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Lavagnetta Granata: Una reazione da squadra, ma non è ancora abbastanza
Il primo atto stagionale al Grande Torino è contro i “fratelli” viola di Firenze, in una partita che a un tifoso neutrale può far mettere in dubbio le sue scelte di vita per ritrovarsi l’ultima domenica di agosto a guardare tale calcio. I granata erano davanti a una sfida tutt’altro che banale: chiamati da tifosi e allenatore a una reazione dopo l’umiliazione del Meazza e contro un avversario che negli ultimi anni non ha mai concesso nulla, la Fiorentina. Dall’altra parte i viola arrivavano freschi del passaggio ai playoff di Conference League e del rinnovo del loro nuovo pilastro offensivo, Moise Kean, il quale – incontrato in treno il giorno prima – mi aveva confidato la voglia di coronare il tutto con un gol.
Dopo la batosta milanese, era inevitabile che Baroni cambiasse volto alla squadra. La conferenza stampa prepartita aveva già lasciato intendere le novità: dentro Maripán e Asslani, finalmente al debutto, con Pedersen preferito a Lazaro e Ilic a sostituire Gineitis. Scelte logiche, rivelatesi a parer mio azzeccate.
Alle 18:30 Abisso fischia l’inizio e Gudmundsson muove il primo pallone: il Toro parte subito aggressivo su tutti i fronti, Casadei al 7’ va addirittura vicino al vantaggio dopo una splendida azione corale, trovando però la risposta di De Gea in uscita. I segnali incoraggianti sono però soprattutto in fase di non possesso: la squadra appare compatta, con la pressione alta svolta bene da tutti e il pressing portato in maniera collettiva. Viene così neutralizzato il palleggio viola, chiuse le linee centrali e ridotto lo spazio di manovra degli uomini di Pioli. A brillare più di tutti è la certezza difensiva della passata stagione Maripán: il cileno al debutto stagionale non tradisce le aspettative e restituisce solidità e sicurezza a un reparto che solo una settimana fa sembrava fragile come carta velina. La difesa appare finalmente ordinata e in grado di reggere l’urto, anche se non mancano limiti quando il Toro deve costruire. A dirla tutta emergono delle difficoltà evidenti: troppi i tocchi di Maripán, ben 50, il dato più alto dei granata, e troppi i lanci forzati di Israel – ben 26, solo la metà andati a buon fine – perché mancano linee di passaggio pulite. È un Toro che si difende bene, che aggredisce, ma che fatica a sviluppare gioco.
La partita poi, già intensa sul piano fisico, si spezzetta a livelli indecenti a causa del direttore di gara. Abisso fischia in continuazione, impedendo che il match prenda ritmo e congelando ogni possibilità di dare fluidità al gioco. Al 35’ Piccoli impegna Israel, bravo a rispondere presente in una situazione tutt’altro che semplice. Poco dopo è De Gea a rendersi protagonista, con una parata straordinaria su Simeone, che aveva concluso un’altra azione ben costruita dai granata. Nonostante lo zero a zero, il Toro manda finalmente segnali positivi: è una squadra che lotta, che prova a eseguire le idee dell’allenatore, pur pagando una condizione fisica ancora incompleta e la necessità di assimilare i nuovi schemi. Nella ripresa il ritmo si abbassa ulteriormente e il match diventa un festival di interruzioni, sono difficili da trovare spunti tattici meritevoli per entrambi gli allenatori. L’episodio più clamoroso arriva al 71’, quando da una palla inattiva della Fiorentina nasce un tiro di testa di Gosens che aveva già superato Israel: a salvare i granata è però Kean, che invece di mantenere la promessa fatta il giorno prima, sulla linea di nuca devia il possibile vantaggio viola sul fondo. È l’emblema di una partita destinata a concludersi a reti inviolate.
Il punto conquistato, il primo della stagione, non basta certo a cancellare le lacune. La gara lascia infatti più di un interrogativo sulla fase di possesso e sull’efficacia offensiva, visto che in tre uscite stagionali i granata hanno trovato la via del gol una sola volta, (su ribattuta contro una squadra di lega inferiore) nonostante un mercato interamente incentrato sul reparto avanzato. C’è ancora molto da lavorare per trasformare gli sprazzi di qualità intravisti in un attacco davvero produttivo, capace di fare la differenza. In questo senso, la prestazione di Asslani è un raggio di luce: il centrocampista albanese, arrivato da mala pena una settimana, ha preso subito in mano la squadra, mostrando qualità palla al piede e sacrificio in marcatura su Gudmundsson. I numeri lo confermano: 9.3 chilometri percorsi, secondo solo a Casadei fra i 22 in campo. Un innesto che, se confermato su questi livelli, può cambiare il volto del centrocampo granata.
La pausa per le Nazionali arriva dunque nel momento giusto. Bella la reazione, incoraggiante la risposta di squadra dopo il crollo di San Siro, ma ora bisogna gettare le fondamenta tattiche del campionato. Contro la Roma serviranno lo stesso spirito e la stessa grinta mostrati contro la Fiorentina, ma soprattutto servirà aver trovato quella quadra che trasformi la qualità – che in questa rosa non manca– in un’identità chiara e riconoscibile. È il tempo di smettere di reagire e pensare a breve termine: ora il Toro deve iniziare a costruire.
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