Un uomo tranquillo: ecco cosa sembra da fuori Tullio Gritti quando viene inquadrato dalle telecamere mentre dà indicazioni alla squadra. Ma è anche un uomo competente e un uomo in gamba: quando Gasperini, di cui è vice storico, si fa espellere e tocca all’ex attaccante sostituirlo in panchina i risultati sono assicurati. La statistica dice che ha portato punti nell’82% dei casi, una cosa stile Frustalupi con Mazzarri, una media che potrebbe benissimo farlo soprannominare “demone”, giusto per usare un appellativo in voga.Tullio Gritti è un nome che fa accendere una lampadina anche ai tifosi granata: è stato il numero undici di uno dei Tori più veri e più amati degli ultimi cinquant’anni, quello coraggioso e sfortunato del 1987/88. A fianco di Polster, Gritti segna sette gol in campionato e cinque in Coppa Italia e sono reti pesanti, che portano punti o agevolano passaggi del turno. Così come nella sua vita da vice-Gasp, l’originario di Basiano è uno su cui contare nel momento del bisogno: “Better call Tullio”, parafrasando il titolo di una serie tv capolavoro.Gritti fa parte di quei calciatori che sono arrivati in serie A a colpi di reti e campionati vinti nelle serie inferiori. Fa bene al Derthona in C2 e sale di un gradino andando all’Arezzo che porta in B il secondo anno con sedici reti. Riparte ancora dalla C1 col Brescia: ci vuole un triennio, con continuo incremento di marcature, per ritrovare la serie cadetta, ma nel 1985/86 arriva il doppio salto ed è massima serie. Gritti ne fa sedici, secondo solo a Oliviero “Bomber Vero” Garlini nella classifica marcatori.Nella massima serie a sedici squadre, il ruolino di Tullio è ottimo: sette reti in diciannove partite. Purtroppo non basta a salvare le Rondinelle che retrocedono all’ultima giornata, perdendo 3-2 contro la Juventus nel giorno dell’ultima gara in carriera Michel Platini, col numero undici che trasforma il rigore del provvisorio 1-1. Il gol più memorabile regala una vittoria contro il Milan: il numero nove riceve spalle alla porta fra due difensori rossoneri, palleggia un paio di volte e quando la palla arriva all’altezza giusta scocca una rovesciata la cui parabola perfetta lascia pietrificato Galli. Pur non essendo un gigante (un metro e settantasei), si fa valere anche di testa, forse per l’abilità nel salto acquisita nei suoi inizi da portiere, come quando segna contro la Roma una rete degna del miglior Bierhoff per stacco e potenza.Il rendimento della punta fa drizzare le antenne a parecchi club di serie A, tanto che quando i granata fanno la mossa decisiva inserendo Argentesi e Pedro Mariani come contropartite La Stampa titola “Il Torino soffia Gritti all’Inter”. All’inizio, da buon “quiet man”, Gritti non vorrebbe lasciare Brescia nonostante la retrocessione, ma il presidente Baribbi riesce a convincerlo e l’approdo sotto la Mole si concretizza. È un appuntamento col destino, che nasce nel giugno 1978. Gritti gioca nel Caravaggio e disputa un’amichevole contro il Toro che, privo di molti titolari impiegati nei mondiali di Argentina, si rinforza proprio con Tullio il quale segna le due reti che decidono la gara. Essendo troppo vecchio per le giovanili (ha diciannove anni), i granata decidono di mandarlo in prestito all’Ivrea, ma un infortunio al ginocchio complica tutto e, come detto, si riparte dal Derthona. Il Toro è adesso: “Questa è una scelta di vita, già sento l’urlo della Maratona”.Il compagno di reparto di Gritti, con l’addio di Kieft, sembra essere Mark Hughes del Barcellona, ma alla fine arriva l’austriaco Toni Polster e i due si intenderanno alla grande. È proprio dell’ex bresciano il primo gol ufficiale del Toro in Coppa Italia con un gran destro da fuori area, dopo un pallone recuperato da Crippa, nella trasferta di Cosenza. Una rete in tuffo di testa decide anche l’esordio al Comunale contro l’Atalanta, bissata nella goleada contro l’Arezzo che di fatto ipoteca il passaggio del girone.Il campionato regala subito una grossa amarezza. Ad Avellino Gritti entra nell’azione con cui un gran gol di Polster pareggia la rete dell’ex di Schachner, ma gli irpini tornano avanti con una staffilata di Bertoni su punizione. In pieno recupero Luci fischia il rigore del possibile pareggio granata e la responsabilità la prende proprio l’ex bresciano che non ne sbaglia uno da tre anni, ma il suo rasoterra non è angolato e Di Leo para in due tempi. A parecchi chilometri di distanza, Vujadin Bosco dirà “Accidenti a Gritti” perché il rigore fallito e il mancato pareggio rischiano di far trovare un Toro più arrabbiato alla Sampdoria nel turno successivo: Vuja sarà buon profeta perché finirà 4-1 per noi.Il contraccolpo psicologico non si fa sentire più di tanto: nelle partite successive Gritti non segna, ma gioca molto bene. In casa contro la Fiorentina il tabellino dice doppietta di Polster, ma le marcature dell’austriaco sono due palloni deliziosi offerti da Gritti che chiedono solo di essere sospinti in rete, nel secondo caso dopo aver evitato in slalom due difensori e il portiere. A San Siro, dopo aver saltato Giovanni Galli in temeraria uscita fuori area, solo un intervento molto al limite del regolamento dell’omonimo Filippo evita un’altra rete da ricordare al Milan. La prima rete arriva il 29 novembre in casa del Pescara di Leo Junior, per la prima volta avversario dopo tre anni di amore puro in granata. A metà ripresa gli abruzzesi conducono per 2-1 visto che Sliskovic, trasformando un rigore inesistente e realizzando una punizione magnifica, ha ribaltato la rete iniziale di Polster. A quel punto Sabato sfugge a Camplone e centra dalla destra, il pallone spiove a pelo d’erba e Gritti sorprende tutti abbassandosi per colpire di testa anticipando Zinetti.Con l’avvio del 1988 il Toro cambia ritmo sia in campionato che in coppa e Gritti è protagonista sin dal derby che il 3 gennaio dà il benvenuto all’anno nuovo. Davanti a più di 50000 spettatori il numero undici segna quella che sembrerebbe essere la rete del successo scaraventando in rete la respinta di Tacconi su conclusione di Polster con tanto di corsa sotto la Maratona. A una manciata di minuti dalla fine, però, una rocambolesca autorete di Ezio Rossi nel tentativo di anticipare Rush fissa il risultato in parità, la stessa parità che i granata conquistano a Roma. In svantaggio per una rete con Voller, gli uomini di Radice impattano grazie a Gritti che, dopo aver colpito la parte alta della traversa anticipando di testa Tancredi, sfrutta un errore di Collovati su lancio del sempre ottimo Crippa e segna con un diagonale al volo, rompendo una serie di sconfitte consecutive in casa giallorossa che durava da sette anni.Il girone di andata si chiude con un convincente successo sul Pisa e Gritti è ancora una volta irresistibile. Tullio fallisce per eccesso di irruenza l’1-0 in apertura poi pareggia il vantaggio di Lucarelli con una bella deviazione aerea su traversone di Polster. Dopo una manciata di secondi nella ripresa l’ex bresciano offre l’assist a Berggreen per il 2-1, quindi conquista un calcio di rigore che Polster si fa parare, ma il numero undici si getta come un falco sulla respinta di Nista siglando doppietta e 3-1. L’attaccante si ritrova improvvisamente alla ribalta: soltanto Gullit tiene la sua media realizzativa nel nuovo anno. Arrivano le interviste, Gritti afferma che i gol li ha sempre segnati ma che con la maglia del Toro l’attenzione è diversa (fa l’esempio della splendida rete in Brescia-Milan ignorata nella classifica dei gol più belli della stagione precedente), che Torino col suo essere riservata è perfetta per un uomo poco mondano come lui, che vorrebbe chiudere la carriera in granata.Complice qualche assenza per motivi fisici, la vena realizzativa si blocca momentaneamente per poi ricominciare a funzionare in una serata da grande Toro. Dopo l’1-1 dell’andata, gli uomini di Radice espugnano il San Paolo di Napoli in Coppa Italia regalandosi un incredibile passaggio del turno contro i campioni d’Italia. Le marcature le apre proprio Gritti che raccoglie di testa un traversone di Polster da destra, a testimonianza di come i due si intendano a meraviglia. “Soltanto a 3’ dalla fine, guardando il tabellone, i miei sogni hanno cominciato a decollare” dichiara l’autore dell’1-0, conscio di aver contribuito a un’impresa incredibile che vale una semifinale con tanto di derby.Il 20 marzo 1988, in una bellissima domenica di inizio primavera, il Toro vince a Verona affacciandosi con prepotenza alla zona Europa. Gli scaligeri, che indossano una delle divise più brutte della loro storia con maglia metà gialla e metà blu slavato e numeri abnormi sulla schiena, vanno sotto grazie a una rete di Ezio Rossi in avvio. Il raddoppio giunge in avvio di ripresa con Gritti pronto a incornare nel sacco il traversone da destra di Sabato. Questa coppia di marcatori di lì a poco farà ancora meglio.Il 6 aprile 1988 c’è la semifinale di andata di Coppa Italia contro la Juventus. Il bel tempo del Bentegodi è solo un ricordo, visto che la pioggia è stata la grande protagonista di giornata, ma per il Toro non fa differenza. Nel primo tempo i granata resistono e nella ripresa la prospettiva di attaccare sotto la Maratona mette le ali agli uomini di Radice. Al 56’ lo scatenato Crippa avanza a testa bassa e appoggia a Gritti che controlla e fulmina Tacconi di sinistro dal limite prima di lanciarsi a correre sotto la curva dopo l’ennesima rete importante. Al 68’, pescato in area da un lancio di Bresciani, Tullio sfoggia una naturalezza da campione nell’appoggiare di prima verso l’accorrente Ezio Rossi che con staffilata al volo trova l’incrocio dei pali e il 2-0 che ipoteca la finale, festeggiando con una corsa a perdifiato mettendosi le mani sulla testa per l’incredulità. Gritti sembra quasi più felice per la rete del compagno, definita un capolavoro, che per la sua.La stagione, però, volge al brutto. Fatica, sfortuna e furti toglieranno ai granata prima la vittoria in Coppa Italia poi la qualificazione Uefa allo spareggio con la Juventus. Gritti prova a tenere accesa la speranza con la rete che sblocca la penultima di campionato contro la Roma e successivamente inducendo Vierchowod all’autorete nella finale di ritorno contro la Samp, ma il rimanere a bocca asciutta dopo aver tanto lottato e meritato è un dolore sportivo grandissimo e sarà padre della retrocessione dell’anno successivo.Tullio Gritti non ci sarà, o meglio ci sarà solo all’inizio disputando le partite di Coppa Italia e venendo ceduto nuovamente al Brescia in autunno. La concorrenza di Muller e Skoro mette in discussione il suo posto da titolare: a trent’anni e dopo una stagione come la precedente forse il nostro sentiva di meritare qualcosa in più. Dispiace molto, soprattutto pensando quanto la sua serietà e utilità fossero più utili della discontinuità e delle mattane di Luis Muller in quel campionato balordo.Gritti avrà sempre un po’ di Toro addosso, soprattutto per il suo sodalizio con Ezio Rossi del quale sarà secondo a Trieste, in un’epopea molto granata che porterà gli alabardati del presidente Amilcare Berti, altro tifoso della parte giusta della Mole, dalla C2 alla B con momenti di pura epica come la B conquistata nella clamorosa finale playoff di Lucca. Con Rossi Tullio farà anche il secondo a Torino prima dell’esonero del 2004, prima di iniziare il sodalizio con Gasperini che dura ancora oggi. Per quello che ci ha dato quell’anno, non possiamo che guardarlo con simpatia ogni volta che la telecamera lo mostra e ricordarlo mentre corre sotto di noi dopo l’ennesima segnatura pesante.
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