Fu probabilmente la guerra civile del 36, a delineare bene i contorni della rivalità Barcellona/Real Madrid, tra una squadra antifranchista e desiderosa di ergersi a simbolo d’indipendenza della Catalogna da un regno a cui non ha mai sentito realmente di appartenere, e un’altra squadra sempre circondata dal sospetto di essere favorita dal “Caudillo” ed espressione di quell’orgoglio castigliano protagonista della “Reconquista”, che di fatto segnò il vero inizio del regno di Spagna. Il Bayern di Monaco nasce in uno dei tanti caffè caratteristici di della capitale della Baviera e il Celtic in una parrocchia cattolica di Glasgow, in due luoghi in prima istanza così diversi, ma che hanno la stessa matrice sociale: sono luoghi d’incontro trasversali. Luoghi d’incontro, e di formazione, sono anche le scuole; a degli studenti di un liceo venne l’idea della Juventus, seguita presto da una scissione: i dissidenti usciti dalla Juventus diedero vita al Torino Calcio. Ignoro i motivi di tale scissione, ma la cosa evidente a chiunque abbia la ventura di osservare la storia delle due squadre torinesi è il delinearsi di due storie esistenziali divergenti. Il quadro di questa breve analisi dello scorrere della storia del calcio, mostra uno sport abile nell’intersecarsi con le vicende, a volte felici a volte drammatiche, della storia quotidiana degli uomini. Un’intersecarsi che rende indissolubile, in un “presente perenne”, il rapporto di una squadra con la sua origine e il suo evolversi. Appare chiaro, quindi, come possa essere pericoloso creare prodotti artificiali(nuovi tornei avulsi dal presente perenne), il cui unico obiettivo è la moltiplicazione infinita dei fatturati, riducendo il calcio alla stessa stregua di uno spettacolo. Il serio rischio che sta correndo il calcio è quello di diventare il più popolare dei videogiochi, con trame senza senso avente il solo scopo di vendere più pacchetti tv, magliette, gadget. Un torneo ad immodificabili inviti toglierebbe il senso del vero a questo sport, facendogli perdere quella bellezza che lo ha reso grande a generazioni di uomini e donne. “Armate” di soldi si stanno schierando lungo il confine del nostro amato gioco, e si stanno preparando ad invaderlo; nell’eventualità ciò accadesse non saremmo nel futuro del calcio, ma nello stravolgimento del calcio. Saremmo di fronte ad una tale indigestione di eventi preconfezionati, da rischiare di avere crisi di rigetto. Almeno in questa parte di mondo.
Nei celebre romanzo “I ragazzi della via Paal”, due fazioni di ragazzi si contendono, in modo piuttosto cruento, un campo da gioco. Nessuna delle due fazioni vuole mollare la presa e i colpi bassi si susseguono. Impegnati come sono nella lotta, i ragazzi non si accorgono di un palazzo improvvisamente costruito sul campo di gioco conteso. L’eccessiva cupidigia gli aveva distrutto la cosa più importante della vita: il desiderio di dare battaglia per le questioni in cui si crede. “Il denaro è la cosa più volgare e odiosa che ci sia perché può tutto, perfino conferire il talento”, ha scritto Fedor Dostoevskij nell’ ”Idiota”, lasciando intendere, forse in chiave troppo pessimistica, che allo strapotere del denaro, alla fine, non ci si può opporre. Ma il grande scrittore russo, nello stesso romanzo, ha anche scritto che “la bellezza ci salverà”. Il calcio non ha bisogno delle ambizioni di uomini che con i loro soldi promettono miraggi, ma ha bisogno dei sogni dei suoi tifosi.
Aveva ragione Walt Disney quando sosteneva che “ogni sogno ha bisogno degli uomini perché diventi realtà”. Attenti, quindi, a perdere il desiderio di bellezza. Se perdiamo il senso della bellezza, allora smettiamo anche di essere, e quindi non ci rimane altro che di sopravvivere.
Di Anthony Weatherill
(collaborazione di Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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