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A SanSirigu, l’Inter non segna

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Sotto le granate / Torna la rubrica della nostra Maria Grazia Nemour
Maria Grazia Nemour

Strano, come in uno stadio di calcio, luogo costruito per rappresentare la vita nella sua versione di urli, salti, ansia e abbracci, risulti così necessario e urgente celebrare la morte.

I tifosi granata non avevano ancora completato il giro di campo con lo striscione in mano “Ciao Davide” nella partita contro la Fiorentina, che domenica, prima di incontrare l’Inter, si trovano a salutare Roby e Giò, i due tifosi astigiani che mercoledì sera si sono messi in viaggio dopo la sfida contro il Crotone, ma a casa non sono arrivati mai, hanno deviato sulla via di uno sconosciuto dopo partita che prima o poi frequenteremo tutti. E sono partiti così com’erano, cappellino granata calcato in testa e la sciarpa al collo. Sul viso, il sorriso allargato di sana autoironia per un Toro che vince 4 a 1 contro il Real Crotone.

Nel grido “F.V.C.G.” ora ci sono anche Roby e Giò, e torneranno ogni volta che queste parole saranno urlate.

Una settimana fa avevamo tirato per aria una sedia per l’ultima volta, pensando al nostro Mondo. In questa settimana di pioggia gli occhi vanno in direzione delle nuvole che nascondono Superga, è salito lassù anche Sauro Tomà, l’ultimo degli Invincibili. Forse, negli ultimi 70 anni avrà sentito un po’ di solitudine, a vivere qui, tra i vincibili.

Ma sarebbe ben poca cosa la morte, se non facesse da contraltare all’esplosione irrefrenabile della vita.

E la vita si è fatta sentire in tutta la sua potenza, nella partita contro l’Inter.

Uno stadio pieno che genera energia come il pentolone in cui si rimesta una pozione magica, per poi ributtarla tutta in campo. Tanti interisti che sbrodolano fuori dal settore ospiti ma anche tanto, tanto granata intorno.

Un Toro che finalmente aggredisce e ci mette coraggio in tutti i palloni, anche quelli che perde. Un Toro che a tratti si disorienta e balbetta, intimorito dalla vicinanza alla sua porta. Un Toro imperfetto che vince. Nonostante tutti i calci d’angolo dell’Inter che lo fanno tremare, vince, perché la vita a volte la ripaga così la passione, con un pizzico di fortuna, q.b.

Colossale Sirigu, che a ogni palla di Perisic, Icardi e Candreva dice NO!, e lo urla in sardo NO!, senza possibilità di replica. Neanche di fronte al rimpallo che crea un rischio altissimo e mette in tensione le valvole cardiache di molti presenti, transige. È NO!

Brillante Ljajic che, baciato di talento ai piedi com’è, da qualche settimana è capace di fare qualcosa di semplice e mai scontato: giocare a calcio. Per la squadra, e poi per sé. Quaresima conclusa, risorgi Ljajic. Sicuramente per dovere, ma prima ancora per sublime piacere.

La voglia di Belotti, quella che entrando in campo non lesina mai.

La forma di Obi, che la forza e la salute siano con lui.

Lo stupore che genera il nostro 29 dal fisico monumentale quando a tratti si trasforma nel supereroe Ronaldo De Silvestri.

La tranquillità di sapere che davanti alla porta di casa allunga zampate un leone, Nkoulou.

Il soldato su cui puoi sempre contare perché non hai bisogno di girarti per sapere dov’è, Iago è al suo posto, anche quando è un pelo sottotono, c’è.

La sfrontatezza di Edera, che azzarda e cresce Toro.

Moretti, che a volergli chiedere ancora di più, potrebbe fare il Governo.

Insomma, belli tutti. Una squadra corta e coesa che ha dimostrato di aver studiato a tavolino un Inter performante, con l’intenzione di batterla. Batterla in casa dopo 24 anni di attesa. E qui un pelo mi commuovo, perché a tifare passione, a volte la vita che scorre la misuri così, con le partite. Ti ricordi quando si è sposato tuo cugino?

Ah sì, c’era Toro-Mantova…

Ah sì, quanto è piacevole la sensazione di scendere in campo con una strategia, e non solo con pantaloncini e maglietta. Grazie Mazzarri, grazie.

Già si parla di tattica-catenaccio. Io non credo, ma anche se fosse? Ho rivalutato il catenaccio da quando ne abbiamo beccate 4 contro la juve. L’umiliazione ha bastonato il mio orgoglio e voglio sperare di non scendere mai più in campo solo con pantaloncini e maglietta.

E ora che facciamo?

Oscar Wilde diceva di non credere ai miracoli perché ne aveva già visti troppi. Che si riferisse alla sofferente ricorsa del Toro per l’Europa?

Ma sono poi davvero meglio di noi la Fiorentina, la Samp o l’Atalanta?

La classifica dice di sì, ma il Toro si gioca ancora la possibilità di dire no.

Dopo tutto, siamo quelli che hanno battuto, chi ha battuto, il Barcellona…

Che avvenga o meno il miracolo, il santo ce l’abbiamo, SanSirigu, che non ha permesso all’Inter di vincere, e neanche di pareggiare.

Per il resto si vedrà. A partire dal Chievo, si vedrà.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione

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