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Torino-Juventus 0-1, Juric in conferenza: “Non riesco a dare soddisfazioni”

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Le dichiarazioni dei protagonisti al termine della partita tra granata e bianconeri valida per la decima giornata di Serie A

Redazione Toro News

Al termine della sfida tra Torino e Juventus, valida per la decima giornata del campionato di Serie A, Ivan Juric è intervenuto, oltre che ai microfoni dei broadcaster, anche in conferenza stampa, per commentare la sconfitta per 1-0 rimediata contro i bianconeri nel derby. Ecco le sue parole.

A Napoli avevamo parlato di problemi nel dettaglio. Stasera però ci sono stati una montagna di errori macroscopici sul piano tecnico. E' il più grande rimpianto?

"Sì, il rimpianto è quello. Ci sono stati errori pesanti a livello tecnico, anche senza senso. Non creati per una grande pressione loro, ma errori banali, sia nel primo che nel secondo tempo; abbiamo aperto il campo facendo errori banali che non ti aspetti. Questo è il più grande rammarico".

La squadra ha sentito troppo la tensione? Si sente la mancanza di una punta centrale?

"Non lo so, perchè nei primi trenta minuti troppi errori non ne abbiamo fatti. Sulle occasioni nel primo tempo avremmo dovuto fare di più, nel secondo tempo abbiamo avuto un paio di occasioni, ma comunque dovevamo lavorare meglio in determinate circostanze, entrando in area con palleggio, visto che non avevamo punte centrali".

Lei ha parlato di errori che sono stati commessi. Però forse c’è stato troppo nervosismo. Non si poteva ragionare di più?

“Come ho detto, ci sono state delle linee di passaggio che devi fare, oggi non siamo riusciti a rispettarle. Abbiamo fatto un tipo di errori che non facciamo di solito, e non va bene”.

Ieri parlavamo di frustrazione. In lei ora quale è lo stato d’animo? Rassegnazione per non avere una punta centrale?

“C’è un discorso un po’  più ampio. Quando sei a Torino ci sono aspettative. L’anno scorso era un anno di rinascita in tanti sensi ed è stato un anno molto positivo. Però se sei il Toro, senza nulla togliere al Verona, non è una situazione accettabile quella di rimanere a galleggiare. Si crea frustrazione all’esterno perché si pensa che il Torino per il nome che ha deve fare di più. Io guardo la realtà, so bene la realtà della mia squadra, molto molto bene, e devo trasmettere questo alla squadra. Nella vita bisogna porsi obiettivi, da perseguire con ottimismo, ma gli obiettivi devono essere realisti. Se uno pensa che il Torino debba avere certi obiettivi perché è il Torino, allora nasce la frustrazione. Io penso solo a lavorare e fare il meglio con dei ragazzi che danno tutto”.

Come si tira su il morale della squadra? Ora ci sono Udinese e Milan...

"Vogliamo e dobbiamo riprenderci subito, a partire dalla Coppa con il Cittadella, non c'è dubbio su questo".

Oggi c’era un grande tifo…

“Sì e mi dispiace. Mi dispiace non riuscire a fare un passo in più per questi tifosi. Come allenatore mi dispiace questo. Non riesco a dare a questa piazza le soddisfazioni che si merita. So che abbiamo fatto cose buone, che abbiamo lavorato come cani, che abbiamo avuto millecinquecento problemi. Certe volte però mi sento non dico non all’altezza, però cazzo, non riusciamo ad andare più su”.

A volte lei sembra rassegnato…

“No, rassegnazione no”.

A gennaio chiederà dei rinforzi?

“No. Perché ho preso due schiaffi e  fatto tre passi indietro”.

Lei ha un contratto lungo…

“Io ho spesso fatto il pazzo, mi sono messo lì, a lavorare, a litigare. A Verona abbiamo avuto scontri pazzeschi. Quando abbiamo preso Amrabat invece di Gustafson è perché di mezzo ci sono stati litigi e minacce. Poi loro hanno capito quello che volevo io. In certe cose faccio il mio, ma su altre cose non arrivo. Mi devo concentrare sulla squadra. Io mi diverto a lavorare con questi ragazzi, in prospettiva possono fare tanto e bene. Ora dedico tutta la mia energia sul campo e non sul resto”.

Quindi a fine maggio, magari... Saluterà?

“No, andate troppo avanti. Non è che comanda solo l'allenatore. Poi è normale che si ragiona su tutto, non so cosa succederà, poi magari perdo altre partite e mi esonerano prima...”.

La sensazione che si ha da fuori, dall’esterno, sulla sua seconda stagione di Verona, è che lei trasmettesse la sensazione che l’addio era vicino. Siamo in una situazione analoga?

“No. Semplicemente dico che noi siamo il Torino: non basta il 10°, 11° posto. Il Torino è diverso dal Verona. A volte mi chiedono: perché non eri soddisfatto a Verona? Perché volevo andare in Europa. Qui si vuole provare ad andare più su. E io mi sento come un allenatore che non riesco a dare soddisfazioni. Io da solo non riesco a fare un passo in più. Io critico prima di tutto me stesso. Mi chiedo: perché, Ivan, non riesci a vincere con l’Empoli? Trova soluzioni, fai qualcosa in più. Non è che gli altri sono il male e io sono il bene. Io sono critico con me stesso e sento di non riuscire a dare qualcosa in più”.

Può specificare sulle dinamiche a Verona?

“Dopo la prima stagione abbiamo fatto bordello, abbiamo litigato. Ma poi hanno capito quello che volevo io. E non c’era più bisogno di fare il pazzo”.

Ma non sono i giocatori ad avere troppa poca qualità?

“Ma no. Puoi avere giocatori migliori o non migliori, ma io devo valorizzare. Questo è il motivo per cui mi pagano tanto. Prendo i giocatori che uno pensa siano scarsi e li porto a valere venti milioni. Se li faccio rendere, faccio bene il mio lavoro. Però ora non sono soddisfatto, non sto ottenendo i risultati che a Torino vogliono. Io non ho mai avuto grandi giocatori, voglio giocatori normali e riuscire a trovare la chiave giusta per valorizzarli”.

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