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Esclusiva

Paolo Pulici a TN: “Per me il derby era una partita normale. Ma Cuccureddu…”

Paolo Pulici al Filadelfia con la sciarpa del Torino Calcio
In esclusiva su Toro News nella settimana d’avvicinamento al Derby della Mole le parole del più grande marcatore della storia granata
Andrea Calderoni
Andrea Calderoni Caporedattore centrale 

«Quando penso al Derby contro la Juventus nelle mie orecchie risuonano sempre le parole di un grande avversario come Cuccureddu. Più di una volta mi avvicinò in campo e mi disse: “Paolo, quando giochi contro la Juve hai gli occhi granata”»: inizia così l’intervista in esclusiva a Toro News di Paolo Pulici, l'Istituzione per eccellenza del Torino, nella settimana di avvicinamento al Derby della Mole contro la Juventus in programma sabato 15 ottobre alle 18. «Sono parole che ancora oggi, dopo tanti anni, mi emozionano, come le dimostrazioni d’affetto dei tifosi del Toro - aggiunge il miglior marcatore della storia granata -. Tante volte sono i tifosi a ricordarmi alcune gesta che io non mi ricordo nemmeno».

Signor Pulici, prima di tutto come sta perché il popolo granata è la prima cosa che vuole sapere.

“Spiace solo che il Covid mi ha bloccato un po’. Devo scontentare parecchi tifosi non frequentando i club granata. Spero che la situazione si risolva per tornare a incontrare i tifosi. Mi piace parlare con loro, confrontarmi con loro”.

Perché parlare di Toro è sempre bello...

“Il fatto di sentire il bene dei tifosi è una soddisfazione enorme. Stare in mezzo a loro è bello perché si chiacchiera in modo sincero. Non ci sono bugie, si raccontano le cose come sono avvenute. Tanti mi ricordano cose meravigliose che ho fatto e che non ricordo; anche questo mi fa tanto piacere. Ecco, quando sto con la gente granata torno a casa soddisfatto e penso che la cosa sia reciproca”.

Paolo Pulici a TN: “Per me il derby era una partita normale. Ma Cuccureddu…”- immagine 2

 È vero che il derby è una partita speciale?

“Per noi il derby era una partita normale. Nel senso che ogni gara aveva il suo valore, si giocava per vincere e non c’erano alternative. Vincere il derby e perdere le altre non ti porta nessun beneficio”.

Ma la Juventus ha sempre temuto Pulici. Lei le ha segnato ben nove reti. C’è una rete alla quale è particolarmente affezionato?

“Ogni rete ha la sua storia. Per un giocatore di calcio ogni gol ha la sua importanza e il suo peso. Ho sempre faticato a fare una classifica dei miei gol. Segnare era bello, soprattutto se i gol servivano per vincere; non importava punire la Juventus, il Bologna o il Genoa”.

Quanto la rende felice essere ancora oggi un punto di riferimento, un eroe per un intero popolo come quello del Toro?

“Mi fa pensare una sola cosa: in quegli anni il lavoro che ho svolto, l’ho fatto nel miglior modo possibile. Questa è la soddisfazione più grande”.

Che risposta si è dato rispetto allo score del Torino nei derby? Ne ha vinto uno degli ultimi trentaquattro, non vince da sedici match consecutivamente.

“Si tratta soltanto di una questione di campo. Diffidate da chi dice che è una questione psicologica. La Juventus si è dimostrata superiore, ma nello stesso tempo il Torino non è stato all’altezza della situazione”.

Cosa aspettarsi sabato?

“Fatico a guardare le partite oggi giorno. Non ho troppi elementi per giudicare come stanno giocando le due squadre e su come stanno gli interpreti. Dunque, preferisco non sbilanciarmi su un possibile andamento della gara”.

Filadelfia, Pulici

Sarà il terzo derby di Ivan Juric: le sta piacendo l’operato del croato?

“Mi fa una domanda preziosa che mi permette di fare una precisazione che sento poco in giro. Alla domenica scendono in campo i giocatori, gli allenatori siedono in panchina. Sono i calciatori che decidono se vincere o perdere la partita, non l’allenatore. Se scendi in campo moscio, perdi. Come dicevano una volta, sono i giocatori che giocano e non gli allenatori”.

Il Torino in estate ha cambiato tanto: può essere un male?

“Per me non necessariamente, anche perché oggi basta che fai due belle partite e vieni definito fenomeno. Una volta per affermarti avevi bisogno di quattro o cinque campionati, adesso in un attimo sei esaltato dai media. Questa politica produce i risultati che sono sotto gli occhi di tutti”.

A Paolo Pulici è stato accostato per molto tempo Andrea Belotti. Come ha vissuto la separazione dal Gallo?

“Secondo me, lascia il tempo che trova dire che un giocatore ha dato tanto alla causa di un club. Ognuno ha la sua idea. Penso che i paragoni non bisogna mai farli. Belotti ha fatto molto bene un anno, poi cosa ha fatto? Ce lo domandiamo tutti”.

Forse queste cose sono anche figlie del calcio moderno. Dal punto di vista del gioco quanto è cambiato?

“Quello che si dovrebbe imparare oggi è un’antica lezione che mi hanno insegnato i vari Fabbri, Rocco, Giagnoni e Radice: per vincere le partite bisogna tirare in porta. La gente paga il biglietto per vedere i gol, non il possesso palla. Una volta il possesso palla era chiamato melina, ovvero perdita di tempo. Adesso in una partita fatichi alle volte a vedere un tiro verso la porta. Anche contro l’Empoli è accaduto. In mezz’ora nel secondo tempo ho faticato a osservare una conclusione granata. Noi forse tiravamo troppo ma perlomeno si ottenevano i risultati”.

 

 

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