Per noi che viviamo a Torino non è usuale sfogliare le pagine del quotidiano Il Mattino, giornale principale di Napoli e della Campania. Abbiamo altri quotidiani di riferimento, ma chi avesse avuto modo di dare un'occhiata alle pagine di cronaca sportiva del Mattino avrà sicuramente notato i numerosi articoli sul probabile e prossimo acquisto del difensore granata da parte di De Laurentiis per fare felice il nuovo allenatore, Antonio Conte. Buongiorno e Il Mattino sono un binomio la cui ironia è sin troppo scontata per non utilizzarla a sintetizzare sarcasticamente qual è l'umore dei tifosi granata al principio di questa sessione di calciomercato: se il Buongiorno si vede dal Mattino, sarà un mercato difficile da digerire per la stragrande maggioranza di noi.
il granata della porta accanto
Toro, se il Buongiorno si vede dal Mattino…
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Vendere il capitano e simbolo dell'ultimo lembo di granatismo che ai giorni d'oggi ci tiene ancora flebilmente attaccati alla nostra storia e alle nostre radici è la ferita più grande che il nostro cuore di tifosi sempre più "smarriti" in questo calcio moderno possa sopportare. Non c'è uno straccio non dico di strategia, ma almeno di story-telling che questa società abbia messo in piedi per farci "digerire" le grosse botte, come appunto la cessione di Alessandro, quanto le piccole, ma continue emorragie di granatismo che da vent'anni a questa parte permeano la vita del club. In un mondo in cui raccontare il senso delle cose è quasi più importante che fare o non fare le cose stesse, non c'è nessuno nel Torino FC che abbia anche solo abbozzato una strategia comunicativa verso i tifosi per vendere sogni invece che solide realtà. Perché diciamocelo, ed io sono il primo che ci "cascherebbe" come una pera cotta, se mi ammantassero di vero Toro ogni azione di questa società mi berrei con sommo gaudio ogni anonimo decimo posto ed ogni mancanza di risultato possibile! Non dico che vorrei che mi si raccontassero frottole "a gratis", ma semplicemente vorrei che nella consapevolezza di non riuscire a competere con le prime sei-sette società italiane, mi si dimostrasse che si rinuncia a farlo perseguendo un vero DNA granata a 360 gradi.
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Come? Semplice! Lavorando sul senso di appartenenza in ogni area della società. A livello sportivo puntando davvero sui giocatori del vivaio (e per fare questo occorrerebbe strutturare il settore giovanile in modo che sia in grado di "produrne" a ripetizione in modo che anche in caso di sacrificio di uno o due elementi ci sia un ricambio continuo e qualitativamente analogo), a livello di strutture arrivando davvero a quel concetto di "cittadella granata" che abbia nel quadrilatero Filadelfia (con il Museo!) - Stadio Olimpico Grande Torino - Robaldo - Superga i vertici di una grande porzione della città ad alta intensità granata, e a livello di figure dirigenziali l'inserimento di persone non necessariamente con un passato granata, ma con una forma mentis ed una professionalità in grado di realizzare concretamente nei fatti l'applicazione di una "filosofia granata" nell'etica del proprio lavoro. Andava di moda un po' di tempo fa l'espressione "decrescita felice" per definire la necessità di un ridimensionamento dello stile di vita occidentale a causa dello stress a cui stiamo sottoponendo la Terra per il nostro consumo eccessivo di sue risorse: un principio analogo io lo vedo applicabile anche al nostro Toro. Se il presidente non può garantire di competere ad alto livello e non prende in considerazione l'unica opzione corretta che sarebbe quella di vendere la società a chi invece potrebbe farlo, allora almeno garantisca che risultati sportivi "mediocri" siano controbilanciati da un assoluto rispetto dei valori storici a cui ci appelliamo da sempre noi tifosi e che ci permettono di sentirci diversi ed orgogliosi nel tifare la maglia granata. Perché oggi purtroppo non abbiamo né i risultati, né l'orgoglio: cornuti e mazziati, insomma, come si diceva un tempo. E così ti vendono un Buongiorno e ti comprano un portiere colombiano del Milan senza nessuno straccio di progetto che tenda ad esaltare "il senso del Toro" in questo calcio moderno al limite del disgustoso.
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Io francamente ogni volta che vedo Lukaku cambiare maglia come io cambio le mutande e passare da un club ad un altro, tra l'altro molto spesso pure rivali, mi sento nauseato da come non ci sia più il benché minimo senso del pudore in questo calcio, sepolto in nome del denaro e di quel paravento chiamato professionismo. E allora se io sono un cliente, perché così oggi vengono visti dalle società di calcio quelli che una volta si chiamavano tifosi, e gradisco un certo tipo di "prodotto" (il Toro) non puoi darmene un altro e sperare che mi vada bene, ma devi inventarti qualcosa per darmi qualcosa, qualunque cosa, che sia il più aderente possibile ai miei desideri di tifoso, ehm... pardon, di cliente. Dicevo all'inizio che se il Buongiorno si vede dal Mattino, questo mercato sarà durissimo per noi tifosi, ma in realtà potrebbe non essere necessariamente così: con i ricavi delle cessioni di Buongiorno e Ilic, si incasserà un tesoretto di circa 60/65 milioni (diciamo la metà perché Cairo vorrà prima di tutto ripianare le perdite pregresse) con i quali ovviamente non si proverà a comprare Bellingham o Haaland, ma con cui si potrebbero intelligentemente acquistare giocatori nell'ottica di dare un senso "granata" alla rosa. Buona parte di quei soldi, ad esempio, potrebbero essere messi a disposizione del vivaio per acquisire talenti di prospettiva dando avvio a quel circolo virtuoso molto attivo negli Anni Settanta e Ottanta nelle nostre giovanili. È una questione di scelte e di priorità: consegnare ai tifosi un Toro di cui essere fieri ed orgogliosi a prescindere dai risultati dovrebbe essere sempre al primo posto, anzi dovrebbe essere l'unica cosa che conta. Arriverà forse un giorno, se non ci saremo estinti prima come i dinosauri, che se non sarà Cairo, sarà qualcun altro a capirlo e a realizzarlo. Ma quel giorno sembra ancora lontano dall'essere un Buongiorno.
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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