Sarebbe istruttivo curiosare nel bilancio del 1979 del Liverpool, per verificare quale urgenza ebbe il club di Anfield Road di apporsi sulle maglie il nome di una nota fabbrica di materiale elettronico. Molti sarebbero sorpresi nello scoprire come il Liverpool Football Club non sedesse su una montagna di debiti. Ma i tifosi è facile prenderli in giro nelle loro paure, siamo tutti degli innamorati senza riserve. Nella maggior parte dei casi, noi tifosi, siamo trattati come dei clienti affetti da dipendenza. Come è stato convenientemente facile, per i padroni delle società di calcio, confondere l’amore per una semplice droga. Nel 1983 avvenne anche la prima quotazione di una società di calcio in borsa, quella del Tottenham, e poi ci furono le sempre più fruttuose rendite derivanti dalla vendita dei diritti televisivi. Era chiaro che il mondo del calcio si stava sempre più assumendo la forma di una grande holding finanziaria. Il costo dei biglietti per vedere una partita allo stadio, nonostante la concorrenza dell’evento televisivo, continuava a lievitare verso l’alto. Tutto ciò che si faceva, e si fa, doveva generare utile. I padroni delle società si giustificavano con i costi di gestione sempre più pesanti, aggravati, a partire dal 1995, dalle conseguenze della legge Bosman. Tutti questi cambiamenti epocali non fanno smettere i soliti autorevoli commentatori di continuare a dire che il calcio continua ad essere uno sport eccessivamente conservatore. E’ un classico caso di scuola di psicologia clinica: bisogna sempre colpevolizzare la vittima(in questo caso il calcio), per continuare a fare passi in avanti. Passi in avanti che, come abbiamo visto, sono cominciati sul finire degli anni settanta. Tutto è servito per scompaginare il campo e far dimenticare la cosa più importante che si trova alle origini del calcio: il fairplay "(continua)
Anthony Weatherill / Carmelo Pennisi
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