Il pensiero di Mario Giordano sulla storia di calciomercato che ha visto protagonista Alessandro Buongiorno
Capitano, mio capitano. Scrivo queste poche righe perché dopo tante amarezze, tristezze, bocconi amari, finalmente è un Buongiorno per chi ama il Toro da quando era bambino. Alessandro Buongiorno che rinuncia a soldi e coppe per restare in maglia granata è una di quelle favole che possono succedere solo all’ombra della nostra memoria, che ridanno un po’ di smalto allo spirito immortale, dopo tutti tentativi fatti per ammaccarlo. Una di quelle storie che rianimano lo spirito che da piccoli respiravamo al Filaldelfia, quando il papà ci portava in pellegrinaggio recitando la litania più dolce del mondo: “Bacigalupo, Ballarin, Maroso…”
L’ultima parola che ho scambiato con mio papà, prima che volasse in cielo a palleggiare con Grezar e Loik, è stata sul Toro. Aveva segnato Fuser, in una partita con il Genoa, proprio come quella che ci aspetta domenica. Ripetemmo il nostro ritornello: “Comunque forza Toro”, dicevo io. “Sempre forza Toro”, ripeteva lui. Furono le ultime parole che gli ho sentito dire. E sono state le prime parole che ho insegnato a mio figlio Lorenzo. Il Toro è questo. E’ famiglia, anima, tradizione, fede che si tramanda, una storia che ti fa diventare grande. Tutto ciò lo ha rappresentato Buongiorno, con la sua scelta da famiglia Toro.