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Cairo Vs Saputo-Commisso e De Laurentiis-Lotito: mancano soldi, idee o entrambi?

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L'inchiesta a firma Gazzetta sugli investimenti dei presidenti di Serie A serve l'assist per una riflessione interessante ed estremamente attuale
Davide Bonsignore Redattore 

Tra le pagine rosa di ieri ce n'erano due che hanno colpito una grande fetta di chi segue il calcio italiano. Porta la firma di Marco Iaria l'inchiesta che si trova su La Gazzetta dello Sport e che ha il fine di individuare le spese sostenute dai singoli proprietari delle squadre di Serie A per acquisire e gestire i propri club. Inevitabile che questa disamina abbia colpito particolarmente alcune categorie di persone, tra cui certamente quelle legate alla Lazio, al Napoli e al Torino. Ma anche quelle legate all'Atalanta, al Bologna e alla Fiorentina. Per queste ultime si tratta di squadre che hanno recentemente compiuto il salto di qualità, evidentemente supportato da grandi investimenti economici. Per le prime, invece, si tratta di squadre con presidenti italiani che hanno investito cifre relativamente "basse", pur essendo alla presidenza ormai da oltre 20 anni (Cairo quasi). Poi tra questi c'è chi ha raggiunto più risultati e chi meno...

Cairo, il confronto tra presidenti: ma allora mancano i soldi...

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L'Atalanta è diventata ufficialmente (e da tempo) una big, la Fiorentina da qualche anno si qualifica stabilmente in Conference League e punta, ogni stagione, a migliorarsi, mentre il Bologna ha fatto due stagioni da sogno, prima con la qualificazione in Champions League con Thiago Motta e poi con quella in Europa League con Italiano, conseguente alla vittoria in Coppa Italia (un trofeo!). E il Torino? Sono anni ormai che la gran parte dei tifosi granata si chiede perché il Torino non possa fare lo stesso percorso di Atalanta o più nel piccolo Fiorentina e adesso Bologna. L'inchiesta della Gazzetta fornisce un'indicazione su cui Cairo ha spesso puntato per giustificarsi: mancano i soldi. Se si spulcia tra i dati legati alle spese sostenute da Pagliuca (nuovo azionista di maggioranza della Dea dal 2022), Commisso (che ha acquisito la Fiorentina nel 2019) e Saputo (alla guida del Bologna dal 2014) è subito evidente la grande differenza con i numeri legati a Urbano Cairo (che possiede il Torino dal 2005). Per quanto riguarda i bergamaschi, infatti, investitori americani capeggiati da Stephen Pagliuca si sono assicurati l'Atalanta circa tre anni fa per un totale di 227 milioni di euro. A ciò si aggiungono i 67 milioni versati per un totale di 294 milioni spesi (in tre anni). Si muove su cifre simili Saputo, che in circa 11 anni ha speso 4 milioni per acquisire azioni e poi 288,5 milioni di versamenti. Quasi 300 milioni spesi dal proprietario dei felsinei per coprire le spese, inizialmente, e successivamente intraprendere la crescita che oggi è sotto gli occhi di tutti. Cifre ancora più elevate - frutto anche di un investimento importante di cui sotto - quelle spese da Rocco Commisso. Si parte da 143 milioni spesi per acquistare azioni e si arriva a 331 milioni tra versamenti e sponsor Mediacom. Di questi, 122 milioni sono stati spesi per realizzare quello che Paolo Aghemo a TN Radio ha definito "il Disneyland del calcio": il Viola Park. Per queste tre proprietà abbiamo mostrato cifre veramente molto elevate, versate da presidenti con patrimoni che, secondo quanto raccolto da Forbes nell'indagine risalente ormai a oltre un anno fa, superano il miliardo di euro.

...o le idee?

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A non superare, invece, il miliardo di euro di patrimonio sono i primi tre che abbiamo citato in apertura di questo articolo: Cairo, Lotito e De Laurentiis. Si tratta di presidenti italiani (a differenza di quelli i cui numeri si sono analizzati in precedenza) che sono alla guida dei rispettivi club da molto tempo: Aurelio De Laurentiis e Claudio Lotito possiedono rispettivamente Napoli e Lazio dal 2004, Urbano Cairo possiede il Torino dal 2005. Ma hanno altre cose in comune: sia Cairo che De Laurentiis hanno prelevato i rispettivi club dal fallimento, mentre Lotito ha dovuto versare circa 18 milioni per l'acquisto del 27% delle azioni. Ma comunque la Lazio non viveva, nel 2004, un momento idilliaco, a livello prettamente economico: i biancocelesti nel momento dell'entrata in scena di Lotito erano in uno stato pre-fallimentare e sono, poi, stati salvati nel 2005 grazie ad una transazione con l'Agenzia delle entrate che ha permesso loro di rateizzare i debiti ad oltre vent'anni. Tante cose in comune tra questi tre presidenti (e se ne potrebbero elencare altre) che vanno a congiungersi con l'inchiesta della Gazzetta: tutti e tre questi presidenti hanno speso molto poco (rispetto agli altri citati) per i rispettivi club. Per Lotito, ai 18 milioni già spiegati, se ne aggiungono 12 per l'acquisto di altre azioni (che portano l'attuale presidente biancoceleste a possedere intorno al 70% delle quote) e 6 di versamenti, che si sono resi necessari in tempi più recenti per risanare un deficit della Lazio legato all'indice di liquidità. Per De Laurentiis, invece, si parla di 16 milioni di versamenti (ricordiamo che ha acquisito il Napoli sul fallimento), tutti risalenti ai primi due anni di gestione, quando i partenopei partecipavano al campionato di Serie C1. Dalla promozione nel campionato cadetto in poi, invece, il club azzurro ha vissuto solo ed esclusivamente per autosostentamento. Per Urbano Cairo, poi, si parla di 1,4 milioni di euro spesi per l'acquisizione dei marchi e 70,6 spesi, invece, come versamenti (anche il patron granata non ha dovuto tirare fuori somme ingenti per diventare azionista di maggioranza, viste le condizioni in cui si trovava il Torino nel 2005). Rispetto agli altri due citati, quindi, il patron granata ha speso cifre decisamente superiori. Eppure, il Napoli nell'era De Laurentiis ha vinto due campionati, tre coppe nazionali, una supercoppa (e tre finali) e si è affermata a livello internazionale come una delle migliori squadre italiane; la Lazio nell'era Lotito ha vinto tre coppe nazionali (e due finali), tre supercoppe (e tre finali) e si è qualificata quasi costantemente alle coppe europee. Il Torino, invece, nell'era Cairo ha vinto una Coppa Pizzul e un derby. Ma quindi qual è la motivazione? Mancano i soldi o le idee?

La conclusione: Cairo, mancano entrambi?

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Se nella prima analisi abbiamo mostrato quanto la crescita di club come Atalanta, Bologna e Fiorentina (e, nei tempi più recenti, si potrebbe aggiungere Como) sia stata in gran parte supportata da ingenti investimenti, nella seconda si è potuto osservare come, seguendo l'esempio di Napoli e Lazio, sia possibile ottenere risultati sportivi anche mediante investimenti oculati e spese finalizzate all'autosostentamento della società. Quindi, se da una parte è supportata la scusa spesso addotta da Urbano Cairo, secondo cui al Torino mancano i fondi per fare buone cose, dall'altra parte sembra confermata anche la critica di alcuni tifosi, secondo cui al Torino, finora, è mancata anche la competenza per fare buone cose. La verità sta sempre nel mezzo. Quel che è certo è che non è così sbagliato affermare che "Non servono solo i soldi, ma anche le idee", come suggeriva qualcuno che da poco, con il Toro, non lavora più.  

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