Il mercato del Torino è a nostro avviso da 6, non fa sognare ma è pienamente sufficiente e poggia su basi logiche
In Italia nessuno più spende e spande. La Juventus ha preso svincolati (anche se di lusso) e ha speso solo dopo aver incassato. L’Inter e il Milan hanno operato con grande rispetto di un budget non illimitato. La Roma ha puntato quasi esclusivamente sui parametri zero e il Napoli ha salutato diversi assi ringiovanendo la squadra. In questo contesto votato sempre più al calcio sostenibile, se le big ragionano così, non poteva fare diversamente il Torino, inferiore per bacino d’utenza e diritti tv nonché reduce da quattro rossi di bilancio consecutivi sia per circostanze sfavorevoli sia per errori societari. Investimenti strettamente collegati agli incassi e razionalizzazione del monte ingaggi sono le stelle polari che hanno guidato il calciomercato del Torino.
Bremer è stato venduto alla stra-grande (chiudendo un occhio sul dove è finito) e i soldi percepiti quest’anno (un terzo del prezzo totale) sono stati reinvestiti per Ilkhan e Schuurs (senza dimenticare i soldi del riscatto per Pellegri). Alla fine è mancata davvero solo un’alternativa in più a centrocampo: lasciato andare Mandragora, declinata l’opzione Maggiore, è stato rilanciato Linetty e si è puntato sui giovani Ilkhan e Adopo. Scommesse, come una scommessa è quella relativa all’attacco: Belotti non è stato sostituito, tutto è sulle spalle di Sanabria (che non ha mai raggiunto doppia cifra in A) e di Pellegri. Ma per Juric, più delle prime punte sono importanti i trequartisti e da questo punto di vista c’è la sensazione che le scelte fatte siano giuste: Vlasic, Miranchuk e Radonjic hanno già fatto capire di essere interessanti, Praet sarebbe stato un lusso, Karamoh e Seck possono completare bene il quadro.