Ma andando avanti nella lettura ancora una volta una frase getterà ombre sul già difficile tentativo di una ricostruzione di senso:”con tutti ho rapporti di educazione e civiltà: devono rimanere tali e sarebbe bello se si estendessero anche ai tifosi. Non siamo in guerra, il calcio è un grande spettacolo di sport”. A nessuno sfuggirà la mancanza di nesso logico in tali parole: perché paventare una guerra, se in quel tempo remoto dell’inizio del terzo millennio il calcio era sport e spettacolo? E poi l’autore di quella frase era come se si fosse posto in un piano morale rialzato rispetto a questi tifosi probabilmente interessati da una malattia infettiva, auspicando che potessero diventare come lui, evidentemente guarito da questa malattia. Quest’ultima ipotesi porterà una ventata di ottimismo all’interno della cappella, perché ciò da cui si è guariti nel passato si può guarire nel presente e anche nel futuro. Ma l’entusiasmo durerà poco, il tempo della traduzione di una nuova frase scritta in idioma “Italia”:”lo stile è qualcosa che gli altri hanno detto di noi, ma non ho mai capito cosa sia lo stile. Lo stile per noi è vincere”. L’archeologo penserà, a questo punto, che l’autore di queste frasi poteva avere dei problemi di dissociazione psichiatrica, dato che lo stile, sempre secondo gli archivi etimologici, era qualcosa che aiutava questi avi persi nel tempo a definire i valori, cioè gli ideali orientanti le loro scelte morali. Mentre la parola vincere sarà anche allora intrinsecamente legata a sconfiggere, uno dei suoi sinonimi più celebri. E sarà chiaro a tutti, in quel tempo, che avere adottato l’espressione “avere la meglio” era stata sicuramente una felice idea del futuro, dato l’idea di sopraffazione dei termini vincere e sconfiggere. Quindi non deve sorprendere se i posteri nella cappella avranno smorfie di riprovazione di fronte ad una sentenza precisa sancita sui diari:”abbiamo una dimensione oramai che non è più ludica, del divertimento e dell’hobby, ma da vera grande azienda”. Difficile non capire le perplessità di questi uomini del futuro di fronte ad una tale commistione ideologica tra gioco e affari.
“Nel calcio è necessario uno sforzo concertato:violenza, stadi, protezione dei marchi. Ma non abbiamo nemmeno un ministro dello sport”, sarà oggetto di dibattito tra gli scienziati storici di quel tempo, visto che la parola “ministro” sarà tradotta come capo di qualcosa. E come è stato possibile far funzionare un organismo sociale senza un capo? Domanda che non avrà risposta, come a nessuno sarà possibile districarsi tra frammenti di inchieste di doping, presunti rapporti con la malavita organizzata(definizione davvero impossibile da capire per i posteri), polemiche su scudetti revocati ma messi in mostra in ogni occasione, favoritismi evidenti dal Credito Sportivo(ma cosa era il credito Sportivo? Si chiederanno). Ma sotto tutte le frasi virgolettate si riuscirà a tradurre una nota finale dell’autore dei diari:”le tue considerazioni, caro Andrea Agnelli, illuminano le mie giornate. Le rileggo come fossero versi religiosi su cui meditare. Visto il grande affetto che per te nutro, e che nutrivo anche verso il tuo adorato zio Gianni, voglio rassicurarti: non c’è un ministro dello sport ma c’è il Coni, che mi onoro di presiedere a nome di tutto lo sport italiano. Tu sai che su di me potrai sempre contare, in silenzio e in assenso”. L’archeologo del futuro chiuderà l’ultima pagina dei diari ebbro da tutto il mistero in esso inoculato. E in quel momento un suo collaboratore gli dirà che hanno pulito la targa recante il nome del defunto:”Qui giace Giovanni Malagò. Venditore di automobili, amico della famiglia Agnelli, sciupa femmine, socio di Montezemolo, azionista di banche e utility, consigliere di amministrazione di varie società e organizzazioni benefiche, presidente del circolo Aniene, organizzatore di tornei di tennis e di calcio a 5, esperto governativo per il Made in Italy, organizzatore dei mondiali di nuoto e di pallavolo, presidente del Coni”. Gli uomini del futuro rimarranno senza parole e si inchineranno di fronte la targa commemorativa. Anche nel futuro insegneranno che di fronte al mistero è così che si fa.
Di Anthony Weatherill
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
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