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Il problema del 3-5-2: un Ngonge così non può stare in panchina

Gianluca Sartori
Gianluca Sartori Direttore 
L’ingresso del belga ha cambiato le sorti della sfida col Genoa: Baroni alle prese con l’abbondanza in avanti.

Due vittorie contro Napoli e Genoa, e prima ancora un’altra era sfumata in extremis in casa della Lazio. Il Torino ha svoltato? Viene da rispondere di sì, guardando ai risultati. Andando oltre, ci sono senza dubbio segnali positivi, nel senso che è stata trovata un’identità a livello caratteriale. Non si può tuttavia dimenticare che nel finale della gara col Genoa solo due paratone di Paleari hanno custodito la vittoria (grave soprattutto la distrazione della difesa sull’occasione di Cornet); e che nel primo tempo sono emersi limiti nella costruzione di gioco contro una squadra chiusa dietro la linea della palla e aggressiva sul portatore. Non si può certo pretendere di vincere e dominare facilmente, ma è giusto analizzare tutto a 360 gradi.

Sono queste le partite che negli ultimi anni hanno impedito al Torino di fare il salto di qualità; ricordiamo i pareggi interni di Juric contro Frosinone e Salernitana, o quelli di Vanoli con Lecce, Parma e Genoa. In circostanze come queste, se non si riesce a venire a capo della situazione tramite il gioco, servono due ingredienti: le palle inattive e i giocatori di qualità. Così il Toro ha vinto contro il Genoa, sfruttando un corner e trovando la scossa con l’ingresso di Ngonge. Proprio su quest’ultimo occorre fare una riflessione. Da un mese a questa parte è probabilmente il migliore dei granata. È vero che i subentranti sono importanti quanto i titolari, ma un elemento in questo stato di forma è molto difficile da tenere in panchina. Il 3-5-2, il modulo attorno al quale Baroni sta giustamente strutturando la squadra, dà spazio dall’inizio solo a due tra Simeone, Adams e Ngonge (più Zapata, sperando che torni al top). Baroni dovrà essere bravo a gestire l’abbondanza, una situazione che può anche diventare un rebus.