di Andrea Ferrini Un bel sole e un’affluenza abbondante, ma non da record, hanno fatto da cornice alla prima giornata dello Storico Carnevale di Ivrea. In circa 40mila si sono riuniti per applaudire la Mugnaia Irene Quaglia Ferraris, il...
Un bel sole e un’affluenza abbondante, ma non da record, hanno fatto da cornice alla prima giornata dello Storico Carnevale di Ivrea. In circa 40mila si sono riuniti per applaudire la Mugnaia Irene Quaglia Ferraris, il Generale Roberto Petri e gli altri protagonisti della manifestazione.
Non sono molte le manifestazioni nostrane che si possono paragonare al Carnevale eporediese per coinvolgimento e intensità. Non si tratta solamente di un evento folkloristico locale, bensì di una vera e propria rievocazione storica che racchiude tradizione, ideali e forti emozioni.
Le sue radici risalgono al Medioevo e più precisamente alla cacciata del Marchese del Monferrato che affamava la Città. Il tiranno venne allontanato grazie alla ribellione della figlia di un mugnaio che non volle sottostare allo ius primae noctis, dando il via alla rivolta popolare. È proprio lei l’eroina della festa, affiancata dal Generale che fin dai primi anni dell’800 ha il compito di garantire un corretto svolgimento della manifestazione. Completano la galleria dei personaggi storici il Sostituto Gran Cancelliere, il Magnifico Podestà garante della libertà cittadina, il Corteo con le Bandiere dei Rioni rappresentati dagli Abbà ed i Pifferi e Tamburi.
Ciò che però rende celebre, e spesso controverso, lo Storico Carnevale è la spettacolare Battaglia delle arance, ovvero le rievocazione della ribellione dei cittadini eporediesi. Nella battaglia il popolo, rappresentato dagli aranceri a piedi sprovvisti di qualsiasi protezione, combatte a colpi di arance contro le armate del Feudatario, rappresentate da tiratori su carri trainati da cavalli, che indossano protezioni e maschere che ricordano le antiche armature. In segno di partecipazione alla festa tutti i cittadini ed i visitatori, a partire dal Giovedì Grasso, scendono in strada indossando il Berretto Frigio, un cappello rosso a forma di calza che rappresenta l’adesione ideale alla rivolta e quindi l’aspirazione alla libertà.