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Culto

Alessio Scarchilli – Testa alta e palla al piede

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
La nuova puntata di Culto racconta l'intensa storia di Alessio Scarchilli al Toro tra belle giocate, qualche difficoltà e un maledetto infortunio

In uno dei periodi sportivamente più travagliati della storia del Toro c’è stato un centrocampista che ha provato a portare tecnica e classe in un contesto dove in parecchi davano del voi al pallone. Il suo nome è Alessio Scarchilli, romano, classe 1972, centrocampista di qualità a metà tra un numero otto e un numero dieci, dotato di un gran mancino, ma anche di un discreto destro. Di Alessio si dice un gran bene da anni essendo uno dei migliori prodotti del prolifico vivaio romanista. Disputa la prima stagione da professionista in prestito a Lecce in una squadra che mixa esperienza e gioventù (suoi compagni Jimmy Maini e Pierluigi Orlandini, per citare altre due grosse speranze) e raggiunge la promozione sotto la sapiente guida del cuore Toro Bruno Bolchi. Il ritorno all’ovile nel primo anno della Roma di Mazzone lo vede protagonista in una delle partite più delicate della stagione: contro l’Atalanta, dove deve sostituire capitan Giannini. Ferron nega ad Alessio il gol del vantaggio con una grande parata, poi Ganz sfrutta un liscio di Garzya e porta in vantaggio i nerazzurri. Nella ripresa, dopo una rete misteriosamente annullata a Hassler, Scarchilli offre un bel pallone a Balbo che si libera al tiro per il pareggio prima che una punizione capolavoro dello scatenato Hassler fissi il risultato sul 2-1. A 3’ dalla fine Mazzone toglie Scarchilli per fargli ricevere l’ovazione del pubblico: un momento indimenticabile. Nel servizio di Pressing Daniele Garbo dirà “non succedeva dai tempi di Falcao e di Bruno Conti”. La stagione successiva Scarchilli viene prestato nuovamente in serie B a Udine dove conquista un’altra promozione. Da segnalare una rete a Piacenza con un sinistro al volo da posizione impossibile su traversone di un’altra nostra vecchia conoscenza come Paolo Poggi e le marcature aperte ad Ascoli, dopo una caparbia azione, nella partita che vale la promozione matematica. Nel 1995/96 torna nell’ultima Roma mazzoniana, mentre sta nascendo la stella di Francesco Totti, poi la sua strada si incrocia con quella dell’ultimo Torino di Calleri che, appena retrocesso in serie cadetta, punta proprio su Scarchilli come stella intorno a cui costruire il tentativo di risalita. Visti i precedenti del romano si può pensare al “non c’è il due senza il tre”.

L’inizio non è proprio entusiasmante. Mentre la squadra si accinge a partire in ritiro e la trattativa che sembra far passare il Toro nelle mani di Preziosi si arena, Scarchilli dice di avere un ripensamento: “Avevo dato al mio procuratore la mia firma, ero in vacanza e mi disse che ero in ballottaggio tra due club di A. All’ultimo giorno di mercato, invece, mi ha avvertito che il Toro era l’unica possibilità. Sono stato preso in contropiede, il Torino non c’entra, anzi, sono onorato che una società così gloriosa abbia pensato a me. Però io preferisco giocare in A, spero che Calleri comprenda e mi aiuti”. Con Pelè che non vuole restare, come se non fosse anche colpa sua la retrocessione dell’anno precedente, i granata si provano a cautelare avvicinandosi a Pizzi, ma il Collegio arbitrale dà ragione al Torino e Scarchilli sarà agli ordini di Sandreani per la stagione 1996/97. Curiosità: in tutto questo bailamme La Stampa pubblica foto di un altro giocatore spacciandolo per l’ex romanista (a occhio sembrerebbe Flachi, ma sono aperto a suggerimenti). Scarchilli si cala nella realtà granata e va a segno nell’amichevole contro la Lucchese con una rasoiata di sinistro. Le successive parole, dopo le succitate titubanze, sono finalmente da granata, ringraziando i compagni per l’accoglienza che ne accelera l’inserimento. Nel grigiore di una squadra con pochi elementi di spicco, il numero ventiquattro sarà uno dei pochi a salvarsi realmente insieme a Ferrante. Sin dalla prima giornata contro il Cesena i tifosi del Toro vedono un giocatore abilissimo a muoversi con la palla al piede e la testa altissima a guardare i compagni, sperando disperatamente in uno smarcamento per poterli servire col suo piede educato. I momenti più abbaglianti del talento scarchilliano sono un formidabile sinistro dalla distanza a Foggia nella rocambolesca vittoria per 4-3, uno slalom vincente a Cosenza in una gara decisa in extremis da un gol di Lombardini da posizione impossibile e una punizione magistrale nella drammatica sconfitta di Castel di Sangro. L’annata, però, è disgraziata. Il tasso tecnico del resto della comitiva è modesto, si passa a metà campionato da Calleri ai genovesi e si chiude col peggior piazzamento nella storia novantennale del Torino: nono posto in serie B. Solo nel 2003/04, con l’elefantiaca cadetteria a ventiquattro squadre, si farà peggio arrivando dodicesimi. Dopo la sconfitta di Reggio Calabria, che mette una pietra tombale sulla promozione, le parole di Scarchilli sono ben diverse da quelle di inizio anno, sono parole da leader, sebbene ferito: “Sono fortemente deluso e non solo per il risultato. Il campionato l’abbiamo perduto noi. E a Reggio Calabria sono venuti clamorosamente fuori i nostri limiti. Vero che qualcuno degli avversari si muoveva come se fosse su un trattore cingolato, ma bisogna fare così quando si vuole fortemente un risultato. Purtroppo nel Toro non tutti hanno capito che quando non bastano le qualità tecniche occorre sopperire con la grinta e il cuore. E ora anche se non servirà a farci raggiungere l’obiettivo, dovremo onorare la maglia fino al termine del campionato. Mollare sarebbe disonesto”.

Dopo un anno a predicare nel deserto, Scarchilli va in comproprietà alla Samp in cambio dell’esuberante Marco Carparelli. In blucerchiato lo aspetta un’altra stagione tribolata iniziata con il Flaco Menotti e proseguita con Boskpv in panchina coi doriani che non raggiungono la qualificazione diretta in Uefa nonostante Montella, Signori, Mihajlovic, Boghossian e Veron. Sarà soltanto Intertoto. Alessio realizza il suo primo centro in serie A da ex contro il Lecce alla penultima: lanciato da Veron sulla sinistra, entra in area in dribbling e realizza in diagonale di destro. Al termine della stagione Scarchilli ritorna sotto la Mole e cambia tutto in positivo. Siamo ancora in B dopo il furto subito dal Perugia 1997/98 e Vidulich ha richiamato Mondonico. Il “Mondo” capisce il valore di Alessio, lo fa maturare chiedendogli anche compiti di copertura e non ha nessun dubbio nel collocarlo in un centrocampo fortissimo per la categoria con Giuseppe Scienza, Marco Sanna e Massimo Crippa in attesa del rientro di Massimo Brambilla. Già nella prima giornata il nostro va a segno con uno schema su punizione (finta il cross, triangola con un compagno e realizza con un rasoterra chirurgico il gol del provvisorio 1-1 in una gara persa immeritatamente 3-2 a Cremona). É il momento in cui, confesso, entro in fissa con lui. L’ex doriano è fondamentale sui calci piazzati dove si ritrova a regalare dei cioccolatini ai compagni di squadra, quando non si mette in proprio con un discreto successo, ma è anche uno dei più qualificati a portare palla e a fare gioco. Il campionato è difficilissimo, ma alla fine lo portiamo a casa. Sarà proprio una conclusione di Scarchilli che verrà deviata astutamente da Sommese ad aprire le marcature nella gara, a posteriori decisiva, contro il Brescia prima della promozione matematica a Benevento contro l’Andria. Nel Toro che affronta la A nel 1999/2000 Alessio riversa in campo sin dall’inizio la sua voglia di affrontare la massima serie sfoderando prestazioni che sembrano rendere imminente una sua chiamata in nazionale. Nella delicatissima sfida contro il Bari alla sesta giornata, con le scorie di una brutta sconfitta a Bergamo in Coppa Italia da smaltire, Scarchilli segna la rete che chiude la gara sul 3-1: Ferrante giostra sul lato sinistro dell’area fra un paio di difensori e vede col terzo occhio l’inserimento in gran carriera del compagno che controlla di sinistro e scarica sotto la traversa un destro al fulmicotone prima di venire sommerso dai compagni. Nei giorni successivi il centrocampista racconta di come abbia alzato il livello anche imparando a faticare: “Ho messo da parte fantasia, estro e palleggio, diventando uomo di fatica. Ho scoperto cosa significa essere umili, soffrire, sudare. Prima credevo di essere elegante in tutto. Solo adesso mi accorgo che sono molto più utile tirando la carretta, rincorrendo gli avversari e, se le gambe reggono, affacciarmi in area a caccia di gol”.

La domenica successiva il numero quattordici ritrova la “sua” Roma: altra prestazione di altissimo livello e altro gol, seconda rete dell’ex su tre totali in serie A. Uno scatenato Diawara affonda sulla destra e centra basso, il tocco di Zago mette fuori causa Ferrante, ma offre una grande possibilità a Scarchilli che è bravissimo a stoppare col petto un pallone non facile e lo è ancora di più a coordinarsi e a metterlo ancora sotto la traversa come contro il Bari, ma stavolta di sinistro. Il cuore di Alessio sarà anche giallorosso, ma l’esultanza è tutta granata. I giallorossi di Capello pareggeranno con Di Francesco nella ripresa e i granata possono recriminare per un pari strettino, ma Scarchilli, mentre fioccano i sette in pagella, oltre a dirsi “granata nella pelle” spera che questa gagliarda prestazione convinca la squadra delle proprie possibilità. Sembra tutto perfetto, ma all’improvviso si spegne la luce. Dopo il derby Alessio si opera di menisco per un intervento programmato che dovrebbe lasciarlo fuori solo un paio di gare, complice la sosta. Le partite diventano cinque e Scarchilli riprende il suo posto nella prima gara del 2000 contro la Reggina col Toro nel bel mezzo di un ciclo orrorifico di sei sconfitte consecutive. Dopo tre partite bisogna ancora fermarsi per stare fuori di fatto un girone perché si rende necessaria una seconda operazione al ginocchio: al rientro troverà un’altra società e l’ultimissima spiaggia per la salvezza in casa del Lecce. Non si possono fare miracoli e Scarchilli uscirà subito dopo il gol di Sesa per fare posto a Calaiò nel pomeriggio della seconda retrocessione al “Via del mare”. Il 2000/2001 è un calvario: altri due interventi, una manciata di presenze in campionato, l’impossibilità di contribuire alla cavalcata promozione sotto la guida di Camolese. Sembra finita, ma non lo è. In serie A “Camola” decide di utilizzare Alessio sia dal 1’ che facendolo entrare dalla panchina per far fruttare i suoi piedi buoni quando gli avversari sono stanchi. I frutti si vedono nel 5-1 al Verona, nel 3-1 all’Udinese dove è magico nell’andare via nello stretto a Pavon sugli sviluppi di un angolo prima di servire a Lucarelli un pallone solo da spingere in rete o nel 2-1 a Brescia dove la sua punizione a pescare Ferrante dà il “la” alla rimonta granata completata da una rete di Vergassola in un’altra azione avviata da lui. Un giocatore ritrovato che ha anche il tempo di segnare due reti in primavera: la botta di sinistro che vale l’1-0 contro la Fiorentina e che blinda definitivamente il discorso salvezza anticipata e la punizione capolavoro contro il Bologna nella famosa partita del “fargli fare gol”. L’anno successivo si parte bene in Intertoto, ma già nel ritorno contro il Villareal la stagione prende sembianze orrorifiche per la squadra: nessuno si salva, ultimo posto in classifica. Scarchilli saluta Torino: Mons, Teramo e Viterbo le ultime tappe di una di quelle carriere per cui, a ragion veduta, si può dire “se non ci fosse stato quell’infortunio”. Onestamente ogni tanto mi manca qualcuno che avanzi a testa alta e provi a prendersi le sue responsabilità a testa alta e palla al piede come faceva Alessio nelle sue giornate di buona vena.


Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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