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Esclusiva

Ormezzano a TN: “Unici, dolenti e pregnanti. Questi sono i 116 anni del Toro”

Ormezzano a TN: “Unici, dolenti e pregnanti. Questi sono i 116 anni del Toro” - immagine 1
In esclusiva su Toro News le parole di un grande cantore della storia granata che celebra i 116 anni del club

Andrea Calderoni

Il Torino in questo sabato 3 dicembre spegne 116 candeline. Toro News per l'occasione regala ai suoi lettori un'intervista esclusiva a un grande cantore dei fatti granata: Gianpaolo Ormezzano. Classe 1935, è stato direttore responsabile di Tuttosport, editorialista del Guerin Sportivo e de La Stampa e commentatore di molte trasmissioni televisive. Ormezzano è anche e soprattutto un convinto tifoso del Toro.

Buongiorno signor Ormezzano. 116 anni fa nasceva il Torino. Quali tre aggettivi utilizzerebbe per descrivere la storia granata dal 1906 a oggi?

"Non ho dubbi. I tre aggettivi sono unica, dolente e pregnante".

Da grande cantore della storia granata, qual è il capitolo di storia al quale è più affezionato e perché?

"Macché cantore, ero ragazzo, patto con papà, nessuna assenza da scuola in cambio di presenza costante alle partite del Fila, fatto: ed ecco i miei invincibili".

Se invece potesse strappare una pagina di questa gloriosa storia, quale eliminerebbe?

"Facile dire Superga, ma è cosa tutta nostra e dunque preziosa. Nessuna pagina da strappare, dunque. Tanti errori ma malizia poca o niente, amen".

 Nel calcio di oggi è ancora possibile distinguersi dagli altri dicendo di essere il Toro? Come si può fare?

"Come faccio sempre. Chi capisce capisce, di chi non capisce me ne sbatto".

Il calciatore al quale è più legato?

"Agroppi. Perché sì".

E l'allenatore?

"Camolese. Perché no?".

Negli ultimi 17 anni al comando del Torino c'è il presidente Urbano Cairo. Come descriverebbe questo lungo capitolo?

"Conoscevo mamma e papà. Belle anime granata. Lui ha tante cose da fare, in una vita di editore supercapace, ad onta di problemi infiniti. Comunque al Toro ha fatto bene, e ha fatto del bene specie in un momento duro. Adesso aspetto che si ispiri di più alla grande mamma e faccia il tifoso come me, con noi e con quel se stesso che mi piace vedere quando, quasi in clandestinità, assiste, spesso incupito, alle partite".

Parlando di presidenze, è finita quella di Andrea Agnelli alla Juventus: che idea si è fatto su quanto sta accadendo in casa bianconera?

"No comment. Comunque scopro che me ne frega meno di quel che potessi pensare a priori. Mi dispiace, ecco, non poterne parlare con un mio amico davvero fraterno, Giampiero Boniperti". 

Le piace il Torino di oggi? Dove può arrivare in questa stagione?

"Possiedo e mi gestisco dentro troppo Torino, anzi, Toro di ieri, per perdermi o concentrarmi sul Torino di oggi (a cui forse basterebbe per l'Europa uno che sappia tirare in porta, e magari anche da lontano)".

Se dovesse paragonare Juric a qualche grande del passato, a chi lo accosterebbe?

"Mai creduto all'allenatore mago. Sto con Rocco che diceva: 'Importante è che noi non si faccia danni'. Comunque Juric sa di proletario e mi piace".

Cosa si augura di scrivere nei prossimi anni sul Torino?

"Ho scritto tutto in quel titolo che feci, da direttore di Tuttosport, nel maggio del 1976: 'Toro, lassù qualcuno ti ama'".