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Lewis Hamilton sale sulla Ferrari

Lewis Hamilton sale sulla Ferrari - immagine 1
Nuovo appuntamento con "Loquor", la rubrica su Toro News di Carmelo Pennisi: "La grandezza si nutre di silenzio e di tempo, di ritenere quest’ultimo il percorso inestimabile e misterioso dove si vanno a porre tracce di argilla..."
Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 

“Prima ancora che per vincere, corro per correre”.

Gilles Villeneuve

La grandezza si nutre di silenzio e di tempo, di ritenere quest’ultimo il percorso inestimabile e misterioso dove si vanno a porre tracce di argilla che poi diventeranno saldature di luce di verità che la grandezza emana. La grandezza, quando è composizione di un furore dettato dalla passione, annulla ogni mediocrità individuale per divenire gioia collettiva. La prima foto ufficiale di Lewis Hamilton a Maranello parla di omaggio alla grandezza del marchio più famoso e più citato del mondo, e va a collocarsi davanti ad un mare di rosso, che non richiama né sensualità e neanche dolore, ma solo ed esclusivamente rigurgiti di passione e di amore. La pioggia a Maranello scende a catinelle ma lenta, quasi una “schizzechea” napoletana, ma il popolo ferrarista è giunto comunque per vedere il primo giorno del pilota che proverà a riportare il titolo mondiale in Italia. L’idea nei tifosi non è quella del dubbio, gli striscioni esposti sono quelli di chi è abbastanza sicuro che Hamilton riuscirà nell’impresa. Il rombo della “Rossa” si espande tra la “Via Emilia e il West” raccontata tra Francesco Guccini, persino la “schizzechea” pare fermarsi un attimo in segno di omaggio: questo è l’anno. “stiamo parlando del matrimonio tra un mito, Lewis Hamilton, il pilota che ha vinto più di tutti nella storia della Formula 1, e una leggenda che è la Ferrari”, dice con espressione incantata Leo Turrini, il più bravo cantore  dei nostri “motori”, colui che grazie al mito “Rosso” ancora non si è rassegnato dall’essere italiano.

Turrini è innamorato del suono del “12 cilindri”, è il bel canto trasportato dal palcoscenico dell’opera, nostra forma d’arte d’eccellenza, all’asfalto di una pista, dove i ricordi a furia di raccontarli si sono trasformati nella conferma del mito. Il pilota inglese è elegante come meglio non potrebbe nella prima foto ufficiale(che ha raccolto 4,8 milioni di like, la cifra più altra di sempre di un post instagram legato alla “Formula 1”), a dimostrazione di sentire molto questo appuntamento importante con la storia. I tifosi lo hanno abbracciato subito, perché in Italia non è considerato mai troppo l’affetto per la “Rossa”, e abbracciandolo hanno cominciato a sperare. L’automobilismo sportivo è sempre stato visto come la possibilità data a dei “kamikaze” di sperimentare la propria follia, un gettare su un immaginario tavolo da gioco la propria vita, magari quasi anche disprezzandola. In realtà la velocità ti porta per un attimo lontano da tutte le leggi della ragione, che sono apprezzabilmente terrene, codificate in un tempo ancestrale fa per difendersi dalla tentazione di provare il proprio valore. L’uomo ha sempre voluto allungare il tempo della vita, e non ha mai lesinato spregiudicatezza nell’ignorare il mistero pur di raggiungere lo scopo. “Kamikaze” non è una parola unica, in realtà è una espressione di cinque significati: “kami”, divinità; “kaze”, vento; “ka” inspirare e “ze” espirare. Sì, l’automobilismo sportivo è molto vicino al Creatore, che non ha mai considerato il tempo degli uomini una unità di misura, e nemmeno il suo consumo è mai stato molto importante.

Ma il valore sì che è  importante, e credo sin dal principio di tutte le cose. Ecco perché un pilota automobilistico non teme il momento in cui entra nella sua macchina, ovvero l’ultimo istante in cui potrebbe vedere il mondo a rallentatore: forse non è perfettamente consapevole, ma è l’incontro con il Divino che la velocità gli consente ad interessargli veramente. E cercare il Divino vuol dire essere appassionato della perfezione, un mostrare di non cercare nessun compromesso con l’imperfezione. “Fare il pilota vuol dire prendere esattamente una curva a 240 km all’ora. A 239 hai perso la corsa. A 241 hai perso la macchina”, disse una volta Jean Luis Trintignant, e l’attore francese stabilisce così come l’automobilismo sia una delle ontologie dell’esistenza, e a buon diritto. La Ferrari è ontologia esistenziale degli italiani, affascinati da uno sport dove i decimi secondi di differenza ad accumularsi vanno a postulare la differenza tra sconfitta e la vittoria. In nessun sport esiste una cosa così intrisa di ferocia e splendore, con i meccanici desiderosi di far vedere quanto siano performanti nel cambio gomme nelle fasi concitate di un “Gran Premio”. Una gara di “Formula 1” non è solo il girare monotono di un tracciato, è un quadro di eccellenze e di coraggio che si va a comporre davanti agli occhi. Bisogna aspettare che tutto si disveli, e in tutti i passi di questa attesa la meraviglia si fa largo come non avresti mai potuto nemmeno immaginare. “E’ inutile segnalarmi(dai box) di andare più forte, perché non posso. Inutile segnalarmi di andare più piano perché non lo farò”, Raymond Sommer fu il primo pilota ad accettare di correre per Enzo Ferrari, l’inizio di una avventura quasi impossibile da raccontare appieno, e che in questo momento Hamilton si starà gustando con la stessa eccitazione di un bimbo appena giunto al parco giochi. C’è la famiglia del pilota inglese ai box del circuito di Fiorano, la cronaca racconta di una emozione palpabile anche al cuore più cinico indurito.

"Ho vissuto molte prime volte: il primo test, la prima gara, il primo podio, la prima vittoria e il primo campionato… ma guidare per la prima volta una monoposto della “Scuderia Ferrari” questa mattina è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Quando ho messo in moto la vettura e sono uscito dal garage, avevo il sorriso più grande stampato sul volto… la passione (in Ferrari) scorre nelle vene di tutti, ed è impossibile non lasciarsi trascinare da essa”, e in queste parole si capisce cosa rappresenti la Ferrari per i piloti, una specie di “Camelot” che sputa benzina e prova ad acchiappare vento con la sua aerodinamica. Alla fine delle prove , Hamilton ha voluto essere accompagnato dai tifosi; cercare il contatto con qualcosa di unico come sono i tifosi della Ferrari, forse è stato un verificare che tutto sta realmente accadendo. Nessuna macchina da corsa al mondo riuscirebbe ad attirare centinaia di persone ad una prima prova di 80 km scarsi, specie in una giornata uggiosa. Era dai tempi di Michael Schumacher, che gli italiani non sentivano la possibilità di andare all’attacco del motorismo anglosassone. Siamo gli unici ad essere riusciti a farlo, siamo gli unici ad averlo sempre fatto da soli, con una automobile tutta italiana. C’è orgoglio nella nostra penisola e c’è passione, l’italiano è nato per pensare e fare automobili, probabilmente perché il viaggio è elemento costituivo della nostra identità culturale.

Inspirare(ka) ed espirare(ze), questo sarà il moto perpetuo a precedere il primo semaforo verde della Ferrari di Lewis Hamilton, lo scavallare finalmente l’ignoto per confermare il mito. In quel momento tutta l’Italia cercherà il segno della tanto attesa resurrezione del marchio più amato, e “nulla ha valore senza sentimento” scrive Leo Turrini provando a recapitare le sensazioni provate dal suo cuore vedendo il casco giallo del pilota inglese muoversi come un orologio a tempo all’interno della “Rossa”. “Lo sai che non ho mai visto la Ferrari vincere il titolo mondiale”, dice all’improvviso un giovane uomo al grande giornalista, accampato sul ponte di “Fiorano” come un qualsiasi questuante di sogni. L’attesa sta macerando anche gli animi più temperati, e l’inglese cattolico osservante (assoluta anomalia) questo lo sa bene, ecco il motivo del suo aver voluto andare incontro all’abbraccio popolare di chi ha sfidato il tempo e le tante delusioni del recente passato, pur di vederlo subito all’opera. Sir Lewis Carl Davidson Hamilton adesso tocca a te, che il Dio nel quale entrambi crediamo possa benedire il tuo talento e aiutarti nell’impresa, che tu un giorno possa arrivare alla stessa conclusione di Michael Schumacher: “ho fatto tutto quel che ho potuto per far diventare la Ferrari, la numero uno. L’intera squadra e tutti i tifosi lo meritavano”. L’Italia aspetta e sogna, il “Cavallino Rampante” è parte del suo cuore che pulsa all’impazzata. Non ci arrendiamo, no che non ci arrendiamo; fino all’ultimo chilometro e fino all’ultimo metro noi ci saremo. E questa sì che è una buona notizia.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

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