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C’è chi c’ha Ronaldo, e poi ci siamo noi

Bormio, Belotti
Sotto le granate / Forse ci vorranno palloni più tondi, scarpe alate, sudore essiccato
Maria Grazia Nemour

C’è chi c’ha Ronaldo. E poi ci sono gli altri.

“Se non la posso battere, la compro” ha mormorato l’Agnelli che guardava perdere la Juve in Champions. Il vicino a chiedergli: “Ma chi, la terna arbitrale?”. E lui a scuotere il capo: “No, la perfezione”. Se c’hai Ronaldo, non gli assicuri solo la villa sulla collina di Torino, gli procuri una collina con la villa sopra. Forse ci vorranno palloni più tondi, scarpe alate, sudore essiccato. Forse bisognerà chiudere piazza San Carlo se il sublime sentirà il bisogno di allenarsi in centro. Forse bisognerà aggiungere qualche piano al grattacielo, se l’eccelso avvertirà la necessità di posare lo sguardo su un orizzonte di più ampio respiro. Una Mole Antonelliana brillantinata, per chi usa solo palloni e scarpe d’oro.

Noi – ma che fortuna… - Ronaldo non ce l’abbiamo. Tutti questi problemi legati alla perfezione fatta calcio, non ce li abbiamo. Possiamo tifare svaccati come al solito, senza la preoccupazione di non essere all’altezza di chi non sbaglia mai. Ma ci auguriamo fin da subito la crescita spirituale di Ronaldo: che possa recuperare la sua umanità, scoprendosi battibile. Soprattutto nei derby.

Noi siamo immuni da tali eccessi. Noi, come d’abitudine consolidata, prediligiamo un calcio mercato di notevoli sconosciuti. Nomi mai pronunciati, letti per la prima volta nelle trattative e cercati in qualche filmato su youtube. Peraltro, sconosciuti che a volte si sono rivelati giocatori grandiosi. Primo tra tutti N’Koulou, notevolissimo ex-sconosciuto. Anche Belotti arriva al Toro da illustre sconosciuto e diventa l’uomo da cento milioni di euro. Immobile, Cerci, Peres.

I notevoli sconosciuti di questo luglio del Toro sono Gleison Bremer Silva Nascimento (che sembrano tanti ma è un calciatore solo, speriamo giochi per quattro) e Soualiho Meité. Neri, giovanissimi e rocciosi, speriamo contribuiscano a equilibrare il centrocampo col preciso ma leggero e nervoso Baselli.

Soprattutto Meité mi ha impressionato nei filmati – da Lille, al Monaco, al Bordeaux – e mi piace immaginarlo con la maglia granata in quelle azioni. Un Meité vale un Barreca? Sono pronta a tifare senza riserve per Meité, ma un passaggio in gola per urlare “Vai Antonio!” lo conservo, chè il suo fiorir granata mi ha tanto inorgoglito. A volte partire è l’unica cosa da fare, soprattutto per chi vuol tornare. Vicinanza o lontananza, le misure si prendono perché esiste una casa. E il Toro, è la sua, di casa.

Infine, al notevole sconosciuto Noiosissimo possiamo tranquillamente rinunciare, troppo se ne è parlato senza mai vederlo. Finisce che se arriva, vuole un collina vista Torino pure lui. E c’è già tanta richiesta.

Quello che mi soddisfa davvero del calcio mercato è il Toro che non si vende. Da Sirigu a Belotti, passando per N’koulou, Iago. Ljajic. Solo se è consapevole dell’onore di rimanere, Ljajic. Ma anche Berenguer, che sa ballare. Bonifazi, che ha dentro spazi da riempire, per crescere.

Bene, occhi al Bormio e dentro con gli allenamenti Toro, che tra un mese o poco più si ricomincia. Toro umile che non strombazza proclami o l’arrivo di profeti, ma lavora. E quando si rilassa, ride.

Ricordaci perché ci ostiniamo a infilare la maglietta granata pure in valigia, Toro.

Ricordaci perché dal Toro, non c’è vacanza.

 

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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