La notizia del “matrimonio” tra Adrian Newey e la Aston Martin, spiazza e sgretola la speranza dei tifosi della Casa di Maranello di vedere il genio di Stratford-Upon-Time assunto da John Elkann e andare così concretamente a caccia del sospirato titolo mondiale piloti di “Formula 1”. Ma l’erede designato a suo tempo dall’Avvocato alla guida di “Exor”, non ha mosso un dito per far accadere l’incrocio delle strade di Newey e della Ferrari. Eppure avrebbe dovuto fare di tutto, e anche di più, affinché questa cosa accadesse. L’erede dell’impero della famiglia Agnelli appare ancora una volta indifferente al destino del nostro Paese, ogni sua azione manifesta semplicemente il modus operandi del ragioniere che tira una linea sotto la voce “bilancio”, e se ne fotte(perdonate il francesismo) del sentimento della gloria e dell’epica. Da tempo non c’è più poesia dalle nostre parti, e la conseguenza sono i nostri sentimenti divenuti progressivamente più straccioni, involgariti dall’assenza di melodia nel cuore. La nostra classe dirigente ha smesso di osare, noi abbiamo smesso di osare, eppure basta una vittoria di Jannik Sinner per riaccendere una passione patriottica evidentemente covata sottocenere.
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Viviamo in una costante atmosfera tra il lutto e il “reducismo”, e abbiamo persino perduto la voglia di provare nostalgia, ovvero quella consapevolezza di un tempo bello oramai disperso ma che si è vissuto. Parliamo ossessivamente di futuro, ma in realtà non sappiamo in quale modo acchiapparlo. Lo sport è un cespite dell’anima di una comunità, a volte colpevolmente confuso come un banale sciovinismo. Pensare, nell’era dell’elettronica, che possa essere Lewis Hamilton il risolutore a togliere le castagne dal fuoco e condurre in auge il “Cavallino Rampante” nelle corse, è commettere lo stesso errore di ritenere l’allenatore di una squadra di calcio, e non i giocatori, l’antidoto di ogni sconfitta. A Napoli sono giustamente entusiasti per l’ingaggio di Antonio Conte, ma dovrebbero essere ancora più entusiasti per la dispendiosa campagna acquisti autorizzata da Aurelio De Laurentiis. Lo sport non è né logica di un rigattiere, né suggestione da marketing, è qualcosa che va oltre e si incastona nei significati ultimi dell’esistenza. Lo sport non può rimanere senza frutti, come il noto fico evangelico poi maledetto da Gesù di Nazareth, e i frutti non sono mai il tanto denaro che riesce a generare. Lo sport è il caleidoscopio dei sentimenti di una comunità, sentimenti attesi e collegati con il desiderio sempre presente nella storia. E non si sta parlando di un sentimento collegato esclusivamente al presente, ma di un sentimento eterno.
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Enzo Ferrari si infastidiva quando in una vittoria si parlava solo del pilota, perché in quella vittoria c’erano anche tutti quelli che avevano lavorato intorno all’automobile, quest’ultima simbolo analogo ad una maglia di una squadra di calcio. Per chi presiede la Ferrari, riportarla in alto e rispettare la sua storia sono gli unici frutti che ci si aspetta da lui/lei. Non aver portato Adrian Newey in Italia è stato come tradire un desiderio, l’aver buttato via il canovaccio vestito di rosso, incuranti della speranza che ancora continua ad albergare in un popolo quanto mai prostrato. La nostra elite pare averci dimenticato, ed è questa la sensazione assai sgradevole, che ci rende tristi. Poi vedi un film delizioso come “Le Mans 66”, in cui gli americani nel tentativo di raccontare una delle tante epopee della Ford, finiscono per risollevare il tuo umore: “dobbiamo pensare come la Ferrari. La Ferrari passerà alla storia come la più grande fabbrica di automobili di tutti i tempi. Per quello che le sue macchine rappresentano: la vittoria. La Ferrari vince a Le Mans e la gente vuole essere parte di questa vittoria. Enzo ha speso fino all’ultima lira a caccia della perfezione, e sa una cosa? C’è riuscito”. Dobbiamo tornare a pensare come la Ferrari. Dobbiamo tornare a pensare di poter vincere. Dobbiamo tornare a pensare di essere un Paese vitale. Quel giorno, se arriverà, sarà un bel giorno.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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