Spostandoci in Spagna troviamo gli esempi forse più evidenti di quanto diversamente si possa impostare un Club. Mi limiterò a tre fra i tanti. Nelle ultime stagioni, in media sette o otto titolari del Barcellona, la squadra più spettacolare degli ultimi vent’anni e fra le migliori di sempre, vengono dal vivaio, la famosa Masia. Come se non bastasse, con l’eccezione più evidente di Messi che è argentino la maggior parte di loro si è anche laureata campione d’Europa prima e del mondo poi con la Spagna. Mentre i ‘blaugrana’ continuano a sfornare campioni e di recente si sono dimostrati addirittura preoccupati per non riuscire a forgiare attaccanti in erba con la stessa facilità con cui plasmano centrocampisti e difensori, a Madrid sponda Real con la presidenza Perez si è tornati a inseguire record in fatto di cifre sborsate per far giocare al Bernabeu i nomi più altisonanti che ci sono in circolazione, meglio se attaccanti. Quest’anno Mourinho ha portato un po’ di buon senso scegliendo, sì, altri solisti talentuosissimi oltre a quelli che già c’erano, ma almeno in ogni reparto. Nemmeno lui però ha il coraggio di lanciare in blocco delle giovani ‘merengues’; non credo che in ogni caso lo farebbe, vista la predilezione che ha per organici di qualsiasi genere basta che siano già forti al punto da potersi autogestire, ma non gli si può nemmeno dare torto se guardando nel vivaio non ha trovato molti ragazzi pronti, che da altri avrebbero dovuto essere cresciuti nel corso degli anni. Insomma, al Real potranno sempre dire che l’odiato Barcellona ha vinto la sua prima Champions League poco più di quindici anni fa e che ne ha solo 3 contro 9, ma se si parla di scuole calcistiche allora il confronto non si pone e il Madrid scompare, limitandosi a essere il Club più noto fra quelli a cui piace vincere facile. Non parliamo poi della magra figura che fa anche rispetto all’Athletic di Bilbao, una Società nobile al punto da affidarsi esclusivamente a giocatori baschi senza per questo aver vinto molto meno di tanti altri che pescano ovunque.
In Germania c’è un’altra grande che non rinuncia all’identificazione territoriale e con essa al ruolo centrale del vivaio: è il Bayern, con Lahm e Schweinsteiger ma anche le nuove stelle Müller, Contento e Badstuber che sono tutte originarie della zona oltre che sorte dalle giovanili. I bavaresi sono il classico esempio di come si possa essere all’avanguardia e decisamente ricchi senza prescindere dalle radici. Basta volerlo. Anche se quanto l’Ajax non sembra volerlo nessuno. La Scuola degli Arcieri di Amsterdam è universalmente riconosciuta quale la migliore al mondo. La conquista da parte di suoi prodotti di epoche diverse di 10 trofei internazionali – incluse 6 fra Intercontinentali e Coppe dei Campioni - sono la testimonianza di come una seria e durevole attenzione al settore giovanile, reputato anche più importante della prima squadra e onorato attraverso il lancio continuo di suoi elementi tra i professionisti, non impedisca il raggiungimento di alcun obiettivo, incluso quello per ottenere il quale ogni anno decine di Club europei muovono complessivamente miliardi di euro. Senza stare a soffermarsi sull’epico gruppo di Cruijff & C. che vinse tutto giocando il calcio totale, alla Finale dell’ultima Champions League conquistata, quella del 1994-95, oltretutto guidati da un allenatore-simbolo del Club come van Gaal presero parte 8 giocatori usciti dal vivaio: van der Sar, Reiziger, i due gemelli De Boer, Rijkaard, Seedorf, Davids e l’allora 18enne Kluivert che fra l’altro decise la partita. Dall’altra parte, a onor del vero, c’era comunque un Milan che di rossoneri DOC schierava se non altro Maldini, Baresi, Costacurta e Albertini e in panchina aveva portato Stroppa. Altri tempi…
Per finire, uno sguardo al Sud America a ad alcuni suoi illustri rappresentanti. Il River Plate schiera ormai regolarmente quattro o cinque giocatori meno che ventenni e provenienti dal vivaio non tanto per necessità economiche quanto per impostazione, e fra loro spiccano gli oggetti del desiderio di tanti Club nostrani Lamela, Rogelio Funes Mori e Lanzini. Al momento è anche il Club argentino che più giocatori dà alle Nazionali giovanili biancocelesti (6 all’Under-20 e 8 all’Under-17), con Pezzella e Cirigliano che da protagonisti del Mondiale che si sta svolgendo in Perù benché ancora non abbiano un posto da titolare nel River potrebbero passare direttamente in Serie A. In questo, i ‘millonarios’ rinverdiscono una lunghissima tradizione che li ha sempre visti distinguersi dai rivali del Boca Juniors, notoriamente abili soprattutto – ma semplicemente – nel mettere a punto campioncini sorti altrove. C’è però una Società che in Argentina incarna l’esaltazione del vivaio più di ogni altra – e dalla quale non a caso è uscito Messi, poi finito alla Masia. E’ il Newell’s Old Boys, che nel 1998 e nel 1992 arrivò a disputare la Finale di Copa Libertadores con rispettivamente 18 su 18 e 22 su 25 giocatori della rosa provenienti dalle giovanili, e che in quel periodo vinse tre volte il campionato.
Insomma, ogni volta che diamo della grande a una squadra che vince dovremmo chiederci se sia il caso e comunque ricordarci che ce ne sono anche di grandissime.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
/www.toronews.net/assets/uploads/202508/2152c6c126af25c35c27d73b09ee4301.jpg)