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Notti torride – Storia dei playoff 2005 parte 3

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Sono talmente tante le cose da dire che la trilogia sui playoff 2005 diventa una quadrilogia. In questa puntata Culto parlerà della finale di andata al Curi con l'ultimo gol segnato dal Torino Calcio
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

L’epilogo del campionato di serie B 1997/98 è uno dei momenti più duri da razionalizzare per un tifoso, un misto di ingiustizia e squallore che a distanza di anni continua a dolere anche perché è accaduto tutto nel silenzio generale. Innanzitutto ci sono state le squadre che andavano a Perugia a giocarsela in ciabatte, mentre a Torino compagini già tranquille venivano con le bombe a mano, poi gli attacchi verbali fuori scala di Gaucci a cui la società non fu capace di rispondere a tono scegliendo un profilo basso suicida mentre veniva rovesciata la realtà parlando di arbitraggi a nostro favore (andate a recuperare il rigore non dato a Genova ai granata al 95’, con l’allora presidente rossoblù Massimo Mauro che osò anche insultare Vidulich colpevole di essersi lamentato per il furto, per avere un esempio di cosa subimmo quell’anno). La partita del Curi della penultima giornata viene funestata alla vigilia da episodi di violenza iniziando da alcuni tifosi perugini andati a disturbare l’allenamento di rifinitura dei granata con tanto di mini-rissa che ha visto avere la peggio un giovane sostenitore umbro e Tricarico, colpito da un sasso alla testa, e proseguendo con l’incredibile raid di alcuni ultras biancorossi nell’albergo dei granata con aggressione nei confronti di Fabrizio Casazza, in quel momento da solo nella hall. Sul campo Marco Materazzi compie una delle entrate più obbrobriose mai viste, colpendo col piede a martello il petto Lentini mentre va a contendergli palla in scivolata: Gigi deve lasciare il campo in barella con segni che verranno mostrati alle telecamere il giorno dopo e che lasciano increduli davanti alla mancata espulsione da parte di Bazzoli. Nessun gol ai Mondiali può cancellare una sconcezza del genere agli occhi dei tifosi del Toro, altro che smoking bianco. L’ultima goccia arriva allo spareggio di Reggio Emilia con Cesari che espelle Tricarico per un presunto fallo a gioco fermo su Colonnello di cui non esistono immagini o replay nonostante le decine di telecamere di Tele+. 120’ in inferiorità numerica eroici, il palo di Dorigo ai rigori e la dimostrazione che la giustizia non è di questo mondo. L’anno successivo al Toro verrà fischiata una quantità di rigori mai vista. A pensar male si fa peccato eccetera eccetera.

Se questi episodi ci fanno ancora inferocire a distanza di ventisette anni, dove abbiamo anche visto derubricare l’allora presidente del Perugia come mera figura eccentrica, protagonista di un documentario o di ricordi completamente falsati dalle pagine che rimpiangono i tempi che furono che lo vedono addirittura come qualcuno da rimpiangere, pensate allora quando erano passati “solamente” sette anni. La leggenda narra che un tifoso abbia dato a Zaccarelli una videocassetta dello spareggio da far vedere ai giocatori addirittura prima del ritorno contro l’Ascoli, tanto per far capire lo stato d’animo. I giocatori, però, non hanno bisogno di vedere nulla quell’anno, perché sanno perfettamente cosa fare e “Zac” non vuole sentir parlare di rivincite per una partita già carica di suo. In campionato gli scontri diretti hanno sorriso al Toro. 2-0 in casa con reti di Quagliarella (colpo di testa su cui Kalac pasticcia) e Marazzina (scivolata su assist di Balzaretti) e 1-1 al Curi dove alla rete di Di Loreto, futuro e dimenticabilissimo granata dal 2006 al 2009, risponde la splendida punizione di Pinga a tempo scaduto. Si tratta della rete più pesante dell’anno, quella che, a conti fatti, permette ai granata di affrontare i playoff da terzi in classifica proprio ai danni degli uomini di Colantuono. Caso vuole che contro il Perugia mancherà l’unico reduce del 1998, quello che aveva segnato in terra umbra la rete dell’illusorio 1-1 nonché il primo gol in granata: Gianluca Comotto. Il laterale granata dovrà scontare quattro giornate per lo sputo a Fini dopo il gol del 2-1 di Marazzina nella semifinale contro l’Ascoli. Sarà Carbone a sostituire l’ex vicentino, mentre Conticchio rileverà l’altro squalificato, De Ascentis. Nel frattempo nuove voci di cessioni societarie: stavolta tocca al regista Guido Marcone, amministratore delegato di una casa di produzione cinematografica canadese che è interessato al pacchetto squadra-stadi, mentre Romero smentisce tutto. Nulla di nuovo.

Il tifo granata sta rispondendo presente per la gara di ritorno polverizzando i biglietti in prevendita, ma anche al Curi i giocatori non sono soli, visto che duemila sostenitori occuperanno il settore ospiti. La partita inizia con un leggero predominio territoriale umbro, ma al 23’ il Toro assesta una rasoiata dolorosissima sulla pelle biancorossa. L’azione parte dal basso e il pallone arriva in mezzo a Mudingayi che controlla e lancia a destra Francesco Carbone. Il numero tredici si fionda in profondità e crossa in mezzo dal fondo. La palla arriva al centro dove né Conticchio né Coly riescono a intervenire, ma Balzaretti arriva in corsa e scaraventa in rete di sinistro. “Da quinto a quinto” si direbbe oggi. Il biondo terzino granata corre pervaso da una gioia pura, incontenibile e si fa tutto il campo per andare sotto il settore per cui è un idolo. Nessuno può immaginare cosa sta per succedere, ma come spesso dico in questa rubrica non conoscere il futuro è un bene. Il Perugia accusa il colpo, ma trova il pareggio a fine primo tempo quando Ferreira Pinto è abile a liberare Delvecchio sul lato destro dell’area e il centrocampista lo è altrettanto a centrare basso per Mascara che si dimostra una bestia nera per i nostri colori segnando da distanza ravvicinata. Prendere gol alla fine del primo tempo generalmente è pesante dal punto di vista psicologico, ma dopo l’intervallo sembra essere successo proprio l’opposto. Il Perugia che vorrebbe spingere con l’ingresso di Ravanelli per Coly diventa timido e il Toro oppone una sagacia e una freddezza invidiabili.

Il momento clou arriva dopo una decina di minuti nella ripresa. Pinga parte in contropiede e tutti pregustano l’assist al centro per Marazzina, ma Stendardo sbroglia la situazione mettendo in angolo. Andrè va dalla bandierina e sul suo sinistro al curaro Floro Flores, in ripiegamento, riesce a respingere. La palla ballonzola nei pressi della linea di fondo campo, sembra voler uscire per regalare un altro corner ai granata, ma poi resta dentro e il numero dieci del Toro si ritrova a battere un angolo in movimento. Il sinistro del brasiliano disegna un traversone perfetto per Marazzina che impatta di testa a colpo sicuro. Stendardo è in traiettoria e respinge sulla linea senza quasi rendersene conto, ma “Marazza”, che sta facendo i conti con la pubalgia, ha troppa voglia di segnare e, cadendo, colpisce col sinistro dal basso in alto facendo esplodere tutti i cuori granata sulla terra. Non lo sa nessuno, e come detto prima non conoscere il futuro è un bene, ma il conte Max ha segnato l’ultimo gol ufficiale del Torino Calcio. Un gol così prezioso va difeso e il Toro lo fa in maniera intelligente, lottata, sicura. Il Perugia non combina più niente di serio e al triplice fischio di Farina Marazzina è così contento che, in barba a qualsiasi scaramanzia, si lascia andare dicendo che è praticamente fatta. Il sopracciglio del destino si corruga davanti a questa affermazione, ma ci sarà modo per parlarne. Nel frattempo c’è solo il tempo per registrare lo scioglimento della cordata di Guido Marcone annunciata solo un paio di giorni prima e per correre ad accaparrarsi gli ultimi biglietti per la finale di domenica sera. Il “Delle Alpi” si sta per riempire come non si vedeva da secoli, come non si vedeva dai tempi del Mondo.

(Continua)

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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