il granata della porta accanto

Vivaio Toro: la fiamma non si è spenta

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Il Torino deve affrancarsi da un'idea "artigianale" di gestione del vivaio e cominciare ad investire sui giovani soldi "veri"

Alessandro Costantino

La finale dell'Under 18 al Torneo di Viareggio ha riportato una certa attenzione sul settore giovanile granata. Detto che valutare il lavoro del vivaio partendo dai risultati è a priori sbagliato e che il valore del Torneo di Viareggio non è più quello delle edizioni passate in cui ai nastri di partenza si presentava il gotha dei vivai mondiali, è certamente una bella soddisfazione vedere una formazione giovanile imporsi tra le migliori in una competizione comunque interessante. Le luci della ribalta fanno bene e danno morale a chi spesso nell'ombra lavora con i ragazzi delle varie Under con l'unico obbiettivo di fare crescere giovani calciatori, ma soprattutto giovani uomini. È un lavoro difficile, delicato, certosino e i cui risultati sono spesso difficili da quantificare e comunque di lungo periodo: si semina oggi e con cura e competenza, se tutto va bene, dopo cinque/dieci anni si raccolgono i frutti. Buongiorno, ad esempio, ormai pedina inamovibile della retroguardia di Juric, è un ragazzo che ha fatto tutta la trafila dalla scuola calcio alla Prima Squadra, in un percorso lungo ben 12 anni e questo dà l'idea del tempo reale che ci vuole per fare crescere un giocatore. Anche la Primavera quest'anno sta facendo un campionato di vertice, il che è una bella soddisfazione per i risultati, ma lo sarà di più se si vedranno i casi come quello di Gineitis (aggregato alla Prima Squadra) incrementati in un prossimo futuro. Ludergnani ha preso molto da fuori per arricchire la rosa a disposizione di mister Scurto e

questo è un bene perché lo scouting è fondamentale a tutti i livelli, ma suggerisce che ancora non ci sono le giuste condizioni per crescere "in casa" un numero significativo di talenti tale da garantirsi squadre di un certo livello quando si arriva a tirare le fila del lavoro fatto nell'intero settore giovanile nell'anno della Primavera. Intanto il percorso dei ragazzi di Asta al Viareggio suggerisce una considerazione: la fiamma non si è spenta. Nel senso che, tra le mille difficoltà e i budget non certo faraonici, il vivaio del Toro riesce ancora ad essere catalizzatore di un certo numero di profili interessanti e questo è sicuramente un punto fondamentale per dare modo agli scout di concretizzare il proprio lavoro di screening sul territorio. Fino agli anni Novanta nessun ragazzo cercato dal Torino si

sarebbe sognato di rifiutare una chiamata da parte del settore giovanile che allora era il migliore d'Italia, oggi quelle condizioni non ci sono più, ma pazientemente mi sembra che si stia lavorando per provare almeno in parte a ricrearle. Perché ciò avvenga servono però due cose fondamentali: strutture adeguate e budget coerenti con il mondo del calcio di oggi. Se negli anni Ottanta il competitor sul territorio piemontese più che la Juve era il Barcanova, oggi i cugini pompano nel vivaio una quantità di denaro impressionante e dispongono di strutture all'avanguardia e tecnici e staff di primo livello. Il Torino deve affrancarsi da un'idea "artigianale" di gestione del vivaio e cominciare ad investire sui giovani soldi veri. Il Robaldo, non ci stancheremo mai di dirlo, è una priorità assoluta ed urgente per

la quale si è già perso troppo tempo prezioso, ma anche su tutto il resto i budget vanno aumentati. Non possono bastare le idee di Ludergnani e la competenza dei suoi collaboratori per imporsi ai massimo livelli se non vi è il supporto economico adeguato da parte dei capitoli di budget stanziati da Cairo per le giovanili. "Creare" i Buongiorno del domani avviene in due maniere: con un po' di fortuna (ti nasce un talento super in casa

e lo accompagni sino alla Prima Squadra) oppure con tanta competenza e denaro (spendi tanti soldi in persone altamente qualificate e strutture top e, piano, piano, ogni anno raccogli profili che fai maturare con grandi prospettive). La seconda strada è quella che seguono l'Atalanta e l'Empoli, ad esempio, che sanno che ogni euro investito nel settore giovanile si trasforma in oro in ottica plusvalenze (e risultati sportivi) quando il ciclo si conclude con l'approdo in Prima Squadra dei migliori talenti. Poi c'è il metodo Ajax, Benfica, Red Bull, Barcellona, metodo ormai abbracciato anche dalla Juventus, che sono vere e proprie macchine da guerra che investono cifre iperboliche dalle quali inevitabilmente ricavano un ritorno. È chiaro che non si può competere a quel livello nemmeno nelle giovanili, ma a differenza del calcio dei grandi il gap economico da colmare è più ragionevole e anche una società

come il Torino avrebbe spazio all'interno del suo fatturato non di primissima fascia, di incrementare il valore degli investimenti. Occorre la volontà di farlo, senza se e senza ma. Il settore giovanile è ancora un potenziale fiore all'occhiello di questa società: la fiamma non si è spenta, ma va alimentata con legna buona…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

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