Quindi sicuramente indipendenza dalla politica (e soprattutto partitica) nella gestione delle attività sportive olimpiche, ma soggetto a doverose verifiche da parte di una delle principali istituzioni politiche italiane, ovvero il governo in carica. Se negl’ultimi quarant’anni nessun governo si è premurato di chiedere conto come venissero spesi i soldi dei contribuenti, e se nessun governo ha chiesto conto ai vari presidenti del Coni(sia chiaro che le colpe del disastro strutturale dello sport italiano non sono solo del presidente onorario dell’Aniene) del perché lo sport amatoriale sia stato completamente lasciato allo sbando, e se nessun governo si è posto il problema dell’agonia che da anni sta vivendo l’atletica leggera, cioè la regina degli sport olimpici, ciò non vuol dire che ogni governo che verrà debba porsi nella stessa posizione omissiva. Bisognerebbe qualcuno consigli moderazione a Giovanni Malagò, e anche una qualche capacità diplomatica. Magari non sarebbe male se leggesse qualche libro di storia in più. Potrebbe addirittura scoprire, leggendo, che dal 1933 al 1939 fu Achille Starace presidente del comitato da lui oggi presieduto. Questo per non incorrere più in farneticanti slogan da “nemmeno il fascismo aveva”, perché qualcuno potrebbe ricordare al nostro ex ragazzo dei Parioli di un Achille Starace segretario del Partito Fascista.
Se lo sport vuole tornare ad essere amministrativamente più indipendente, mostri di meritarselo. Comincino, i loro dirigenti, a fugare dubbi sui loro conflitti d’interesse, per evitare un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio rilevi come “un’anomalia l’appartenenza al Circolo Aniene delle prime cariche del Coni”. La smettano di voltarsi dall’altra parte, quando da commissari della Federcalcio consentono ad una società, la Juventus, non solo di fare il bello e cattivo tempo a livello finanziario (prima o poi qualcuno aprirà un’inchiesta sulla montagna di soldi avuti dal Credito Sportivo? Soldi che lo stesso ente sembrerebbe non aver concesso per la ricostruzione dello stadio “Filadelfia”, monumento storico del Grande Torino), ma anche di imporre in Lega A un nome, quello di Miccichè, vero ginepraio di conflitti d’interessi. Malagò cerchi, nel tempo in cui occuperà la massima poltrona dello sport italiano, di fugare i dubbi che hanno sempre accompagnato l’altro ragazzo poliedrico di Gianni Agnelli. Quel Luca Cordero di Montezemolo, che da presidente del Comitato Organizzatore di Italia 90 ha lasciato traccia di sprechi di denaro pubblico e di stadi a distanza di soli 28 anni ridotti a manifesto della fatiscenza e degli errori tecnici di progettazione(è quasi paradossale come l’Italia abbia avuto una grande occasione di fare stadi nuovi, e di come oggi si ritrovi con il problema degli stadi vecchi). “In Italia abbiamo la necessità di dirigenti sportivi, anche all’interno delle Federazioni. Dirigenti che facciano uscire lo sport dall’arte di arrangiarsi”, ha dichiarato recentemente Giorgetti.
Chi scrive non è un elettore della Lega, né un suo simpatizzante, ma era ora che la politica battesse un colpo riguardo i problemi dello sport. Dispiace che la risposta di Giovanni Malagò siano state ventilate dimissioni (“che non do per senso di responsabilità”), perché non sarebbe davvero una buona idea un suo eventuale abbandono. Visto lo spirito del tempo, dopo l’elezione alla vicepresidenza della LegaPro dell’attrice Cristiana Capotondi, il rischio concreto potrebbe essere quello di ritrovarsi Raoul Bova alla presidenza del Coni. No, meglio tenersi ancora un po’ Malagò, perché finché non si trova il meglio è saggio tenersi il peggio a noi noto. Almeno sai cosa aspettarti. Fanno tenerezza quegli atleti prodighi nel difenderlo, evidentemente non conoscono il giudizio fulminante che Franco Carraro diede di lui:”un fenomeno. Come quei giocatori che alla roulette russa capiscono il colore sul quale puntare. E passano dal rosso al nero e viceversa. Sempre al momento giusto”.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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