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Comunico ergo sum: lo strano caso di Mazzarri e Mihajlovic

Personaggi mediatici agli antipodi, il loro modo di comunicare si riflette anche in campo

Roberto Bianco

"Il circo mediatico che ruota attorno a un pallone ha bisogno dei suoi attori, personaggi di un grande show che esalta attitudini e difetti tipici di ogni uomo. La comunicazione, il rapporto con il palcoscenico, lo stare in scena prima, durante e dopo una partita può spostare gli equilibri, non solo in TV e sui giornali, con la tifoseria o la dirigenza, ma pure in campo. La sceneggiatura perfetta per capire il lato profondo di tale dinamica l’ha offerta la staffetta che poco più di un anno fa portava Mazzarri sulla panchina del Toro al posto dell’esonerato Mihajlovic. Due physique du rôle ben diversi. Viscerale e scontroso, uno che non le manda certo a dire, il serbo. Non meno sanguigno il toscano, ma più abbottonato, avvezzo a una certa diplomazia pallonara. Insomma, sulla difensiva comunque. Se la società cercava, con il cambio di guida tecnica, una virata secca rispetto a quel che si lasciava alle spalle, l’ingaggio dell’ex mister di Napoli, Inter e Samp non poteva essere scelta più azzeccata.

"ALL’ATTACCO SEMPRE - Alzi la mano chi non ricorda Mihajlovic zittire Vialli in collegamento Sky dopo il derby del maggio 2017. Oggetto del contendere, l’espulsione di Acquah per un’entrata – da applausi, n.d.r. – su Mandzukic. Un pugno in faccia alla correttezza del commentatore sportivo e nessuna replica che per il mister granata valesse la pena ascoltare. Perché Miha è Miha, schietto e fin troppo diretto (qui alcune sue sortite cult), a volte capopopolo capace di aizzare le folle, a volte prepotente nei modi, senza mai la paura di prenderle. Come quando, sempre dopo la stracittadina, rispondeva ai cori razzisti dei bianconeri così: “Zingaro? Me lo dicano in faccia, li aspetto volentieri. Dico anche dove abito, sono al Principi di Piemonte. Vediamo se hanno le palle”.

"Mihajlovic avrebbe voluto vedere un Toro a sua immagine e somiglianza lottare sfacciatamente per un posto UEFA. A tratti è successo e alcune partite entusiasmanti, con assalti alla baionetta all’area avversaria, se ne sono viste. Ma l’impronta offensiva, ça va sans dire, presta il fianco alle scorribande altrui e dietro il Toro ballava, eccome se ballava. A conti fatti, un gioco pericoloso e poco proficuo, e lo sbandierato obiettivo Europa sempre più lontano.

"PRIMO NON PRENDERLE – Ed ecco Mazzarri. Equilibrio prima di tutto, basso profilo sempre, una parola in meno oggi per preservare il domani. Mai un cenno in più sulla formazione in campo la domenica, la mano tesa al giocatore di turno in difficoltà. I ceffoni distribuiti da Miha sono un ricordo, il motore gira regolare e il copione è sempre lo stesso: “Chi fa bene gioca, di Europa non parlo, una partita alla volta”, le prudenti battute del nuovo corso. Più soporifere delle precedenti, ma pure più sane se l’obiettivo è crescere un passo alla volta.

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"Unico scossone, la crociata innescata dagli errori arbitrali che condizionano il girone d’andata del Toro. “Gli arbitri stanno influenzando troppo le nostre partite. Sono stufo, è arrivato il momento di smetterla”, commentava il mister furioso dopo Torino-Frosinone. La questione sarà toccata più e più volte, fin quasi a tediare. Mazzarri continua a sottolineare dove sarebbe il Toro oggi con i punti persi a causa dei fischietti maldestri, e se in parte è realtà oggettiva, in parte è il famoso dito che nasconde i limiti di gioco dei granata. Poi la società chiama, l’interesse comune e gli obiettivi prevalgono e anche questo tema si normalizza. Arriva il filotto di risultati positivi e la squadra a metà marzo è veramente lì, a tre punti dal quinto posto. Perché con il suo modo di intendere il palcoscenico calcistico Mazzarri protegge il Toro e soprattutto insegna al Toro a proteggersi. Il risultato è una difesa da Champions League.