La manifestazione dura un giorno, da mane a sera, ed è di natura pacifica, come da abitudine. Ma nonostante i toni tolstojani della stessa, non manca, da parte dei tifosi, l'impegno a ribadire, tra cori e striscioni e coreografie mezzo improvvisate, tutto lo sdegno da loro provato nei riguardi di una dirigenza sportiva manchevole e fallimentare. Lo scopo della protesta, in altre parole, mira a scuotere le coscienze di quelle figure che, pur millantando un amore viscerale nei confronti del toro rampante, hanno fallito in tutto il resto, rendendosi responsabili della retrocessione della squadra senza avere il coraggio civile di fare mea culpa e provvedere a pensare a una soluzione d'impatto.
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Bersagli privilegiati della contestazione sono Francesco Cimminelli, all’epoca proprietario del Torino, nonché Attilio Romero, presidente della società fino al 2005. Il senso della marcia è unilaterale: bisogna investire nella squadra e riportarla nell’olimpo delle divinità calcistiche. Non ci sono più scuse. I tifosi sono stanchi di vedere il simbolo del Toro farsi calpestare in così tante occasioni diverse. Gli anni d’oro del Grande Torino sono lontani, e del tremendismo granata non v’è più traccia. Che fare allora? Predare e razziare la città con i forconi e le torce come ai tempi di Frankenstein o mostrare il proprio autentico e feroce disappunto manifestando in maniera pacifica ma tenace? Vada per la seconda. Ed è quello che la marcia dei 50mila restituirà agli occhi dei media stranieri: laddove il tifo sia vero e autentico a tal punto che nessun tipo di calamità sia capace di alterarlo o intaccarlo, i miracoli si compiono e le cose si cambiano davvero. E se le cose non si cambiano resta tuttavia inalterata la scorza dei tifosi torinisti, la volontà dei vinti di rifiutare un simile appellativo e rimarcare il proprio valore da combattenti, non importa quanto gravi siano le avversità che si prospettano all’orizzonte.
Il luogo della partenza del corteo non poteva che essere lo stadio Filadelfia. E il passaggio accanto al cippo del compianto Gigi Meroni una tappa obbligata. La marcia trova il suo culmine in piazza San Carlo, dove l’orgoglio di tifare Toro viene urlato da gente di ogni età e classe sociale, a riprova che neanche i momenti più bui riescono a corrompere la tifoseria della nostra squadra, il cui stemma ricalca appieno il motto sedimentato nel subconscio di ciascuno dei suoi appassionati: forza vecchio cuore granata, pioggia o vento o catastrofi telluriche noi saremo sempre insieme a te.
Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.
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