Granata incompiuti per diversi motivi: spicca l’incapacità di tenere gli stessi ritmi per novanta minuti
Una squadra bella ma incompiuta. È questo il Torino che si è visto non solo contro la Roma (i giallorossi per valori tecnici possono tranquillamente stare tra le prime quattro) ma da tre anni a questa parte. Manca sempre qualcosa per convincere al cento per cento; spesso si ha l’impressione che le partite siano in pugno, poi manca qualcosa per portarle a casa. Un vero peccato che si arrivi sempre e solo a un passo dal salto di qualità. Se questo non arriva è perché ci sono limiti sotto diversi punti di vista. Sul piano della scelta dei giocatori è stato sbagliato qualcosa e ci sono titolari di livello non europeo (pensiamo a Milinkovic-Savic o Lazaro). Quanto a mentalità c’è da lavorare perché è cronica, salvo poche eccezioni, l’incapacità di vincere partite “sporche”, senza meritarlo, trovando un gol all’ultimo secondo. Quello che salta all’occhio è poi la grande difficoltà nel tenere botta sul piano fisico e mentale per novanta minuti.
La squadra approccia quasi sempre bene le partite ma poi si affloscia nella ripresa (sono 6 i gol subiti nei primi tempi, 19 quelli incassati nella ripresa). Questo si può ricondurre alla strategia che caratterizza la gestione Juric, quella di giocare uomo su uomo a tutto campo. Uno stile di gioco sicuramente coraggioso e potenzialmente efficace, ma altrettanto sfidante sul piano fisico e mentale: basta una distrazione di mezzo secondo da parte di un singolo, soprattutto quando si affrontano giocatori del calibro di Dybala, e il piano della partita può inclinarsi irrimediabilmente. Fisiologico calare dopo un’ora di partita, a quel punto servirebbero una panchina lunga e una virtuosa gestione dei cambi, fattori che troppo spesso fanno difetto anche per colpa degli infortuni, variabile con cui il Toro deve sempre fare i conti (per sfortuna ma forse non solo).