinnovo, sarà probabilmente il prossimo. Da questo punto di vista, la società deve proseguire in questa direzione.
  • "Questi a mio modo di vedere sono i punti sui quali puntare per riprendere a crescere e, magari, ambire a vincere qualcosa nel futuro prossimo. Altrimenti la discontinuità del Toro entrerà a far parte del nostro DNA. Presidente Cairo, tenga presente che il Toro merita di più e che è giunto il momento di rompere gli indugi e di tornare ad investire su tutta la struttura societaria. Altrimenti non ci stupiremo più di perdere in casa contro il Parma, squadra che a luglio 2015 era in Serie D.

    "Vincenzo Chiarizia, giornalista di fede granata, collabora con diverse testate abruzzesi che trattano il calcio dilettantistico, per le quali scrive e svolge telecronache. Quinto di sei figli maschi (quasi tutti granata), lavora e vive a L’Aquila con una compagna per metà granata.