Il campionato è appena agli inizi, quindi niente può essere dato per certo in questa fase. Le poche partite giocate offrono però qualche spunto di riflessione su quello che possiamo aspettarci e mostrano già qualche linea di fondo diversa rispetto agli scorsi due anni. Il primo aspetto riguarda l'andamento ciclico delle gare. Negli scorsi due anni la tendenza era piuttosto chiara: il Toro aggrediva alto gli avversari dall'inizio e manteneva una pressione elevata alla ricerca del recupero palla vicino all'area opposta. Questo approccio, in varie occasioni, ha portato ad arrembaggi entusiasmanti che hanno ricordato ai tifosi del Toro esempi passati di granatismo e ferocia. Il rovescio della medaglia è spesso stato un calo fisiologico negli ultimi venti minuti, in cui la squadra si abbassava e subiva l'iniziativa dell'avversario. I tanti punti persi dall'80° minuto in poi sono stati diretta conseguenza di questo disequilibrio.
Granata dall’Europa
Cambia che ti passa
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L'altro elemento di novità è la crescita delle prestazioni con squadre di medio-basso livello arroccate in difesa, vero tallone d'Achille della squadra dello scorso anno. Le sconfitte ed i pareggi – soprattutto in casa – con squadre alla nostra portata hanno tagliato le ali a quello che poteva essere un campionato da Europa. Anche in questo caso, lo spartito si ripeteva in maniera prevedibile: bloccata la costruzione da dietro e intasate le corsie esterne, avversarie come Spezia, Cremonese, Verona, Salernitana ed Empoli hanno imbottigliato il nostro gioco al centro, controllando facilmente le iniziative offensive e colpendo in ripartenza o alla fine delle partite quando le risorse dei nostri scemavano. Una variante spesso vista, è stata anche quella di partite dominate per 70 minuti, creando opportunità a raffica senza segnare per mancanza di qualità in attacco, per poi vedere svanire i punti in finali di surreale bruttezza. L'inizio del nuovo campionato offre una fotografia diversa: dalla partita asfittica e in fotocopia con lo scorso anno con il Cagliari, si è passati alla partita con il Genoa, in cui la parte finale è stata di marca granata (e non solo per il gol), e poi alla partita di Salerno, in cui di fatto il Toro ha gestito palla in maniera intelligente ed ha saputo sfruttare le occasioni da rete. Anche la partita con la Roma ha dato segnali positivi, con un finale arrembante in cui i giocatori sono stati in grado di prendere il sopravvento anche grazie ad un'ottima forma fisica e ad una formazione garibaldina.
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Il denominatore comune di questi miglioramenti sono evidentemente i cambi di uomini, formula e sistema. Lo scorso anno Juric aveva i giocatori contati a causa di scelte di mercato e di una serie di infortuni. A patire della mancanza di ricambio sono stati soprattutto l’attacco (con Sanabria unica punta disponibile per lunghi mesi) e il centrocampo (non c'erano praticamente alternative alla coppia Lukic-Ricci e poi Ilic-Ricci). Anche i quinti di centrocampo hanno dato non pochi problemi, con gli infortuni di Aina e di Lazaro a ridurre le possibilità di cambio a gara in corso. Di fronte a questa situazione Juric ha dimostrato di essere un allenatore di ottime capacità: con la legna a disposizione ha fatto un bel fuoco, sfiorando la qualificazione in Conference. Chiaro che la sua tradizionale ortodossia sul 3-4-2-1 unita alla mancanza di alternative di qualità nei cambi ha consolidato la sua fama di allenatore poco flessibile, ma da persona intelligente quale è, il mister non appena ha avuto a disposizione più frecce nella propria faretra ha cominciato a mostrare la voglia e la capacità di sfruttarle al meglio.
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I cinque cambi hanno trasformato il calcio in maniera molto più profonda di quanto si percepisca, trasformando le gare anche in partite a scacchi in cui è possibile trovare misure e contromisure profonde, intervenendo non solo sui singoli giocatori, ma soprattutto sul baricentro e sulla profondità di un'intera squadra. Il mercato dello scorso anno (tardivo, superficiale e fatto di pezze dell'ultimo minuto) ha ignorato questo dato di fatto e ci è costato l'Europa. Quest'anno è bastato dare a Juric un elemento di qualità in più per reparto (Lazaro finalmente integro, Tameze e Zapata) per far capire che 'Ivan l'ostinato' sa essere in realtà un allenatore completo e moderno. Serve ancora qualche partita per farsi un'idea più chiara delle nostre reali ambizioni, ma di certo, rispetto alle immagini di Juric venuto alle mani con Vagnati per la mancanza di giocatori, vedere sette attaccanti in campo fa venir voglia di dire alla società "cambia che ti passa".
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