La torre di Babele
LASCIARCI LE PENNE
La Babele del nostro calcio
Edoardo Bennato
dall'album La torre di Babele - 1976 Ricordi
Uno dei brani storici di Bennato critica la volontà dell'uomo contemporaneo di superare i propri limiti in una smania di progresso che può sfociare nell'autodistruzione. La copertina dell'album, disegnata dallo stesso artista napoletano, rappresenta l'evoluzione attraverso lo sviluppo delle armi, dalla clava dell'uomo delle caverne alla bomba atomica in un succedersi di figure di guerrieri che costruiscono la torre del miglioramento tecnologico, finalizzato a uccidere. Brano di stringente attualità e deputato a mantenerla, finché il sedicente Homo Sapiens dominerà la Terra. La Torre di Babele, biblica costruzione nata dalla smodata ambizione di sfidare Dio arrivando fino al cielo, fallita grazie alla confusione delle lingue che non permise di completare l'opera, è simbolo dell'impossibilità di interagire in modo costruttivo, della confusione che porta al fallimento. Una torre di Babele è diventato il calcio. Scorrendo la rosa del Toro di quest'anno si scoprono una ventina di nazionalità diverse, dalla Lituania alla Scozia, dalla Guinea Equatoriale alla Colombia. Nel migliore e più ingenuo dei mondi possibili potremmo parlare di un giro dei continenti virtuale, di un'affascinante utopia pacifista incarnata. Anche le rose delle altre squadre, salvo poche eccezioni, sono simili, mix di stranieri più o meno forti e di pochi italiani, spesso relegati in ruoli di riserva (il secondo portiere è una collocazione privilegiata per i numeri uno italici, una volta tra i migliori a livello globale).
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A fronte di una simile evidenza, non ci si può stupire per il rapido decadere del nostro calcio e per i risultati ottenuti dalla Nazionale: ormai è difficile perfino mettere insieme una lista di convocati (e ben sette degli attuali Azzurri giocano all'estero). La soluzione non è facile, a meno di non imporre nuove regole che obblighino le squadre a schierare un numero minimo di italiani. Sarebbe una decisione impopolare e facilmente impugnabile: la sentenza Bosman ha scatenato un "liberi tutti" impossibile da arginare, che garantisce opportunità di mercato convenienti e "sicure". Capita di ripensare al Torino di Giacomini che affrontò la stagione 1981/82, infarcito di ragazzi destinati a diventare ottimi giocatori, gente del calibro -solo per citarne alcuni- di Francini e Cravero, di Bonesso e Mariani, fino al più talentuoso di tutti, quel Dante Bertoneri che, poco dopo, venne misteriosamente fatto fuori dal calcio che conta (chi lo vide giocare rimpiange ancora un talento non sfruttato appieno). Fucina di campioni che chissà se sarebbero sbocciati se non avessero avuto l'occasione di calcare il palcoscenico più importante così giovani. Bisognerebbe saper rischiare, puntare sull'incerto: potenziali campioni in grado di fare grande la Nazionale del futuro covano sotto la cenere, ma difficilmente riusciranno a emergere. Il calcio ormai è fatto così... Si offende qualcuno se dico che non mi piace?
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